11 gennaio 2008 - 11 gennaio 2018: dieci anni con Midda's Chronicles!

Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.


Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!

Scopri subito le Cronache di Midda!

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E siamo a... QUATTROMILA!

Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!

Grazie a tutti!

Sean, 18 giugno 2022

domenica 10 marzo 2013

1875


L’uscita della Campionessa dalle mura della sua locanda, de “Alla Signora della Vita”, non avrebbe potuto passare inosservata e, oggettivamente, non passò inosservata. Al contrario, non uno solo fra tutti i presenti, benché apparentemente distratti in altro genere di attività, chi impegnato a cibarsi, chi a ubriacarsi, chi, ancora, a ridere a crepapelle senza neppure un qualche motivo degno di nota per giustificare simile comportamento, mancò di rilevare l’assenza della donna da quel perimetro nello stesso istante in cui venne meno. E se, all’attenzione dei più, simile evento non poté suscitare particolare motivo di interesse, ove, dopotutto, dall’altro della propria posizione di sostanziale sovrana di quell’intera città, ella avrebbe potuto vagare entro l’urbe senza che alcuno avrebbe mai avuto di che ridire a tal riguardo; coloro a lei più vicini, a lei legati da relazioni più intime, non poterono ovviare a un sentimento di curiosità e di preoccupazione per quell’uscita di scena priva di spiegazioni, o, quantomeno, di un pur semplice saluto.
Il primo, ovviamente, a dover fronteggiare un ineluttabile senso di inquietudine nel confronto con tutto ciò, fu lo stesso locandiere, Be’Sihl Ahvn-Qa, il quale, vedutosi abbandonato da lei, per un istante fu prossimo a rincorrerla, a inseguirla, nella volontà non tanto di fermarla o di porle domande su dove ella fosse diretta, quanto e, più semplicemente, di salutarla. Abituatosi, dopotutto, da una vita intera a vederla partire, egli non avrebbe potuto ovviare a trovare un modo di scendere a patti con le proprie contrastanti emozioni nel confronto con tutto quello, benché, a ogni nuovo addio, il timore che tale fosse l’ultimo loro concesso non avrebbe mai smesso di straziarlo nel profondo del proprio spirito. Nella loro complicata storia d’amore, tuttavia, tutto ciò non avrebbe potuto essere ovviato, non avrebbe potuto essere evitato, quasi un necessario prezzo da tributare a quella donna straordinaria, ai suoi occhi addirittura divina, per dimostrarsi degno della quale sarebbe stato necessario comprendere quando, eventualmente, farsi da parte, rinunciando all’insistenza, rinunciando a quell’oppressione in sola conseguenza alla quale ella sarebbe stata allor per sempre perduta. Così, rinnovando verso di lei la fiducia che in quegli ultimi ormai quasi vent’anni non aveva mai mancato di riconoscerle, egli restò immobile, al proprio posto, continuando quieto nel proprio mestiere, nella propria occupazione, la quale, in quel momento, lo trovava impegnato nel servizio ai propri clienti, agli avventori della loro locanda, di quella locanda che, nella propria ora più drammatica, all’epoca dell’incendio che l’aveva parzialmente distrutta e gli aveva fatto temere di averla perduta per sempre, aveva scoperto nuova vita, nuova speranza, rinascendo non soltanto migliore rispetto a quanto non fosse stata prima ma, anche e soprattutto, diventando, per loro, per lui e per lei, sua amata, dimora… casa.
Anche Howe e Be’Wahr, che Midda Bontor avevano avuto occasione di seguire più di chiunque altro nel corso di quegli ultimi anni, condividendo con lei molte più avventure di quanto non avrebbero mai potuto immaginare sarebbe stato loro concesso, non mancarono di rivolgere un pensiero alla loro amica, a colei da entrambi, ormai, riconosciuta al pari di una sorella, e di una sorella maggiore, malgrado la distrazione loro ineluttabilmente imposta dalla presenza di quelle quattro, avvenenti prostitute con le quali stavano dividendo il tavolo e, se nulla fosse intervenuto a disturbarli, di lì a non troppo avrebbero condiviso anche molto di più. Nel vederla allontanarsi in maniera tanto affrettata, evidentemente animata da un qualche motivo di preoccupazione con loro non condiviso, entrambi dovettero combattere contro l’istinto di levarsi a propria volta in piedi e inseguirla: non per salutarla, tuttavia, così come avrebbe voluto avere occasione di compiere il locandiere; né, tantomeno, per fermarla o per domandarle una qualche spiegazione; quanto e piuttosto per affiancarla, senza necessità di sapere verso quale avventura o in contrasto a quale avversario. Troppe volte, difatti, ella aveva salvato loro la vita, definendo, in tal senso, con loro, un legame tanto profondo da trascendere, ormai, una qualunque necessità di giustificazione per le proprie eventuali richieste, per i propri possibili bisogni. Ella, volendo accompagnarsi con loro anche a dichiarar guerra allo stesso dio Gorl, non avrebbe avuto necessità di far altro che rivolgere loro un silenzioso invito, fosse anche solo un cenno o uno sguardo, ed entrambi sarebbero stati pronti a rischiare le proprie vite e il proprio futuro accanto a lei, nella consapevolezza di quanto, dopotutto, ella non avrebbe agito diversamente in loro favore. Tuttavia, in quel momento, la mercenaria si era allontanata volutamente sola e non sarebbero stati loro ad agire in contrasto alla sua volontà, al suo desiderio in tal senso, né allora, né mai. Non, oltretutto, ove, oltre a rischiare di contrariarla, avrebbero anche vanificato la speranza di attendere in dolce compagnia una nuova alba.
Diversa reazione, tanto rispetto a Be’Sihl, quanto a Howe e Be’Wahr, fu altresì quella che il giovane Seem volle rendere propria, nell’osservare il suo cavaliere allontanarsi nel cuore della notte senza apparente ragione. Sebbene avesse conquistato, anni prima, il ruolo di scudiero della leggendaria Midda Bontor, rendendo propria tale possibilità benché, apparentemente, non vi sarebbe dovuta essere alcuna speranza in tal senso, nel non condividere in alcuna misura il mondo al quale ella, invece, era da sempre appartenuta; neppure a lui era abitualmente concessa la possibilità di accompagnare la propria signora in ogni suo viaggio, in ogni sua missione, così come, personalmente, avrebbe avuto piacere a compiere, in ubbidienza a quella che, per lui, non avrebbe dovuto essere considerata una mera professione quanto, e piuttosto, una vocazione, in assenza della possibilità di adempiere alla quale la sua stessa quotidianità non avrebbe avuto ragion d’essere. Ciò nonostante, pur negandogli l’occasione di esserle sempre al fianco, la Figlia di Marr’Mahew non aveva mai mancato di impartire, al proprio scudiero, le istruzioni del caso, non lasciandolo mai privo di una qualche direttiva, di una qualche istruzione, fosse anche e soltanto quella di restare un po’ a godersi la propria giovinezza accanto all’amata Arasha. Così, nel momento in cui ella, senza apparente ragione, e senza concedere ad alcuno, non a lui, non ad altri, un semplice accenno nel merito delle proprie motivazioni, delle proprie necessità, scelse di allontanarsi da “Alla Signora della Vita”, Seem non poté che accogliere tale evento con un certo turbamento, un turbamento tale, invero, da rendergli impossibile ipotizzare di condividere l’apparente passività di tutti gli altri occupanti della locanda, come subito volle dichiarare, nel cercare confronto con la stessa Arasha, a lui allora prossima, da lui divisa solo dal bancone, dietro al quale ella stava coordinando, come di consueto, le attività di una sera come altre nella locanda…

