11 gennaio 2008 - 11 gennaio 2018: dieci anni con Midda's Chronicles!

Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.


Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!

Scopri subito le Cronache di Midda!

www.middaschronicles.com
il Diario - l'Arte

News & Comunicazioni

E siamo a... QUATTROMILA!

Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!

Grazie a tutti!

Sean, 18 giugno 2022

giovedì 7 marzo 2013

1873


Intuendo di poter avere una remota possibilità di salvezza, una fugace possibilità di intervento in contrasto all’altresì assoluto trionfo della propria antagonista, Rimau Coser dimostrò, ancora una volta, tutta la propria triste limitatezza in quanto guerriero e in quanto, probabilmente, anche uomo e, soprattutto, essere senziente. Egli, difatti, non sfruttò l’occasione concessagli allo scopo di rifuggirle, qual pur, concedendosi un poco di umiltà, avrebbe sicuramente compreso essere la scelta migliore da compiere, abbandonando un duello dal quale non avrebbe mai potuto sperare di uscire vincitore e, così facendo, riservandosi quell’occasione pur desiderata, pur ricercata, utile a concedersi un nuovo salto nel tempo, un nuovo balzo all’indietro con il quale eliminare ogni memoria di quanto accaduto dalla mente della propria avversaria, per ricominciare il proprio osceno giuoco in suo contrasto, a suo discapito. No. Egli, al contrario, preferì spendere le proprie energie, le proprie risorse e, soprattutto, quella favorevole occasione che, difficilmente, gli si sarebbe nuovamente presentata innanzi, per cercare, vanamente, di avere la meglio su di lei, sperando, erroneamente, che ella avrebbe dovuto essere riconosciuta sufficientemente distratta da quanto accaduto, dalle parole da lui pronunciate, da non potersi permettere occasione di reazione alcuna in propria difesa, a protezione della propria integrità. E benché, dalle proprie già molteplici e sempre recenti occasioni di scontro con lei avrebbe dovuto ben comprendere quanto non un peggior errore di valutazione avrebbe potuto essere compiuto, egli palesò sin troppo chiaramente, in tutto ciò, di non aver maturato neppure una superficiale occasione di comprensione nel merito di qual genere di donna avesse innanzi, qual genere di guerriera gli si stesse parando di fronte, a lui tanto superiore, sotto ogni aspetto, da rendere tutto quel confronto a dir poco imbarazzante.
Per tal ragione, non soltanto inevitabile, ma addirittura giusto e legittimo, ebbe a considerarsi il fallimento dell’uomo, il quale, allorché riuscire a spingere le punte affilate delle proprie sciabole entro le carni della mercenaria, inchiodandola con tutta la violenza da lui auguratale, si limitò a trapassare, da parte a parte, il nulla più assoluto; nel mentre in cui ella, balzata con agilità ben oltre tale minaccia, sollevò quanto rimasto del proprio braccio destro, della propria protesi destra, per poter colpire, con un manrovescio, il volto della controparte, senza, a tal riguardo, sforzarsi di dimostrare la benché minima premura nei suoi riguardi e nei riguardi della sua salute o della sua ancor più elementare integrità fisica. Al contrario, e in conseguenza a quelle stesse parole da lui pronunciate pocanzi, nel merito di un’atroce morte imposta a discapito del proprio adorato Be’Sihl, ella ebbe soltanto ragione di che rallegrarsi nel momento in cui, sotto i pallidi raggi di una timida luna, e alla flebile luce delle lampade che tentavano di imporsi sull’oscurità della notte, un rigolo di sangue scivolò lungo il volto del proprio antagonista dimostrando la misura nella quale il suo colpo non avesse da considerarsi qual passato inosservato, o anche e soltanto privo di una qualche utilità.
Un colpo che, in effetti, risuonò a lungo entro il cranio di Nessuno, al punto tale da fargli temere, per un interminabile intervallo di tempo impossibile per lui da quantificare, forse inferiore persino all’istante, o forse superiore alla stessa eternità, di non avere alternativa alcuna a perdere i sensi e, in ciò, a crollare al suolo qual un bambolotto di pezza venuto ormai a noia a una bambina forse un po’ troppo cresciuta, qual ella avrebbe rischiato allora di apparire. E a sommare al danno anche e ancor peggio la beffa, e la beffa propria di chi, pur contraddistinto da un incredibile potere prossimo al divino, non sembrava in grado di impiegarlo opportunamente per i propri scopi, per le proprie aspettative, ella non mancò di evidenziare quanto goffo avesse a considerarsi egli in tutto ciò, nella propria disgraziata assenza di prospettive…

