11 gennaio 2008 - 11 gennaio 2018: dieci anni con Midda's Chronicles!

Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.


Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!

Scopri subito le Cronache di Midda!

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E siamo a... QUATTROMILA!

Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!

Grazie a tutti!

Sean, 18 giugno 2022

lunedì 11 marzo 2013

1876


« Vai. » lo invitò, con un sospiro, non potendo fare nulla per evitarlo, nulla per trattenerlo, e, probabilmente, neppur desiderando fare qualcosa per evitarlo o per trattenerlo, laddove ciò avrebbe soltanto significato negare la sua stessa natura, il suo stesso spirito.

Comprendendo, in tutto ciò, quant’egli fosse amato dalla propria compagna, da quella giovane che aveva conquistato senza alcun diritto ad ambire a tanto, e, forse, senza neppure una qualche effettiva consapevolezza di ciò che, in tale conquista, gli era stata concessa; Seem non si trattenne un solo istante di più, per levare lode a tanto meraviglioso, e probabilmente non meritato, sentimento, soltanto perché animato dalla volontà non rendere vana la pazienza da lei riconosciutagli, da lei in tal modo donatagli, in uno spreco che, obiettivamente, sarebbe risultato prossimo a blasfemia e che, di conseguenza, non avrebbe potuto trovare allora alcuna speranza di perdono.
Fugace, pertanto, fu il saluto che egli le offrì, le riservò, con uno sguardo carico di passione e un intenso « Ti amo… » scandito soltanto dalle sue labbra, e pur, non per questo, meno sincero o meno sentito di quanto non avrebbe potuto esserlo nell’essere gridato a squarciagola, con tutto il fiato per lui presente in corpo. Fiato che, altresì, venne allor impiegato in un diverso genere di attività, contraddistinta da una diversa priorità, non necessariamente maggiore, né minore, ma solo, e semplicemente, diversa, quale allora avrebbe dovuto essere riconosciuta la ricerca per le tracce della mercenaria già da troppo tempo allontanatasi e che, per quanto a lui avrebbe potuto essere dato di sapere, sarebbe potuta già essere prossima a raggiungere il fronte opposto della città, nell’aver già dimostrato, da lungo tempo, di sapersi muovere rapida come il vento.

« Sii prudente… » commentò, quasi fosse un saluto, la giovane Arasha, benché consapevole di quanto quelle parole non avrebbero mai potuto raggiungerlo, non sarebbero da lui mai state ascoltate e, ciò nonostante, non riuscendo a risparmiarle, non riuscendo a evitarle.

In fondo al proprio cuore, nell’osservarlo allora allontanarsi, in quel momento così come già occorso in passato e così come, sicuramente, sarebbe ancora accaduto in futuro, ella non avrebbe mai potuto essere meno che preoccupata per il destino del proprio compagno, in termini, dopotutto, non particolarmente più originarli rispetto a quanto lo stesso Be’Sihl non avrebbe potuto dirsi di esserlo per la propria amata, nel ritrovarsi costretto a scendere a patti con tutto ciò anche laddove, probabilmente, se solo gliene fosse stata concessa l’occasione, avrebbe agito in tutt’altra direzione.
Tuttavia, esattamente come il locandiere, che in tutti quegli anni si era dimostrato capace di offrirsi capace di trovare il giusto compromesso con le proprie emozioni, con i propri sentimenti e, soprattutto, con le proprie paure, mai permettendo a tutto ciò di inquinare il proprio rapporto con quella complicata donna da lui pur scelta, da lui pur desiderata e, per tanti anni pazientemente attesa; allo stesso modo ella avrebbe dovuto imparare a rendere proprio il giusto distacco emotivo da quegli eventi tutt’altro che particolari, tutt’altro che straordinari e anzi, proprio malgrado, laddove comunque, seppur indirettamente, riferiti a colei che si era meritata il titolo di Figlia di Marr’Mahew, addirittura considerabili qual consueti, qual comuni, qual normali, tanto consueto, comune e normale avrebbe dovuto essere considerata la presenza del sole nell’alto del cielo diurno, o delle tenebre a circondare l’intero Creato nel corso delle ore notturne. E così come improbabile avrebbe dovuto essere, a pensarsi, a concepirsi, una notte senza tenebre o un giorno senza sole, altrettanto improbabile non avrebbe che potuto essere riconosciuta l’eventualità che qualcosa, in tutto quello, avrebbe potuto cambiare in futuro, nell’immediato così come ancor più avanti ancora. Meglio, pertanto, sarebbe stato per lei raggiungere, quanto prima, il giusto equilibrio, nell’ipotesi che ciò già non fosse accaduto, o, presto o tardi, qualcosa in lei si sarebbe sicuramente rotto, nella difficoltà ad accettare tutto quello nella propria più corretta misura.

