11 gennaio 2008 - 11 gennaio 2018: dieci anni con Midda's Chronicles!

Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.


Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!

Scopri subito le Cronache di Midda!

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E siamo a... QUATTROMILA!

Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!

Grazie a tutti!

Sean, 18 giugno 2022

sabato 31 dicembre 2011

1442


H
ui-Wen fu il primo a colpire. E nel sangue versato dal dardo proiettato dalla balestra di quell'audace figlio di Hyn oltre il tratto di mare che ancora separava le due navi, sembrò voler essere sancito quanto, da parte propria, l'equipaggio della Jol'Ange non avrebbe accettato di essere facile preda per la Mera Namile, non avrebbe accettato, se morte sarebbe dovuto essere il proprio destino, di accoglierlo con quieta rassegnazione.

Sul ponte della goletta, accanto al fiero Hui-Wen, con l'immagine di un rosso dragone di mare emergente dalle onde ritratto sul proprio braccio destro e su parte dell'atletico e agile torso nudo, tutti i suoi compagni erano lì schierati e pronti a dimostrare, ancora una volta, di quale tempra fossero i veri figli di Tarth, i suoi fedeli e rispettosi credenti, che al dio signore e padrone di tutti i mari erano pronti a offrire il proprio sangue qual dimostrazione di quanto mai avrebbero permesso a qualcuno, fosse anche la regina di tutti i pirati, di definire in vece loro il fato a cui si sarebbero dovuti votare, negando loro quella libertà fondamentale per qualunque marinaio con la minaccia delle proprie armi e, peggio ancora, dei propri uomini, privi di qualunque rispetto, privi di qualunque senso delle famiglia, quali solo sarebbero potuti essere giudicati coloro che già avevano ucciso, cinque anni prima, Ja'Nihr e capitan Salge.
Alla sua destra Masva, sempre splendida, sempre adorabile nel proprio femminile volto, e pur, lì, armata di una spada tipica dell'artigianato del lontano continente di Hyn, lama un tempo appartenuta a colui che, senza pietà, aveva privato della vita il loro capitano e che, da quel giorno, ella si era impegnata a imparare a adoperare, nella volontà, presto o tardi, di restituire il giusto prezzo di sangue a coloro i quali avevano complottato un tale orrore, un simile tradimento. Accanto a lei Av'Fahr, con una lancia dalla punta dorata, un'arma fiera e potente e che, pur, qualcuno avrebbe potuto criticare fra le mani di un uomo tanto possente, e alla quale, tuttavia, mai egli avrebbe rinunciato in quel momento, per ragioni, in verità, non dissimili a quelle della propria rossa compagna, ove quell'arma era appartenuta alla propria defunta e tanto amata sorella Ja'Nihr. E ancora, sempre più a destra, Berah, la bellezza della quale avrebbe incantato qualunque fra i pirati loro avversari, e la lama della sciabola della quale, caratterizzata da forme curve all'estremità di una lunga e agile impugnatura, atta a permetterle di giostrare con essa, mai avrebbe comunque concesso ad alcuno la benché minima ipotesi di pietà, desiderosa di gridare il nome del proprio amato qual invocazione a un dio, nel mentre in cui di chiunque avrebbe fatto macello.
A sinistra di Hui-Wen, dai corti capelli corvini e dalla pelle e dai connotati tipici della propria origine orientale, di quel lontano continente che aveva abbandonato ancor bambino nell'intraprendere, come qualunque figlio del mare, un diverso cammino rispetto a quello della maggior parte della propria gente, erano poi, ancora, la rossa Camne, così diversa dalla giovinetta salvata da Midda Bontor oltre un lustro prima, e lì facente sfoggia della propria spada qual già pronta a richiedere la morte di chiunque a lei fosse stato offerto. E infine, accanto a lei il buon capitano della nave stessa, Noal, il quale, dopo aver lasciato il timone al proprio giovane mozzo Ifra, non aveva rinunciato a stringere fra le mani una pesante mazza chiodata, animato anch'egli, al pari del proprio intero equipaggio, da quell'unico, implacabile e insaziabile, desiderio di vendetta, che mai avrebbe potuto vederli appagati se non dopo la sconfitta di Nissa Bontor e di chiunque, innanzi a lei, si fosse schierato in sua difesa, a sua protezione.
In sei, tre uomini e tre donne, erano i fratelli e le sorelle della Jol'Ange, allora pronti a dichiarar guerra alle numerose dozzine di pirati che l'ampio ventre della Mera Namile avrebbe potuto contenere al proprio interno. Sei impavidi marinai, e guerrieri, che, immediatamente, si erano lì disposti, non appena, sorprendendo ogni loro aspettativa, era stata la stessa nave dei pirati, da loro sino a quel giorno inseguita, a richiedere per sé un ruolo di inseguitrice, invertendo la propria rotta e decidendo di affrontarli, quasi avesse avuto modo di maturare coscienza a tal proposito. Una coscienza, in effetti, maturata dalla stessa sovrana lì imperante, la quale, a seguito della propria onirica avventura con Be'Sihl, aveva avuto modo di identificare quegli improbabili inseguitori e la quale, a ovviare a qualunque possibile imprevisto, aveva quindi deciso di concludere ogni giuoco ancor prima del proprio possibile inizio.
Alla base della scelta della regina, facilmente intuito da parte dello stesso shar'tiagho, non sarebbe potuta che essere riconosciuta anche un'esplicita volontà non tanto in suo diretto contrasto, troppo egocentrico sarebbe stato a ritenerlo, quanto e peggio in contrasto alla sua amata. Ove, infatti, le parole di Desmair fossero state sincere, e alcuna ragione di dubbio avrebbe potuto ormai avere a tal riguardo, l'eventualità di affrontare e sottomettere la Jol'Ange avrebbe consentito alla loro principale antagonista, alla possibile antagonista dell'intera umanità, invero, di conquistare numerose occasioni di utile ricatto morale nei riguardi della Figlia di Marr'Mahew. Quest'ultima, infatti, sebbene indifferente sarebbe restata nel confronto con minacce rivolte al proprio stesso futuro, al proprio destino, non tale sarebbe potuta egualmente essere nel momento in cui, a pagarne il prezzo, sarebbero potute essere persone a lei care: egli stesso, innanzitutto, e poi, sicuramente, tutti coloro che ella aveva già avuto modo di conoscere e di apprezzare a bordo di quella goletta, e a cui mai avrebbe voluto addurre altro danno, non dopo quanto logo già, purtroppo, imposto.
Una battaglia, quella così inevitabile, ineluttabile, che tutti, per proprie legittime ragioni, non avrebbero potuto evitare di desiderare, di pretendere: gli uni per vendetta, gli altri per predominio, e lui… beh… lui per amore.

