11 gennaio 2008 - 11 gennaio 2018: dieci anni con Midda's Chronicles!

Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.


Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!

Scopri subito le Cronache di Midda!

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E siamo a... QUATTROMILA!

Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!

Grazie a tutti!

Sean, 18 giugno 2022

giovedì 21 marzo 2013

1886


Al di là dei timori propri delle ore ipoteticamente dedicate al riposo, nelle quali, suo malgrado, la Campionessa di Kriarya non sarebbe stata in grado di arrestare l’incessante lavorio della sua mente così come pur avrebbe gradito dimostrarsi capace di fare; la restante parte della giornata avrebbe per lei dovuto essere riconosciuta qual, oggettivamente, libera da qualunque occasione d’assillo, nel ritrovarsi a essere gradevolmente saturata dalle molteplici attività indispensabili per il mantenimento, in mare, di una qualunque nave e, nella fattispecie, di una goletta qual la Jol’Ange. Un impegno, in effetti, che benché continuo e stancante, non avrebbe mai potuto ritrovarla a essere più entusiasta e soddisfatta rispetto a quanto già ella non fosse, nel ritrovarsi finalmente a contatto con il proprio elemento, con il proprio ambiente naturale, con il mondo nel quale era nata e al quale, nel profondo del proprio animo e del proprio cuore, sarebbe per sempre appartenuta, anche laddove altre vicende, altre tragiche situazioni, le avessero interdetto da tempo simile opportunità, tale possibilità di realizzazione personale.
Nata qual figlia del mare, dopo aver appreso a nuotare ancor prima che a camminare, ella era fuggita di casa ancor bambina, neppur fanciulla, imbarcandosi clandestinamente a bordo di una nave commerciale soltanto perché, in tal direzione, il suo spirito indomabile l’aveva sospinta, in contrasto a ogni razionalità e, persino, a ogni emotività, a ogni ritrosia che pur avrebbe potuto caratterizzarla all’idea di abbandonare la casa in cui era nata e cresciuta, la casa ove erano i suoi genitori, i suoi nonni e, non meno importante, sua sorella gemella, sino ad allora non semplicemente a lei legata da un vincolo di sangue, ma anche e ancor più da un’amicizia e da una complicità prive d’eguali, seppur contraddistinte da caratteri apparentemente diversi. Apparentemente, soltanto, laddove, benché Nissa Bontor avesse sempre dimostrato minore interesse rispetto alla gemella per l’avventura in quanto tale, per quel continuo e ossessivo impegno volto a porre in giuoco se stessi e le proprie capacità, anch’ella non si era sottratta al mare e alle sue sfide nel momento in cui aveva abbracciato un fermo proposito di vendetta a suo discapito, a sua condanna, decisa non soltanto a ferirla estemporaneamente, ma a maledirla personalmente per il resto della propria esistenza: per il tradimento da lei perpetrato; per l’abbandono nel quale l’aveva lasciata malgrado per tre volte l’avesse esplicitamente rassicurata del contrario; e per il dolore per la prematura scomparsa della loro comune madre affrontato da sola, in assenza della propria migliore amica, della propria confidente, nel momento in cui più avrebbe avuto bisogno di lei, del suo sostegno, del suo affetto. E la giovane Nissa non fu da meno della gemella in tutto ciò, anzi, ove possibile, persino superandola, dal momento in cui, nel mentre in cui Midda crebbe qual marinaia, nel rispetto delle leggi e della volontà degli dei del mare; ella preferì ricercare la propria strada, il proprio futuro, qual pirata, prima, e regina di tutti i pirati, poi, compiendo un’impresa che mai alcuno avrebbe neppur immaginato qual possibile: riunificare i predoni dei mari del sud, fuorilegge privi di qualunque rispetto per qualunque valore, sotto la propria egemonia, al punto tale da spingersi, addirittura, a fondare una vera e propria nazione, la capitale della quale era stata eretta in quella che un tempo era conosciuta qual la tranquilla e pacifica Rogautt, e che, per suo volere, per sua scelta, era divenuta il centro del proprio regno. Un regno non riconosciuto da alcun altro stato e pur, ineluttabilmente, da tutti temuto, per la terribile minaccia da esso rappresentato per tutte le terre confinanti con esso… e con il mare stesso, suo unico limite fisico conosciuto.
Così, in grazia al potere che Nissa riuscì in tal modo ad accentrare nelle proprie mani, a Midda Bontor fu negata la possibilità di vivere ancora a contatto con il mare pur tanto amato, laddove, a escludere simile opportunità, subentrò la minaccia di vedere perseguitati e abbattuti tutti coloro che le sarebbero mai stati vicini, a cui ella si sarebbe mai potuta affezionare, a incominciare dal suo compagno d’allora… Salge Tresand. Una minaccia, purtroppo, tutt’altro che vana e che, malgrado ogni impegno da parte della stessa un tempo marinaia, poi mercenaria, a restare lontana dal mare e da coloro a lei più cari, ebbe alfine a concretizzarsi nel momento in cui, dopo oltre dieci anni, ella commise l’imprudenza di considerare tale maledizione non più così concreta come in passato, forse decaduta in quanto, ormai, obliata. Una dimenticanza, tuttavia, della quale Nissa non si era voluta concedere occasione, né, parimenti, aveva voluto concedere occasione alla propria gemella, colpendola con tutta la forza e tutta la crudeltà di cui avrebbe potuto dimostrarsi capace, nel far assassinare lo stesso amato di un tempo sotto il proprio sguardo inerme per mano di un sicario rimasto per lungo tempo in attesa del suo ritorno al mare, di quell’imperdonabile momento di debolezza.
