11 gennaio 2008 - 11 gennaio 2018: dieci anni con Midda's Chronicles!

Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.


Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!

Scopri subito le Cronache di Midda!

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E siamo a... QUATTROMILA!

Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!

Grazie a tutti!

Sean, 18 giugno 2022

sabato 2 marzo 2013

1868


Midda Bontor non stava più combattendo contro Nessuno. Né stava stringendo quella pietra stregata, rossa come il fuoco. Né, tantomeno, avrebbe potuto avere una qualunque possibilità di stringere a sé quella gemma, o di affrontare il suo proprietario. Perché la Figlia di Marr’Mahew non era più innanzi al proprio autoproclamatosi antagonista. Né questi avrebbe potuto essere riconosciuto qual presente all’interno de “Alla Signora della Vita”. Niente di tutto ciò avrebbe dovuto essere considerato ulteriormente valido.
Midda Bontor, un istante prima cosciente del fatto che qualche maledetta stregoneria avrebbe dovuto essere riconosciuta in azione per mezzo di quel monile pulsante di energia mistica, un attimo dopo si ritrovò a essere nuovamente posta innanzi al tavolo dei due fratelli mercenari suoi alleati, Howe e Be’Wahr, lì intenta ad ascoltare la propria stessa voce scandire delle parole che ella aveva sì pensato e aveva anche pronunciato… ma in un tempo ormai passato, in un momento trascorso e che, nel rispetto di ogni legge naturale, non avrebbe più dovuto poter essere ripercorso così come, al contrario, stava avvenendo.

« Non ti preoccupare. » scandirono le sue labbra, rassicurazione rivolta in direzione dello shar’tiagho, a commento dell’estemporaneo diverbio intercorso fra loro nel merito della preoccupazione da lei dimostrata a fronte della sensazione di déjà vu vissuta dal biondo e che, a fronte di quella violenta rivelazione non avrebbe potuto essere considerata così priva di fondamento.
« Va tutto bene! » prese parola Be’Wahr, per confermarle, ancora, quanto privo di importanza avrebbe dovuto essere considerato quanto accadutogli, ignaro, altresì, di essere invece stato l’unico, fra tutti, a dimostrare la sensibilità adeguata a percepire che qualcosa non stava evolvendosi per così come avrebbe dovuto o, forse, percependo piuttosto che qualcosa stava evolvendosi per così come già una… o anche più volte si doveva essere evoluto « Probabilmente il mio fratellone ha ragione… devo aver bevuto una pinta di troppo. Anche perché, se davvero potessi ricordare gli eventi futuri, di certo non mi sarei fatto mancare il ricordo di questo momento! » concluse, a tradurre in battuta ogni ansia, ogni preoccupazione, nella volontà di non perdere un solo, ulteriore istante di tempo dietro tale questione.

