11 gennaio 2008 - 11 gennaio 2018: dieci anni con Midda's Chronicles!

Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.


Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!

Scopri subito le Cronache di Midda!

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E siamo a... QUATTROMILA!

Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!

Grazie a tutti!

Sean, 18 giugno 2022

lunedì 25 marzo 2013

1890


Pur appartenendo formalmente al territorio proprio del regno di Tranith, l’arcipelago delle Licoseni non avrebbe dovuto essere considerato sì prossimo al continente di Qahr da porsi qual crocevia marittimo per comuni rotte commerciali. In effetti, nell’offrirsi quali posizionate all’estremità meridionale dei confini noti di quell’angolo di mondo, Licsia e le altre isole piccole isole proprie di quella spruzzata di terre emerse, non dissimili dalle efelidi presenti sulla candida pelle della stessa Midda Bontor, avrebbero dovuto essere anzi considerate così isolate dal resto di Tranith, e del continente più in generale, da rendere necessario progettare in maniera esplicita uno scalo presso tale porto, quale scelta ricercata e consapevole. E se straordinariamente affollata si era presentata Seviath, la capitale tranitha dalla quale la goletta era salpata, contraddistinta da un dedalo di moli tale da rendere sì faticoso l’attracco e la ripartenza dai medesimi quasi più dell’intero viaggio a precedere o seguire; e successivamente via via meno caotiche erano state le tappe intermedie, obbligate nel prevedere un percorso tanto lungo, fosse anche e soltanto per rifornire le stive di acqua potabile, il principale limite proprio della vita in mare; l’attesa per la loro meta, per il loro traguardo, da parte di Noal, di Midda e di tutto l’equipaggio della Jol’Ange, regolare e no, avrebbe dovuto essere considerata quella di un’isola circondata, al più, da pescherecci e, in via del tutto eccezionale, da un’altra nave mercantile, lì impegnata a tenere fede a un tracciato regolare e tale da prevedere di offrire visita a quelle spiagge non più di una volta l’anno… se non con una frequenza ancor minore.
Un’attesa, la loro, che non venne disattesa, così come ebbero per primi occasione di constatare Av’Fahr, Masva, Camne, Hui-Wen e Ifra, i membri dell’equipaggio regolare della Jol’Ange che si ritrovarono a essere di turno in coperta nel momento in cui la piccola isola fece la sua comparsa all’orizzonte, annunciata dalla voce della giovane ex-protetta di Midda, salita di vedetta sulla cima dell’albero di maestra…

« Terra! » esclamò Camne Marge, indicando a proavia con foga tale, quasi, da perdere la presa sulle cime attorno alle quali aveva arrotolato il mancino, proprio qual precauzione onde evitare simile rischio « Terra davanti a noi! »
« Ifra… vai a chiamare il capitano. » comandò Av’Fahr, dietro al timone, con le mani saldamente unite a tale simbolo di comando e di responsabilità, non concedendosi particolari ragioni di entusiasmo o di distrazione nel confronto con quell’annuncio, non desiderando lasciarsi trovare con la guardia abbassata a così poca distanza da loro obiettivo finale, consapevole di quale grave errore sarebbe potuto essere considerarsi fuori pericolo solo perché, all’orizzonte, era stato avvistato il loro prossimo traguardo.

Nipote di Berah, ultima compagna di Salge Tresand e, a sua volta, vittima della furia omicida di Nissa Bontor, Ifra era il più giovane inquilino della Jol’Ange, lì impiegato ancora come mozzo, non per assenza di stima nei riguardi suoi o delle sue capacità, quanto e piuttosto perché, per la sua ancor fanciullesca età, tale impiego era stato considerato qual il più idoneo, in una valutazione viziata dal fatto che, con non molti più anni di lui, Salge era divenuto, a suo tempo, capitano di quella stessa goletta.
Certamente, e differentemente rispetto a lui o, anche, allo stesso Noal, Salge si era meritato tale ruolo non tanto per un qualche diritto di anzianità, o perché subentrato in luogo a un precedente capitano al momento della sua prematura scomparsa, quanto e piuttosto perché solo in grazia alle sue azioni, al suo impegno, e al suo lavoro di intere stagioni, la Jol’Ange, da relitto in disarmo qual era quando la acquistò, tornò a essere una nave in perfette condizioni, nuovamente in grado di affrontare il mare e di offrire ospitalità a un equipaggio. Come Salge, tuttavia, non esistevano, né erano esistiti, molti capitani, ragione per la quale, nella maggior parte dei casi, a tale ruolo, a tale grado, subentravano i secondi in comando al momento della tragica perdita dei loro capitani, come era avvenuto anche per lo stesso Noal e come, forse, un giorno, in un momento speranzosamente ancora lontano, sarebbe avvenuto anche per lo stesso Ifra.
Sino ad allora, comunque, il giovane nipote di Berah avrebbe continuato a operare con l’impegno e con l’umiltà richiesta a tutti i figli del mare, non cercando la gloria e la responsabilità di un ruolo di comando ma, piuttosto, accontentandosi di compiere al meglio quanto gli sarebbe stato richiesto di fare, fosse esso lavoro da mozzo, da marinaio o quant’altro.

