« Dannatissimo figlio d’una cagna maledetta! » esplose Siggia, imprecando senza mezze misure contro il padre « Dopo averci condannato a una vita infame in questa realtà maledetta, hai trovato il modo di andarsene via, facendoti credere oltretutto morto...?! Che gli dei possano maledire il tuo nome più di quanto non lo abbiano già fatto, lurido abominio che non sei altro...! »
Là dove, a onor del vero, fra Desmair e i propri figli non vi era mai stato un qualche genere di affettuoso rapporto padre-figli, nell’essere stati tutti loro fondamentalmente abbandonati a se stessi dopo la loro nascita, quasi vomitati in un quell’orrenda realtà alla quale erano stati in grado di sopravvivere soltanto perché, per l’appunto, incapaci a morire; la morte dello stesso semidio era pur stata, entro certi limiti, un evento riconciliante, un’imprevista occasione di catarsi, atta a sanare quel debito, e a riconoscere, in fondo, Desmair come un disgraziato loro pari, non voluto dalla propria stessa genitrice e, addirittura, alfine ucciso dal suo stesso genitore, a chiudere un altrimenti eterno cerchio infame. Da morto, sotto un certo punto di vista, Desmair aveva avuto occasione di poter essere apprezzato dai propri figli molto più di quanto non lo fosse mai stato in vita, nonché molto più di quanto non avrebbe potuto meritare di essere.
Ma, spiacevolmente, nulla di tutto ciò era stato reale. E con la propria apparente morte, egli altro non era riuscito a fare che imporre un altro torto a tutti loro, ignorati, se non addirittura dimenticati, in quella realtà avvelenata, e quella realtà nella quale avrebbero avuto a dover continuare a vivere in eterno, senza una reale prospettiva di vita, senza una reale possibilità di autodeterminazione.
Ragione per la quale, allora, più che giustificato avrebbe potuto essere riconosciuto quello sfogo da parte della donna... e di una donna nuovamente tradita dal proprio stesso padre.
« ... forse avrei dovuto starmene zitto... » esitò allora il biondo mercenario, osservando con aria dubbiosa il compagno di ventura, nel timore di aver detto qualcosa di troppo... e di evidentemente sbagliato.
« No. No. Hai fatto bene a dirmelo. Hai fatto benissimo! » replicò la figlia di Desmair, mostrando i denti simili a zanne, in una smorfia di rabbia a confronto con tutto ciò « Certe cose è importante saperle. Tipo quando il padre che non hai mai avuto ragione di amare dimostra per l’ennesima volta quanto meriterebbe solo di essere ucciso, e ucciso in maniera atroce. »
Fu necessario un po’ di tempo per permettere a Siggia di avere a calmarsi. Tempo nel corso del quale tanto Be’Wahr quanto M’Eu si guardarono bene dal prendere parola o iniziativa alcuna, nel temere, giustamente, di poter finire incautamente coinvolti nella sua furia.
Entrambi aventi avuto la fortuna di nascere e di crescere in una situazione familiare assolutamente serena, godendo dell’affetto dei propri genitori e delle proprie sorelle, H’Anel per M’Eu, e Lesha e Tahree per Be’Wahr; nessuno di loro avrebbe potuto quindi vantare una personale esperienza negativa a tal riguardo, per così come, altresì, era evidente fosse accaduto ad altri, prima fra tutte la loro stessa comune amica e compagna d’armi Midda Bontor, ma anche Desmair e, chiaramente, Siggia. Ciò non di meno, entrambi non avrebbero potuto ovviare a comprendere quanto terribile avesse a doversi intendere la situazione propria della donna, e di quella donna che, dopo aver trascorso la propria immortale esistenza a maledire il padre, poteva essere stata forse in grado di far pace con lui dopo la sua morte, salvo, altresì, averlo a scoprire tutt’altro che tale. Una situazione, in fondo, non troppo dissimile da quella propria della stessa Midda, la quale, dopo una vita intera in lotta contro la propria gemella, si era riappacificata con il ricordo di lei dopo la sua morte, salvo avere, a distanza di oltre un lustro, a tornare a lottare contro la stessa, e la stessa nuovamente in circolazione nelle immonde vesti di una ritornata... e di una ritornata con smanie di annientamento globale.
