11 gennaio 2008 - 11 gennaio 2018: dieci anni con Midda's Chronicles!

Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.


Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!

Scopri subito le Cronache di Midda!

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E siamo a... QUATTROMILA!

Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!

Grazie a tutti!

Sean, 18 giugno 2022

domenica 12 settembre 2021

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L’organizzazione dei turni di guardia alle otto porte della fortezza si dimostrò essere strutturata su tre turni di circa otto ore l’uno, benché, in quella particolare realtà, non avesse a esistere una reale alternanza fra il giorno e la notte, in un contesto di fondamentale e perenne semioscurità qual quello in cui si erano ritrovati a essere sotto quelle pesanti nuvole. Cioè: per quanto avrebbero potuto saperne, forse il giorno e la notte si alternavano anche in quel mondo, passando da una semioscurità a un’oscurità totale. Ma nelle prime trenta ore, circa, che trascorsero in quella realtà, nulla di tutto ciò ebbe mai a palesarsi evidente, suggerendo, al più, un’estensione della durata del giorno in termini decisamente superiori a quanto mai avrebbe potuto essere considerato consueto per loro. Comunque, che i giorni fossero di ventiquattro ore o di centoventiquattro ore, a poco avrebbe potuto loro importare, soprattutto nella speranza di non avere a prolungare eccessivamente la propria permanenza in quelle terre maledette. Quanto importante, piuttosto, avrebbe avuto a dover essere per l’appunto riconosciuto quell’alternanza fra le guardie, e quell’alternanza su turni di circa otto ore l’uno.
Otto porte con tre turni di circa otto ore l’uno, suggerivano una presenza di non meno di quarantotto di quei mostri. E durante la loro cauta perlustrazione dell’intero perimetro della fortezza, Be’Wahr e M’Eu ebbero a confrontarsi con la loro tutt’altro che squisita varietà di forme e dimensioni, benché, in effetti, dal punto di vista delle dimensioni, fossero comunque tutti tendenti all’eccesso, in termini tali da rendere persone come Be’Wahr o lo stesso Ma’Vret, generalmente riconoscibili qual ben piazzate, pressoché degli scriccioli a loro confronto. Diverso discorso, altresì, avrebbe avuto a doversi intendere quello delle forme, e di forme che, in effetti, non sembravano voler prevedere particolare omogeneità fra i supposti figli di Desmair, mostrando, piuttosto, un’evidente univocità a distinguere ognuno fra loro: un’univocità comunque accomunata da due caratteristiche comuni fra tutti loro, quali quella sorta di albinismo già riconosciuto nei primi due da loro incontrati, con pelle bianca, capelli chiarissimi e occhi rossi, e la presenza di corna nere. Corna censibili in numeri estremamente variegati, da una a una dozzina, e conformate nelle maniere più originali possibili, e pur sempre corna, grosse corna di colore nero. In effetti, stando alle cronache relative all’incontro fra Midda e Kah, anche il dio padre di Desmair, e, in ciò, nonno di quelle creature, avrebbe avuto a vantare una vivace presenza di corna attorno al proprio capo, ordinate in una sorta di corona: una sorta di caratteristica distintiva, forse e quindi, di quella linea di sangue, e di una linea di sangue che, trovando origine di Kah, e proseguendo in Desmair, aveva raggiunto una certa diffusa estensione in quella nuova generazione.
In effetti, accanto all’albinismo e alle corna, un terzo, inquietante dettaglio avrebbe potuto essere considerato lì presente ad accomunare tutti coloro i quali avevano avuto occasione, sino a quel momento, di contemplare: il loro genere sessuale e un genere sessuale che, al di là dell’originalità anatomica propria di ognuno di essi, avrebbe avuto a doversi riconoscere declinato soltanto al maschile, nella più totale assenza di donne fra quelle schiere. Certo: facile sarebbe stato ipotizzare quanto un’eventuale progenie femminile di Desmair potesse star venendo assegnata ad altro genere di mansioni rispetto a quei turni di guardia fuori dalle mura, e mansioni allor condotte all’interno della fortezza. Ma, ciò non di meno, la totale assenza di donne non poté non essere notata da parte di Be’Wahr e M’Eu, offrendo spazio a non poche domande a tal riguardo. Domande le quali, comunque e per quanto loro concernente, avrebbero anche potuto restare quietamente prive di risposta, là dove, in fondo, la loro priorità non avrebbe avuto a doversi intendere qual quella di comprendere quella società, quanto e piuttosto quella di comprendere come evitare ogni contatto con la stessa, per raggiungere quel dannatissimo quadro all’interno della fortezza e, attraverso di esso, potersi sospingere a tornare al proprio mondo natale, alla propria realtà originale.
Un ritorno a casa, il loro, che avrebbe avuto a doversi considerare auspicabile anche per una ragione squisitamente pragmatica, riconducibile ancora una volta a un discorso di sopravvivenza e, ciò non di meno, non nei termini più ovvi e banali ai quali chiunque avrebbe potuto appellarsi nel confronto con un mondo avvelenato come quello e con il pericolo rappresentato dai figli di Desmair: l’evidenza di quanto, oramai, fossero terminate le loro scorte d’acqua.