« Subito! » confermò, scattando in direzione dell’alloggio riservato al capitano, entro il quale, approfittando di quelle ore di tregua, sicuramente egli stava riposando, e riposando solo, ove il suo compagno, Hui-Wen, era all’opera insieme a tutti loro in coperta.
« Potresti impegnati ad accennare un sorriso, Av’Fahr… » suggerì Masva, risalendo sul cassero per prendere estemporanea posizione accanto al proprio muscoloso e imponente compagno, figlio dei regni desertici centrali così come dimostrato dalla sua pelle scura sulla quale, quasi, risultavano impossibili a distinguersi i tatuaggi tribali pur presenti, in inchiostro nero « E’ da quando abbiamo levato l’ancora a Seviath che non riesco a vedere i tuoi denti… e, ormai, inizio a credere che tu li abbia persi e ti stia impegnando ad apparire tanto serio per non darlo a vedere. »
« Ti senti tanto spiritosa, questa notte…?! » domandò egli, per tutta risposta, per un istante sforzandosi di apparire quasi burbero, e pur non riuscendo a mantenere più di un fugace momento tale espressione a discapito di lei, verso quella giovane donna dal corpo atletico, quasi esile, e dai rossi capelli color del fuoco, che circondavano il suo volto incorniciandolo in un taglio corto e sbarazzino, forse atto a porre maggior accento sui suoi grandi, grandissimi occhi blu, così ricchi di promesse o, per lo meno, speranzosamente tali.
« Mi sento tanto spiritosa tutte le notti, soprattutto quando con il mio essere spiritosa posso permettermi di sperare di distrarti un po’ da tutte le preoccupazioni che assillano il nostro indomito e coraggioso condottiero... » argomentò ella, piegando appena il capo di lato nell’osservarlo con fare quasi felino, e incrementando simile effetto con un sorriso quietamente sornione, non dissimile da quello proprio del gatto intento a giocare con il topo « Dimmi tu se ci sto riuscendo o no, per favore. »
« Forse il fatto di vedermi troppo di sovente dietro al timone ti sta confondendo. » ipotizzò Av’Fahr, aggrottando appena la fronte « Il capitano è Noal, non sono io… né desidero esserlo. A scanso di ogni possibile equivoco. » puntualizzò, augurando implicitamente, in tali parole, tutto il bene del mondo al proprio capitano e amico, non bramando di prenderne il posto né in quel momento né mai, nel preferire saperlo in ottima salute.
« Certo… ma il capitano, in questi giorni, è impegnato con i nostri amici. E, in questo, tu resti il nostro indomito e coraggioso condottiero…  come dimostra il fatto che hai rinunciato a sorridere, trasformandoti in un vecchio burbero dall’aria stanca. » lo canzonò Masva, appoggiandosi al suo forte braccio destro e lì, quasi, aggrappandosi per dondolarsi appena « Temo che fra poco inizierai ad avere qualche capello bianco, se non starai attento a cercare di rilassarti un po’ di più. »

Al di là dell’aspetto più ludico della questione, per così come ella desiderava proporlo; allo stesso modo in cui Av’Fahr avrebbe dovuto essere riconosciuto sinceramente interessato al mantenimento in buona salute di Noal, anche Masva non si sarebbe potuta che definire egualmente preoccupata per lo stato di salute di Av’Fahr, oltre ovviamente che per quello di Noal. Dopo l’assassinio di Ja’Nihr, sorella maggiore di Av’Fahr, di Salge Tresand e, successivamente, di Berah, nonché il tradimento di Ron-Hun e di Tamos, entrambi scopertisi al soldi di Nissa Bontor; solo loro tre, fra tutti gli appartenenti alla seconda generazione dell’equipaggio della Jol’Ange, erano quindi sopravvissuti, costretti a dire addio a troppi amici, a più fratelli e sorelle di quanti non avrebbero avuto piacere di salutare.
Ragione per la quale, al di là di ogni scherzo, soltanto sincera e reciproca premura avrebbe potuto legarli l’uno agli altri, indifferentemente da qualunque ruolo, da qualunque incarico ora avrebbero potuto ricoprire.


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