11 gennaio 2008 - 11 gennaio 2018: dieci anni con Midda's Chronicles!

Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.


Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!

Scopri subito le Cronache di Midda!

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E siamo a... QUATTROMILA!

Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!

Grazie a tutti!

Sean, 18 giugno 2022

lunedì 6 settembre 2021

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A un primo impatto con quella realtà nella realtà, autonomamente sviluppatasi a partire dalla prigione che la regina Anmel Mal Toise aveva creato per il proprio tutt’altro che amato figliuolo, Be’Wahr non poté ovviare a pensare di essere stato nuovamente catapultato nella cosiddetta Terra di Nessuno, una zona esistente fra Kofreya e Gorthia così inospitale e antagonista alla vita stessa da non essere obiettivamente parte di alcuna delle due nazioni, là dove alcuno fra i due regni avrebbe mai avuto a desiderare annettere simile territorio ai propri domini.
Dominata da un’importante presenza di vulcani, il terreno stesso della Terra di Nessuno sembrava essere intrinsecamente avvelenato e, in ciò, impossibilitato a concedere ospitalità alcuna a qualunque forma di vita, animale o vegetale. Accanto a ciò, una frequente presenza di improvvise eruzioni di gas tossici non avrebbe mai garantito un quieto transito a qualunque genere di viandante, ragione per la quale, in buona sostanza, quella zona non soltanto era rifiutata dai governi, ma anche da qualunque genere di disgraziato, là dove comunque, per quanto disperati si sarebbe mai potuti essere, avventurarsi in quelle lande sarebbe equivalso a condannarsi a una fine non migliore di quella che avrebbe potuto essere promessa fra le braccia degli zombie della palude di Grykoo, altra terra maledetta e, ciò non di meno, del tutto estranea a quella.
Come la Terra di Nessuno, quella “tasca”, per così come era stata loro metaforicamente presentata da Fath’Ma, si presentava infatti contraddistinta da un paesaggio spoglio e cupo, con un cielo oscurato da una spessa coltre di nuvole nere, atte a imporre a ogni cosa un’inquietante colorazione giallo-rossastra, ben lontano dal potersi considerare salubre anche e soltanto dal punto di vista psicologico. Nel merito della flora, poi, qualche rara pianta era lì presente, per così come, del resto, era presente anche nella Terra di Nessuno, ma, allo stesso modo della Terra di Nessuno, anche lì tali piante apparivano inquietantemente malate, forse e addirittura marce, quando non, direttamente, bruciate. E nel merito di una possibile fauna, tanto Be’Wahr quanto M’Eu furono ben lieti di non cogliere evidenza alcuna, là dove, forse, avrebbero avuto minor timore all’idea di avere ad affrontare gli spettri delle spose di Desmair ancor prima che i mostri che un mondo come quello avrebbe potuto aver generato.

« ... non credo che né Lohr, né altri dei abbiano a conoscere questo luogo... » sussurrò allora il biondo, quasi a replicare al proprio stesso augurio di pocanzi, e un augurio che, evidentemente, non avrebbe avuto possibilità di vedersi tradotto in realtà.
« ... già... » confermò il figlio di Ebano, non riuscendo a trovare nulla di  più appropriato da dire a margine di quell’oscena visione.

Difficile, in tutto ciò, sarebbe stato riuscire a credere quanto quel mondo fosse “cresciuto” da solo, per così come era stato loro spiegato. Anche perché difficile, in effetti, sarebbe stato accettare che nulla di tutto quello avesse avuto a esistere in un momento passato, e che soltanto nel corso degli anni, dei secoli, dei millenni, si fosse venuto a generare, espandendosi a partire da un singolo seme centrale, e quel seme rappresentato dalla prigione di Desmair. Anche perché, pur perfettamente distinguibile innanzi a loro, in una presenza pressoché unica all’interno di quel paesaggio, quella fortezza appariva già decisamente distante da loro, ad almeno un ulteriore giorno di cammino. E tutt’attorno, in ogni altra dimensione, non avrebbe mancato di poter essere distinta una lontanissima linea d’orizzonte, e un orizzonte tutt’altro che raggiungibile, per così come ci si sarebbe potuti aspettare avrebbe dovuto essere in quella semplice in una realtà un tempo non più grande della fortezza stessa.
Una realtà, ora, che avrebbe avuto a poter celare molto altro rispetto a quanto lì evidente. E molto altro che, pur, né Be’Wahr, né M’Eu avrebbero avuto a doversi fraintendere desiderosi di avere ad affrontare...