« Perché credi che ti abbia chiamato “Nessuno”, Nessuno? » questionò, subito offrendo la replica ricercata, non avendo tutto quello da considerarsi nulla di più di un quesito di natura squisitamente retorica « Perché la minaccia da te rappresentata è sempre equivalsa a quella intrinseca nel nulla più assoluto, o, forse, ancor da meno. Condizione che, malgrado tutto, non stai in alcun modo offrendo riprova di poter o voler mutare, malgrado la stregoneria della quale ti sei armato per tornare ad affrontarmi. »

E Nessuno, in tutto ciò, ebbe occasione di risparmiarsi l’ennesimo errore, un nuovo e spiacevole sbaglio, soltanto in diretta conseguenza al mancato, completo controllo di sé, dei propri pensieri e, ancora, del proprio corpo, in conseguenza diretta al metallico schiaffo appena subito. Se così non fosse stato, infatti, troppo semplice, persino banale, sarebbe stato per lui tentare una nuova aggressione a supposto discapito della propria antagonista, ottenendo allora, nel migliore dei casi, la conquista di una nuova ragione di scherno a proprio discapito, e a discapito della propria autostima. Mentre, in tal modo, poté conservare la possibilità di mantenersi, almeno per il momento, ancora in piedi e, soprattutto, di riportare il pensiero a quanto, per un terribile istante, stava persino dimenticando di possedere… il proprio girocollo incantato.
Ma se egli fu, allora, tanto fortunato, o, estemporaneamente, tanto attento, da ovviare a un qualunque errore, soprattutto nella misura in cui questi avrebbero potuto costargli non soltanto la battaglia, quanto la stessa guerra; ella non fu meno puntuale nelle proprie osservazioni, nel proprio controllo sull’ambiente a sé circostante nel suo pur minimo dettaglio, da non accorgersi di quanto frenetico, ormai, avesse da riconoscersi il pulsare di quella pietra color del sangue, segnale inequivocabile di quanto, di lì a breve, egli sarebbe scomparso e, con lui, tutto quanto, l’intero Creato che avrebbe cessato di esistere in quello specifico presente e avrebbe ricominciato, come già pocanzi, in un momento passato, in un attimo nel quale tutto ciò avrebbe avuto da considerarsi ancora a divenire. E prima che egli potesse sfuggirle, prima che potesse permettersi un qualunque vantaggio su di sé e sulla propria vita, oltre che sulla propria morte, ella agì nel solo modo in cui avrebbe potuto avere senso agire, lasciando cadere al suolo la propria pur preziosa e adorata spada, solo per avere l’unica mano rimastale, la sinistra, libera di guizzare rapidamente in direzione di quella pietra, di quella gemma, lì spingendosi con la stessa velocità e la stessa agilità di un serpente, e andandosi a serrare con la stessa forza e la stessa prepotenza di un predatore felino, che, per alcuna ragione, avrebbe abbandonato la propria preda dopo averla in tal modo fermamente afferrata.

« Ti consiglio di abituarti a me, Nessuno! » commentò, con tono privo di intenti derisori e, soltanto, carico di una quieta rassegnazione innanzi all’ineluttabile, la stessa che, in tal consiglio, stava suggerendo anche al proprio interlocutore « Perché sino a quando questo carosello non conoscerà fine… quantunque andrai tu, io ti seguirò. Come la tua ombra. »

Un impegno ferreo, quello in tal modo da lei assunto, innanzi al quale non si sarebbe mai sottratta, né avrebbe mai permesso non a lui, non ad altri, di ostacolarla, contraddistinta da un livello di perseveranza privo d’eguali, da un’ostinazione che difficilmente avrebbe potuto conoscere rivali, e che, fra tutte le sue pur apprezzabili caratteristiche, avrebbe probabilmente dovuto essere riconosciuta qual la più importante, in assenza della quale, ella non avrebbe avuto esitazione alcuna ad ammetterlo, nulla di quanto da lei compiuto sarebbe allora stato tale, nulla nella propria leggenda avrebbe potuto essere sì epico qual pur era divenuta nel corso di quei lunghi anni, né in quella seconda metà della propria esistenza, e neppure negli anni antecedenti all’esilio impostole dalle vie del mare a lei pur tanto care.
Implacabile come la morte, e altrettanto inarrestabile, ella sarebbe sempre rimasta sulle sue tracce, sul suo cammino, in qualunque tempo egli avrebbe voluto sospingerli, nell’altresì quieta consapevolezza di come, in caso contrario, soltanto un fato da vittima l’avrebbe potuta caratterizzare da lì all’eternità. Vittima come ella non avrebbe mai voluto divenire. Né per mano di altri, né tantomeno per mano di lui… di Nessuno.

« Riuscirò a ucciderti… » sembrò ripromettersi l’uomo, più a conforto per se stesso che a concreta intimazione a discapito della controparte, della propria preda divenuta ancora una volta predatrice « Fosse anche l’ultima cosa che faccio! »


Nessun commento: