11 gennaio 2008 - 11 gennaio 2018: dieci anni con Midda's Chronicles!

Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.


Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!

Scopri subito le Cronache di Midda!

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E siamo a... QUATTROMILA!

Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!

Grazie a tutti!

Sean, 18 giugno 2022

venerdì 30 dicembre 2011

1441


M
a ancor prima che quel monito potesse essere concluso nella propria stessa definizione, ancor prima che Midda Bontor, morente, potesse esprimere quel proprio testamento all'attenzione di colui alle orecchie del quale, solo, evidentemente, si sarebbe fidata di scandirlo, una terza voce si impose all'attenzione dello shar'tiagho, richiamandone l'interesse con prepotenza, con urgenza, addirittura simile ad allarme nella propria premura…

« No, Be'Sihl! » esclamò la voce di Midda Bontor, di un'altra Midda Bontor, per lo meno, provenendo da dietro le sue spalle, dalla medesima porta d'ingresso alla cella « Non ascoltarla! Non dare retta a quella megera! » lo incitò, impietosa nei riguardi di se stessa o, meglio, della propria esatta copia, o, forse, della propria versione originale « Non è chi tu pensi che sia! »

Midda e Midda. O forse Nissa e Midda. O, addirittura, Nissa e Nissa. Se quello era veramente un sogno, così come avrebbe dovuto essere, un incubo, così come aveva sperato che fosse, ognuna di tali combinazioni avrebbe potuto essere accolta qual egualmente valevole, laddove, spiacevole a ricordarsi, Nissa aveva già avuto occasione, nella realtà, di interpretare il ruolo della propria gemella, e di interpretarlo con straordinaria efficacia, al punto che chiunque, in Kriarya, aveva inizialmente colpevolizzato la stessa Figlia di Marr'Mahew per l'attentato a lord Brote e il conseguente omicidio di lady Nass'Hya.
Ma ove tutto quello avesse da considerarsi il frutto di una sua perversione onirica, priva di qualunque collegamento con la realtà, qual genere di messaggio avrebbe dovuto essere inteso dietro a quell'evoluzione, agli eventi per così come da lui lì vissuti? E, peggio, se invece tutto quello non avesse dovuto essere giudicato qual espressione di una qualche contorta fantasia, magari a sfondo vagamente sessuale, ma avesse dovuto essere accolto qual un'impropria preveggenza su quanto sarebbe accaduto, qual futuro lo avrebbe così atteso? Avrebbe dovuto realmente affrontare tale dualità, simile duplicità? E se così fosse stato, quale sarebbe stata la sua scelta?
Per propria fortuna, o sfortuna, come avrebbe avuto a rimproverarsi a breve, Be'Sihl non era uno stupido e, nel confronto fra una Midda assolutamente riposata, serena, magnifica nelle proprie forme e nel proprio carisma; e un'altra Midda altresì distrutta, piegata ma non ancora, forse, spezzata, per quanto ormai tragicamente morente; egli non avrebbe mai potuto riservarsi dubbi di identità, non avrebbe mai potuto confondere Nissa, ammesso che tale ella fosse, con Midda. Non, di certo, nella consapevolezza del lungo periodo di prigionia dalla prima imposto sulla seconda, dalla propria nemica addotto a discapito della propria amata in conseguenza di un odio ingiustificato, non commisurato al torto comunque subito.
Ragione per la quale, senza offrire il minimo riguardo alla nuova Midda, potenziale Nissa, egli tornò a volgersi in direzione della Midda prigioniera, di colei che, per quanto prossima alla fine, aveva cercato di sussurrargli qualcosa, nel volergli affidare un qualche genere di compito, evidentemente giudicato di importanza fondamentale, seppur secondo ragioni che, in quello specifico momento, non riuscivano a essere individuate dal raziocinio dell'uomo.

« Sono ancora qui, amore mio. » scandì, tornando a sfiorare il volto dell'amata con le proprie mani, incerto, persino, sulla possibilità di toccarla senza imporle, in ciò, ragione di sofferenza « Gli scettri del faraone… cosa dev… »
« Dannazione, Be'Sihl! » incalzò, ora chiaramente alterata nelle proprie emozioni, la voce dell'altra Midda, a esprimere quanto quel suo ottuso disinteresse gli fosse sgradito « Non voglio credere che tu possa davvero essere così facilmente tratto in inganno da una messinscena tanto patetica. E' vero che hai anche creduto alla mia sincera collaborazione, dopo che ti ho fatto catturare dagli schiavisti… ma ora, dannazione, in giuoco vi è qualcosa in più che la tua inutile vita! »

Quella frase, quell'affermazione tanto energica scandita dalla voce di Midda, risuonò nella mente dello shar'tiagho qual pur definita da un bel diverso interlocutore: un interlocutore che ben conosceva; che, in quella confessione, stava rivelando in quali termini dover realmente interpretare alcuni eventi del suo recente passato; e che, malgrado ciò, ora non sembrava non desiderare farsi beffe di lui quanto, piuttosto, evitare che qualcun altro potesse riservarsi una simile occasione.
Ma chi, al di là dello stesso Desmair, avrebbe allora potuto avere ragione di tentare di ingannarlo in quel modo? Chi avrebbe potuto avere ragione di invadere l'intimità dei suoi sogni per cercare di estorcergli una qualche informazione? E, ancora, qual valore avrebbe potuto effettivamente avere una simile informazione, per ottenere la quale tanto impegno stava evidentemente venendo posto in essere?
Anticipando, tuttavia, qualsiasi possibile replica a una sola di tali questioni, qualsiasi possibilità, per l'uomo, di maturare allora una maggiore consapevolezza nel merito di quella situazione, per lui non semplicemente nuova, inedita, ma addirittura aliena, estranea a quanto, per lui, era sempre stata la realtà, la quotidianità, qualcosa intervenne in maniera estremamente prepotente e violenta a richiedere, da parte sua, di ovviare a qualunque possibile distrazione qual quella lì appena impostagli. Qualcosa, o, meglio, qualcuno, che si era già presentato al suo sguardo con le fattezze della propria amata, quella prigioniera e in fin di vita, la quale, allora, mutò improvvisamente incedere, nel riprendere voce e nell'imporla, lì, qual fredda e altera, sprezzante e distaccata da tutto e tutti, quasi non fosse ancor appesa a testa in giù, ricoperta del proprio stesso sudiciume, quanto, piuttosto, seduta con eleganza e supponenza su un alto trono, qual pur era solito apparire lo stesso Desmair nei loro confronti quasi quotidiani…

« Chi sei tu? » domandò, scandendo lentamente ogni sillaba e rivolgendosi all'altra Midda, a colei che il locandiere aveva avuto ragione di identificare qual il proprio semidivino compare, a lui ancora una volta accorso con incredibile puntualità nel momento del bisogno « Non puoi essere una proiezione del subconscio di questo mortale. Sei qualcosa di diverso… qualcuno di diverso. Chi sei tu?! »
« Ora, Be'Sihl… » annunciò il demone, in quello che apparve prossimo a un ordine « Devi svegliarti. »
« C-cosa?! » esitò questi, sinceramene confuso da quanto stava avvenendo.
« Svegliati! »

E Be'Sihl si destò. Madido di sudore, qual solo sarebbe potuto essere al termine di un sogno tanto orrendo, confuso, qual solo sarebbe potuto essere al termine di un'esperienza sì allucinante, e pur sveglio e, fortunatamente, ancora vivo, ringraziando in cuor suo gli dei tutti per quell'opportunità, temendo, in cuor suo, l'eventualità forse paradossale, o forse terribilmente concreta, che da quell'incubo gli sarebbe potuta essere negata una qualche occasione di ritorno, di risveglio, di riconquista della realtà.
Un risveglio, il suo, che lo vide a bordo della Jol'Ange solo per un fugace istante, il tempo di elaborare un pensiero in tal senso, di apprezzare la propria concreta e veritiera posizione, prima di essere nuovamente sbalzato in una realtà diversa e pur non nuova, venendo richiamato, come prevedibile, a concilio da Desmair: convocazione in assenza della quale, probabilmente, sarebbe stato egli stesso a domandarne esigenza, a costo di gridare a squarciagola il nome del proprio compagno in quella folle notte…

« Che accidenti è accaduto?! » questionò lo shar'tiagho, non concedendosi occasione di stupore o di disorientamento per quel nuovo, rapido trasferimento in un teatro ancor diverso dagli ultimi due visitati « Chi era quella donna? E come è possibile che sia entrata nel mio sogno? E come è possibile che tu ci sia entrato?! »
« Non lo hai ancora compreso? » replicò Desmair, seduto sul proprio consueto scranno e pur, lì, apparendo insolitamente affaticato, o, forse, preoccupato « Quello non era un sogno, razza di idiota. Non è mai stato un sogno. Mia moglie l'ha risvegliata. L'ha riportata nel vostro mondo. Ha, persino, recuperato i suoi scettri. E, ora, ella li rivuole, per poter riedificare il proprio regno ed evitare di essere nuovamente sconfitta! » definì, forse dando per assoldate troppe conoscenze da parte del proprio interlocutore, il quale, tuttavia, riuscì a seguirlo in maniera sorprendente anche per se stesso, rabbrividendo al pensiero di quanto sarebbe potuto essere se solo, in quelle parole, vi fosse stata una vaga ombra di verità.

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