« Credi che esista qualche altro insediamento oltre alla fortezza...? » domandò M’Eu, osservando l’unico edificio loro visibile e, ciò non di meno, non potendo ovviare a riservarsi dubbi nel merito della sua effettiva identificazione « Non riesco francamente a capire se sia lo stesso edificio del... nostro mondo o no. » soggiunse, esprimendo apertamente un più che condivisibile dubbio a tal riguardo.

In effetti, benché razionalmente l’unico edificio lì presente, e lì pur presente a grande distanza da loro, avrebbe avuto necessariamente a essere la fortezza-prigione di Desmair, improbabile sarebbe stato associare quanto allor offerto al loro sguardo con quanto avevano avuto occasione di contemplare il giorno prima, e non soltanto per la distruzione imperante sull’altra e, altresì, non presente su questa.
Se, infatti, nel loro mondo la fortezza era incastonata fra le vette dei monti, appoggiandosi a esse e, in ciò, offrendo l’impressione di emergere, quasi, dalla roccia grezza lì presente; in quella realtà nella realtà, altresì, l’edificio loro presentato innanzi avrebbe avuto a doversi riconoscere qual edificato sopra un altipiano così irrilevante nella propria estensione verticale da necessitare di un certo impegno per poter essere effettivamente inquadrato in quanto tale. Inoltre, e al di là del contesto paesaggistico con il quale si poneva a confronto, anche l’architettura appariva quasi del tutto estranea all’altro, benché, in effetti, ben poco fosse rimasto a presentarsi a loro sguardo di quello del loro mondo, per permettere loro una reale comparazione.

« Non lo so. » si limitò ad ammettere Be’Wahr, stringendosi fra le spalle « Ciò non di meno è tutto ciò che riusciamo a distinguere in questo momento. La scelta, pertanto, è praticamente obbligata. » sancì, con un approccio decisamente pragmatico alla questione.

La scelta avrebbe avuto a dover essere considerata realmente obbligata non soltanto dall’unicità della presenza di quell’edificazione, quanto e piuttosto da un dettaglio nel merito del quale erano stati posti in guardia, e a riguardo del quale, loro malgrado, avevano avuto immediata opportunità di riscontro una volta giunti lì attraverso il quadro: l’impossibilità a fare ritorno dalla medesima via attraverso la quale erano appena passati, nell’assenza di un quadro, alle loro spalle, che potesse permettere loro il ritorno a casa.

« C’è solo un problema... » aveva loro anticipato Fath’Ma, nella volontà di non riservare loro alcuna sorpresa nel merito di quanto sarebbe accaduto se avessero proseguito in quella direzione « Come vi ho detto, la tasca di realtà creata da Anmel è cresciuta nel corso del tempo al di là di quanto ella mai avrebbe potuto desiderare, o prevedere sarebbe accaduto. Ed è cresciuta allo stesso modo in cui potrebbe espandersi un cerchio sulla quieta superficie di uno specchio d’acqua in conseguenza all’impatto di un sasso sullo stesso: mantenendo la fortezza al centro di tutto, il resto si è ampliato, è cresciuto, e sta ancora continuando a crescere. Ragione per la quale anche i varchi che Desmair è riuscito a ottenere nel corso del tempo non hanno mai smesso di mutare posizione in quella realtà. » aveva tentato di spiegare, incerta sul fatto di riuscire a farsi comprendere a sufficienza nell’effettivo impatto della questione « E così, se il quadro originale di Anmel, lo stesso da cui eravamo passate Midda, N’Hya e io, è sempre rimasto stabile nel medesimo punto, gli altri hanno finito per smarrirsi nell’incognita propria offerta da quelle terre desolate. »
« Ovvero...?! » aveva domandato M’Eu, cercando di comprendere la questione, se non dal punto di vista teorico, quantomeno da quello pratico.
« Ovvero... quando arriverete, non vi troverete a confronto con un quadro che vi mostrerà la via utile a tornare indietro, quanto e piuttosto con il nulla di un mondo in costante espansione, là dove il passaggio presente nella nostra realtà fa riferimento a un punto preciso nello spazio di quell’altra realtà dove avrebbe anche dovuto essere l’altro quadro... ma da dove, ormai, è stato trascinato via da secoli. » aveva tentato di riformulare ella, con maggiore sintesi « Una volta entrati in quell’altro mondo, l’unico modo per tornare sarà ritrovare il quadro originale... e sperare che vi possa condurre a un’area della fortezza in questo mondo non del tutto distrutta. »

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