« Devo seguirla. » definì, controllando d’istinto la presenza dei propri pugnali nella loro corretta locazione ai suoi fianchi, e volgendo, insieme a quelle parole, uno sguardo verso la propria compagna, verso la propria amata, forse cercando, inconsapevolmente, in lei una qualche benedizione ad agire in tal senso.
« Vuoi seguirla. » lo corresse la giovane, con un sorriso, priva di tono di rimprovero a contraddistinguere la propria voce, nel conoscere, ormai, troppo bene la mente del proprio uomo per non comprenderne le ansie e le preoccupazioni che, a seguito della partenza della mercenaria, in lui non avevano potuto evitare di palesare la propria prepotente presenza, in una misura tale per cui, né a lei, né ad alcun altro, sarebbe stata concessa la possibilità di porli a tacere senza che, spronato dagli stessi, egli non si fosse posto all’inseguimento di quella donna, indifferente a qualunque guaio, o anche soltanto rimprovero, così facendo avrebbe potuto incorrere.
« E’ mio dovere seguirla. » tentò di puntualizzare Seem, non riuscendo a evitare, malgrado tutto, di arrossire lievemente, allora così come in passato, quasi nulla, in quegli anni, fosse sostanzialmente mutato, benché, comunque, incredibile avrebbe avuto a riconoscersi la sua maturazione accanto a lei.
« Vuoi seguirla. » non concesse trattative Arasha, scuotendo appena il capo a quel tentativo da parte dell’altro « Come sempre, del resto. » soggiunse, priva di gelosia per quella donna e per l’ascendente da lei posseduto sul proprio compagno, avendo ben compreso, alcuni anni prima, come non avrebbe mai avuto ragione di doverla considerare una propria rivale, una minaccia, laddove, al più, unita al proprio scudiero da un affetto quasi materno e tale da non poter neppure prendere in esame l’idea di un qualunque altro genere di coinvolgimento con lui, benché, ne era conscia, un tempo da parte di questi non erano mancate molte fantasie a tal riguardo, a dispetto dell’evidenza.
« Voglio seguirla. » ammise egli, chinando allora lo sguardo, prima di volgerlo in direzione della soglia, fremendo all’idea di star lì esitando eccessivamente, in misura tale da rischiare di poterla perdere.


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