« Uomini e donne della Jol'Ange. Amici. Fratelli e sorelle. » aveva preso voce Noal un istante prima dell'inizio della fine, in quello che, sapeva, essere il suo momento, la sua ora, forse l'ultima occasione concessagli per potersi rivolgere al proprio equipaggio in quanto capitano, onore e onere il cui peso, la cui colpa, se solo non fossero usciti vivi da lì, sarebbe necessariamente gravata sul suo animo per l'eternità, dannandolo « Non voglio mentirvi. Non voglio ingannarvi. Non voglio dirvi che non ho paura. » aveva ammesso, con fierezza tale da rendere impossibile associare quell'immagine, quell'uomo lì a torso nudo come ogni proprio compagno, a un qualunque concetto di timore, di ritrosia innanzi all'imminente scontro.
« Io oggi ho paura. » si era concesso occasione di ripetere, a non permettere ambiguità attorno alla sua affermazione « Io oggi ho paura di poter sopravvivere a quanto abbiamo deciso di compiere senza riuscire a concluderlo. Io oggi ho paura di veder morire uno solo fra voi, sangue del mio sangue, senza essere in grado di evitarlo o di vendicarvi. » aveva specificato, nulla negando al valore della propria iniziale ammissione e, anzi, meglio definendola per non lasciarla apparire qual vuota asserzione, qual vana retorica priva di qualunque utilità « Io oggi ho paura di non rendere onore al mio nome, al nome di mio padre e del padre di mio padre prima di lui. Io oggi ho paura di non riuscire a concedere giustizia e pace allo spirito dei nostri amici uccidi dalla bestia che si nasconde su questo vascello, forse dietro a cinquanta uomini, forse dietro a cento uomini, o forse, e ancora, dietro a molti più ancora. Io ho paura di non riuscire ad avere ancora così tanto da vivere per compiere quanto so di dover compiere, per concludere, finalmente, una guerra iniziata cinque anni fa… una guerra da noi non desiderata, da noi non ricercata, e che pur, per Tarth, io voglio oggi concludere! »
« Fratelli. Sorelle. » aveva ripreso, dopo un momento di silenzio, forse utile a concedere all'eco delle sue parole di non rendere incomprensibile quel suo discorso alle orecchie dei loro avversari, che desiderava potessero udire quanto stava scandendo a pieni polmoni « Che Salge, Ja'Nihr e lo stesso Tarth, signore dei mari e nostro padre, possano essere tutti orgogliosi di noi in questo giorno. E che ci possano accogliere nella loro gloria al momento della nostra morte! »
« Per la Jol'Ange… » aveva quindi incitato Berah, prendendo voce a conclusione di quelle parole, nel levare la propria lama verso il cielo « Oaaah! »
« Oaaah! » avevano alfine risposto tutti, in quello che, nei loro cuori, sapevano sarebbe potuto essere il loro ultimo saluto, il loro testamento, rivolto a tutti gli dei, del mare così come del cielo, della terra e del fuoco.

Fu allora che, sollevando la propria balestra, meravigliosa arma di tutt'altro che banale utilizzo, soprattutto a bordo di una nave, di una goletta sempre in balia dei capricci del mare e delle sue correnti, Hui-Wen aveva preso la mira e, con un colpo perfetto, impeccabile e impietoso, aveva trapassato l'occhio sinistro di uno dei pirati presenti sul ponte della Mera Namile, per offrire a quel loro grido già carico di un impeto privo d'eguali, la letale concretezza di una macabra promessa di morte per tutti i loro avversari.

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