Malgrado la tragedia della morte del capitano Tresand, e con lui di altre vittime innocenti di quella devastante faida famigliare, valenti membri dell’equipaggio della Jol’Ange; i superstiti dello stesso, pur privi di qualche vincolo di fiducia o di lealtà nei confronti della principale responsabile, nonché vittima, per quegli orrendi omicidi, non si dimostrarono tanto ciechi nel dolore per tali perdite da non riconoscere la sola e vera colpevole di quanto occorso, non identificandola erroneamente in Midda, quanto e piuttosto in sua sorella Nissa Bontor, per contrastare la quale, pertanto, un’alleanza con la prima non sarebbe potuta essere esclusa. Un’alleanza la volontà della quale venne allora da tutti loro apertamente dimostrata nel soccorso che, quando necessario, non mancarono di offrire alla stessa Figlia di Marr’Mahew, quando catturata dalla propria antagonista; e il merito della quale, successivamente, non fu allora rinnegato dalla medesima, quando si spinse a porre reciprocamente in dubbio la propria sopravvivenza, il proprio futuro e, forse, con esso, il futuro della realtà per così come conosciuta, per ricambiare il sostegno rivoltole, e salvare alcuni fra loro presi qual prigionieri della propria impietosa nemesi.
In tutto ciò, pertanto, quella guerra cominciata oltre vent’anni prima da un equipaggio della Jol’Ange, ormai completamente trapassato; dopo tanto tempo, dopo quattro lunghi lustri, sarebbe forse stata condotta a compimento da un altro equipaggio della stessa goletta, una nuova generazione accomunata a coloro che li avevano preceduti dalla sola Midda Bontor, così come dalla sua controparte, dalla sua avversaria, Nissa Bontor. E, fino ad allora, fino a quell’ultima pagina ancora da scrivere nel diario di bordo, e che, speranzosamente, il buon Noal Kedrih, successore di Salge Tresand al comando di quella famiglia, qual indubbiamente avrebbe dovuto essere riconosciuta, si sarebbe forse concesso occasione di redigere; alcun altro veto avrebbe potuto impedire alla Campionessa di Kriarya, e ai suoi alleati, di essere ospiti graditi a bordo di quella nave, a realizzazione di quel sogno di riunificazione con il mare nel quale la stessa donna guerriero non avrebbe neppur osato più concedersi possibilità di credere, di confidare, di sperare. Una riunificazione in conseguenza alla quale, quindi, ella sarebbe stata pronta a spezzare ogni singolo osso del proprio stesso corpo per adempiere ai compiti che le sarebbero stati assegnati, in essi impegnandosi con una foga, con una passione, con un ardore non secondi a quelli che avrebbe mai potuto dimostrare in qualunque altro momento della propria quotidianità, né allora, né in altri momenti, in altre occasioni.
Un impegno, comunque, che non avrebbe mai potuto risultare vano o disordinato, dal momento in cui, benché rimasta per tanto tempo lontana dal mare e dalla vita propria del marinaio, ella non avrebbe mai potuto dimenticarsi chi era, non avrebbe mai potuto rinnegare la propria intrinseca natura. Motivo per il quale, in quel nuovo viaggio con la Jol’Ange così come in ogni altro precedente, ella avrebbe potuto imporre, e impose, la propria supremazia su qualunque proprio compagno di navigazione, e non soltanto sul buon Be’Sihl, sul proprio scudiero Seem o sui due fratelli mercenari Howe e Be’Wahr, suoi principali alleati in quegli ultimi anni, che alcuna confidenza avrebbero potuto vantare con quella vita al di fuori di quella che, fondamentalmente per lei, si erano imposti occasione di sviluppare; quanto e ancor più su qualunque altro membro canonico di quell’equipaggio, figli e figlie del mare suoi pari e pur, a dispetto di qualunque positiva differenza d’età, oggettivamente incapaci di eguagliarla in agilità, in velocità, in coordinazione e in equilibrio; qualità da lei allora sfoggiate quasi mai le fosse stata concessa occasione di porre un solo piede al di fuori di quel ristretto ponte e delle aree, sempre proprie di quella nave, a esso adiacenti.

« Midda… il vento sta cambiando! » osservò con tono severo capitan Noal, fermo nel proprio ruolo di responsabilità al timone della goletta in misura tale da non offrile occasione di indolenza così come non l’avrebbe mai offerta a un qualunque altro uomo o donna al proprio servizio, non potendosi concedere di distinguerla dagli stessi almeno sino a quando fosse rimasta a bordo della sua nave ove, altrimenti, la sorte di tutti sarebbe potuta risultar compromessa dal giudizio sempre severo, ma sempre giusto, degli dei del mare « Muoviti a cazzare il trinchetto e lascare la randa e la controranda… prima che la stessa dea Thyres intervenga a ricordarci come condurre questa dannata goletta attraverso il suo mare! »


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