Quando alfine Siggia riuscì a sbollentare la rabbia esplosa nel proprio cuore, fu ella stessa a voler riprendere il dialogo con loro, e a volerlo riprendere in maniera decisamente proattiva...
« Se avete fatto tanta fatica per tentare di raggiungere il quadro nella fortezza, immagino che gli altri quadri, compreso quello attraverso il quale siete arrivati, non siano per voi esattamente a portata di mano. » premesse ella, dimostrando un intelletto decisamente vivace, nell’analizzare con precisione la situazione a partire dalle pur minime informazioni in suo possesso « E dal momento che voi non siete assolutamente confidenti con questo mondo, così come abbiamo già appurato e come avete ammesso, e che io ho comunque un debito verso di voi, vi aiuterò a ritrovare una via utile per fare ritorno al vostro mondo. »
« ... grazie...? » esitò M’Eu, a confronto con un’affermazione che non pareva assolutamente essere prossima alla propria conclusione, malgrado il punto fermo a cui ella era così giunta.
« Tuttavia ho un favore da chiedervi... » riprese la donna, confermando così quanto la questione fosse ben lontana dall’aversi a fraintendere conclusa « Voglio che voi permettiate a me e alle mie sorelle di seguirvi nel vostro mondo. »
« ... » si ammutolirono entrambi, non avendo ben chiaro come reagire innanzi a una simile richiesta, in effetti non sapendo neppure se avere a poterlo impedire ove anche fossero stati contrari a ciò.
« So che ci siamo appena incontrati, e che non sapete molto di me, così come io non so molto di voi. » argomentò Siggia, scuotendo appena il capo « Ciò non di meno, credo che sia palese quanto la vita in questa realtà, ammesso che tutto ciò possa definirsi realmente vita, sia una condanna troppo severa per chiunque. » storse le labbra verso il basso « E né io, né le mie sorelle abbiamo commesso colpa alcuna per meritarci tutto questo. A meno che colpa non voglia essere considerata essere figlie di nostro padre... e di un padre che, comunque, non ci ha mai amato e non abbiamo mai avuto ragione di amare, nell’esserci trovate immediatamente abbandonate a noi stesse appena nate, scaricate quali rifiuti indesiderati in un mondo del genere. »
Impossibilitati anche e soltanto a immaginare quante potessero essere in tutto le figlie di Desmair, e qual genere di perversi caratteri avrebbero potuto ritrovarsi a dimostrare, fosse anche e soltanto per la vita alla quale si erano ritrovate costrette in quelle realtà, Be’Wahr e M’Eu non avrebbero potuto ovviare a esitare all’idea di avere a riversare una simile, nuova incognita nel loro mondo, e in un mondo che già stava faticando a fare i conti con i ritornati. Ciò non di meno, due aspetti avrebbero avuto a dover essere indubbiamente presi in considerazione: l’evidenza di quanto, anche senza collaborazione da parte di loro due, esse avrebbero potuto avere a trovare autonomamente i quadri, e a impiegarli per raggiungere di propria iniziativa il loro mondo; e l’evidenza di quanto, al contrario, senza la collaborazione delle figlie di Desmair, loro due non avrebbero probabilmente avuto a potersi illudere di trovare autonomamente i quadri, ritrovandosi in ciò condannati a soggiornare per sempre in quella realtà maledetta.
Non una scelta reale, quindi, quanto e piuttosto una decisione obbligata quella che stava venendo lì loro offerta... e una decisione obbligata alla quale, pertanto, non poterono che ritrovarsi a rispondere affermativamente.
« E sia. » annuì quindi Be’Wahr, dopo uno scambio di sguardi con M’Eu, a ricercare, e a ottenere, da parte sua intesa in tal senso.
« Però, una volta giunte nel nostro mondo, dovrete tutte impegnarvi a rispettare l’autorità di una persona. » precisò M’Eu, a voler porre una condizione molto importante alla questione, e una condizione che, sperava, avrebbe potuto essere per loro una clausola di salvezza ove le cose si fossero messe male.
« Di chi si tratta...?! » domandò Siggia, volendo comprendere di più nel merito dello scenario che quei due stavano prospettando per lei e per le sue sorelle prima di avere ad accettare.
Nessun commento:
Posta un commento