« Sì… farai meglio a essere prudente. » riprese voce, a conclusione di tali pensieri, di simili elucubrazioni, in un commento ora a uso e consumo esclusivamente personale, non più dedito al proprio compagno, pur assente, quanto solo e semplicemente a se stessa, in uno sfogo forse ineluttabile innanzi alla spirale di eventi che stavano occorrendo innanzi ai loro occhi pper quanto questi non si stessero ponendo in alcun modo quali interpretabili… né facilmente, né in altra maniera « Perché se ti accadrà qualcosa, te lo assicuro, troverò un modo per riportarti da me… e ti farò pentire di non essere rimasto sufficientemente il lode agli dei per non prevedere tale opportunità! »

Ignaro dei toni adeguatamente minacciosi in tal modo a lui dedicati, sebbene originati soltanto da un sentimento di premura e di affetto nei suoi riguardi, il giovane scudiero della Campionessa di Kriarya, nel contempo giunto sino in strada, non ebbe fortunatamente sostanziali difficoltà a comprendere in quale direzione incamminarsi, dal momento che, benché la sua signora non fosse più visibile, non emergesse più allo sguardo, perduta già da troppo tempo, da un intervallo eccessivo, all’interno della notte della città del peccato, tutt’altro che perduta avrebbe dovuto essere allor considerata la sua ombra, il suo eco; non da intendersi in un’accezione squisitamente materiale, quanto e piuttosto in termini più metaforici ma, non per questo, meno utili, impiegabili in misura inferiore da parte dello stesso Seem nel rintracciarla. Invero, infatti, ombra ed eco dei movimenti della donna, dei suoi progressi all’interno delle capillari vie dell’urbe, avrebbero potuto essere individuati all’interno della folla ancora presente, seppur con una densità inferiore, ad animare quelle medesime strade, in una tarda ora ipoteticamente ormai rivolta soltanto al riposo, allo svago e, presto, al sonno e che pur, entro quelle mura a dodici fronti, non avrebbe mai potuto prevedere una sostanziale abbandono degli spazi comuni, a meno di solide, e solitamente tragiche, ragioni a giustificare ciò. In simile contesto, in tal scenario, laddove ella era passata, ove aveva spinto i propri passi, avanzando indubbiamente con decisione e aggressività, il suo passaggio non era allora rimasto, né avrebbe potuto rimanere, privo di nota fra coloro che l’avevano veduta, fra coloro che l’avevano incrociata, allora come in passato, allora ancor più che in passato, nel considerare il nuovo ruolo della stessa donna guerriero agli occhi dei suoi protetti, di tutti gli abitanti di quella capitale. Ragione per la quale, al suo scudiero fu sufficiente offrire attenzione a quelle voci, a quei pettegolezzi, per riuscire a delineare la via da lei seguita.
Per tanta cura del dettaglio, qual quella da lui in tutto ciò dimostrata, in tal senso resa propria, così come per molti altri migliorati aspetti del propri carattere, del proprio approccio alla realtà a sé circostante, egli avrebbe dovuto definirsi soltanto riconoscente verso la propria stessa signora, il proprio cavaliere, la quale, per prima, era stata per lui d’esemplificazione a tal riguardo, sotto un simile profilo, insegnandogli con la pratica delle proprie azioni, del proprio incedere, tutto ciò che mera teoria non avrebbe saputo permettergli di apprezzare. Ella, per prima, era infatti solita sfruttare non soltanto le informazioni in proprio possesso, ma ancor più quelle apparentemente a lei negate, per riuscire nei propri intenti, per avere successo nei propri scopi, quant’anche nelle proprie sfide, nelle proprie battaglie, ricavando dall’attenta osservazione, o in quel caso dall’attento ascolto, del mondo attorno a lei tutto ciò che avrebbe potuto esserle utile, tutto ciò che avrebbe potuto tradurre un insuccesso, una sconfitta o, peggio, la propria prematura condanna, in un trionfo, in una vittoria e, in tal senso, nella possibilità di sopravvivere ancora un altro giorno, per combattere ancora un’altra battaglia.
E nel confronto con un tale insegnamento, e, soprattutto, con una tale dimostrazione di quanto importante e, ancor più, vitale simile incedere avrebbe dovuto essere considerato, egli non avrebbe avuto possibilità di dubbio, in incertezza sulla via migliore da percorrere per il conseguimento dei propri scopi, né in quel momento, né in altri differenti. Motivo per cui, non dissimile da un levriero posto sulle tracce della propria preda, il giovane scattò nella giusta direzione, deciso, ove necessario, a lasciarsi esplodere il cuore per lo sforzo, ma, comunque, a recuperare il tempo perduto, a coprire la distanza fra loro esistente e, soprattutto, a offrire il proprio supporto alla propria signora, così come aveva un tempo giurato sarebbe stato suo impegno compiere, fino alla fine.

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