In quali termini la Figlia di Marr’Mahew, la Campionessa di Kriarya, la Vedova di Desmair, avrebbe mai potuto reagire a una tale situazione?
Fosse ella stata un’altra persona, fosse ella stata un’altra donna o, anche, un altro uomo, fosse ella stata priva della propria esperienza accumulata in situazioni sempre oltre ogni consueto limite umano, difficilmente sarebbe riuscita a mantenere la calma, a conservare il proprio autocontrollo, la propria consueta freddezza, affrontando tutto ciò con la necessaria razionalità, per non restare vittima della situazione, quanto e piuttosto per prenderne il controllo a piene mani, in quell’unica reazione che avrebbe potuto permetterle, probabilmente, di sopravvivere a qualunque maledetta strategia ordita dallo spadaccino. Fosse ella stata un’altra persona, quasi certamente, sarebbe allora esplosa in una scomposta risata isterica, sola risposta che la sua mente sarebbe stata in grado di elaborare al confronto con quanto accaduto… in un netto rifiuto di quanto accaduto, di tutto ciò che era accaduto. Fosse ella stata un’altra persona, ineluttabilmente, Nessuno non avrebbe avuto più necessità di affrontarla, di combatterla, di contrastarla, laddove nulla, di lei, sarebbe allora realmente sopravvissuto, nulla di lei sarebbe rimasto a definirla ancora qual cosciente del mondo a sé circostante, privata di ogni barlume di ragione, di qualunque ombra di senno da tutto quello, da quell’oscena violazione di ogni principio divino atto a regolare il Creato dal giorno del proprio concepimento sino a quel preciso istante.
Tuttavia, e per sua fortuna, ella non era un’altra persona, non era un’altra donna né, tantomeno, un altro uomo. Ella era la Figlia di Marr’Mahew, e aveva conquistato tale titolo nel sangue di ottanta pirati, affrontati armata di una spada e di un martello da fabbro quasi senza neppure coscienza di quanto stesse accadendo, nell’essersi ritrovata vittima di un’estemporanea amnesia a seguito di un terribile naufragio. Ella era la Campionessa di Kriarya, e aveva conquistato simile riconoscimento conducendo la città del peccato al trionfo malgrado l’assedio imposto dall’azione di colossali e terrificanti mahkra, la cui sola vista avrebbe potuto far impazzire la maggior parte dei guerrieri più valenti. Ella era la Vedova di Desmair, riconosciuta qual tale a seguito della morte del proprio sposo immortale per mano del dio minore suo padre, e, soprattutto, a seguito del suo intervento a definire la morte di tale dio minore per vendicare quel marito mai desiderato, mai amato, e pur, alfine, forse rispettato. Ella aveva attraversato indenne la palude di Grykoo. Ella aveva combattuto contro chimere, tifoni, cerberi e gargolle. Ella aveva conquistato la corona della regina Anmel, la cui stessa esistenza, sino a prima di quel ritrovamento, non era mai stata neppur certa. E, ancora, ella aveva già viaggiato attraverso il tempo e lo spazio… e nulla, non quello, non altro, avrebbe più potuto sorprenderla.
Accennano un sorriso, pertanto, ella si riservò occasione di allontanarsi, un’altra volta, da quel tavolo, di prendere le distanze, ancora una volta, da quella coppia di alleati, pronta compiere quanto sarebbe stato necessario compiere per sciogliere quel nodo, per rimediare a quanto accaduto, combattendo, ove richiesto, contro lo spadaccino; uccidendo, ove obbligata, quello sciocco contro il quale non avrebbe mai avuto ragione di sollevare la propria spada e contro il quale, tuttavia, non avrebbe mancato di farlo, per riportare il flusso del tempo lungo il proprio corretto corso.
Sol controllo, sol freddezza, in ciò, ebbe ragione di dominare il suo volto di lì a un istante. Una freddezza che non poté non richiamare l’attenzione di chiunque attorno a lei e, primo fra tutti, il suo amato Be’Sihl, il quale, muovendosi fra un tavolo e l’altro con un vassoio sempre più pieno di boccali vuoti, si accostò a lei, offrendo voce a un naturale sentimento di dubbio, d’ansia, a complemento di tutto ciò…

« Sai… non so perché ma sospetto che ci sia qualche guaio nell’aria. » argomentò, con parole simili e pur già diverse da quelle da lei ricordate, atte a dimostrare quanto tutto ciò non avesse da considerarsi una semplice replica di eventi già occorsi, quanto e piuttosto l’occasione utile per offrire loro un nuovo corso, una piega diversa da quella precedente, nella buona e nella cattiva sorte « Che accade? » insistette, conoscendola troppo bene per potersi permettere l’incoscienza di ignorare lo sguardo della propria amata, gli occhi di lei improvvisamente dominati soltanto dal gelo delle proprie azzurre iridi, al centro delle quali le pupille erano quasi completamente scomparse, ridotte a semplici capocchie di spillo, a negarle, in ciò, qualunque occasione di umanità.
« Non credo di conoscere parole atte a spiegarlo… » replicò ella, scuotendo appena il capo a quella richiesta, lasciandosi per un fugace istante nuovamente dominare dalla propria umanità nel ritrovarsi posta a contatto con l’uomo da lei amato, il solo capace di restituirle sempre una ragione utile a sorridere, a gioire della vita, con le sue gioie e, anche, con i suoi dolori, gioie che, nel suo amore, si sarebbero sempre moltiplicate… e dolori che, sempre in quel sentimento magnifico e straordinario, avrebbero perduto di valore, di forza e di tragicità « Temo che dovrai fidarti di me. Attendendo il mio ritorno. »
« E quando mai non è così?! » aggrottò la fronte il locandiere, con aria quasi divertita, nel confronto con quella richiesta alla quale, in verità, aveva dovuto maturare confidenza sin dal primo giorno in cui aveva avuto occasione di incontrarla, aveva incrociato il proprio cammino con il suo, comprendendo che mai avrebbe più potuto separarsene.
« Thyres… se solo tu potessi comprendere quanto ti amo quando fai così! » sussurrò la mercenaria, con assoluta sincerità, con tutto il sentimento di cui il suo cuore si sarebbe mai potuto considerare capace, priva di qualunque ironia o sarcasmo, ove, realmente, ella giubilava, nel profondo del proprio cuore, per il loro amore, per il legame che era stata alfine capace di accettare con quell’uomo straordinario, e sovente ritenuto immeritato… il solo uomo che, in tutta la sua complicata esistenza, caotica vita, a lei si era donato in maniera assoluta e completa, non chiedendole mai di essere diversa da colei che era, non per amarla, non per essere da lei amato.


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