Nel vivere la vita di un avventuriero, vita peregrina e sicuramente ricca di emozioni, quello dell’approvvigionamento di cibo e, soprattutto, di acqua, non avrebbe avuto a dover essere frainteso un problema di minor importanza. E se pur l’argomento del cibo avrebbe potuto essere quietamente affrontato razionando le proprie scorte di carne o frutta secca, quello dell’acqua non avrebbe avuto a dover essere banalizzato qual un problema ininfluente, nella difficoltà, comunque, a trasportare seco ingenti quantitativi della stessa a confronto, tuttavia, con una richiesta indubbiamente superiore, e più urgente, rispetto a quella propria del cibo.
Abitualmente, in verità, il problema dell’acqua avrebbe avuto a poter trovare facile possibilità di risoluzione nel confronto con le risorse naturali circostanti, là dove, a meno di non essere finiti nel bel mezzo di un deserto, o della Terra di Nessuno, la disponibilità di pozzi, laghi e corsi d’acqua non sarebbe mai venuta meno. Purtroppo, il contesto proprio del mondo per loro ora circostante, avrebbe avuto a dover essere catalogato esattamente fra gli ambienti problematici, e ambienti nei quali anche ove fosse stata trovata una qualche sorgente d’acqua, difficilmente avrebbe avuto a doversi fraintendere saggio abbeverarsi a essa. E così, proprio malgrado, forse più dei loro antagonisti e certamente più dell’ormai minima riserva di cibo, quanto più avrebbe avuto a gravare sul futuro di Be’Wahr e di M’Eu, avrebbe avuto a doversi riconoscere la questione idrica.

« Non sono bravo in questo genere di calcoli, ma credo che ci restino non più di una dozzina di ore prima di iniziare a subire i primi effetti negativi della disidratazione... » sospirò Be’Wahr, decidendo di affrontare il problema e di affrontarlo come sprone utile a spingerli ad agire, dopo quelle ultime ore di quieta osservazione e studio dei loro antagonisti « ... ergo sarà meglio fare ritorno quanto prima al freddo e al gelo proprio dei monti Rou’Farth, e alla loro gradevolissima riserva d’acqua nella forma di neve e ghiaccio. »
« Concordo. » annuì M’Eu, serio in volto a quella prospettiva « Se è vero che la morte è sempre e comunque morte, credo che ci siano modi migliori per morire rispetto alla morte per sete. »
« Idee utili a evitare lo scontro diretto con i nostri avversari...?! » domandò allora il biondo, anticipando l’interrogativo che temeva avrebbe potuto essergli rivolto, nella più totale assenza di proposte utili a tal riguardo.
« Chiunque siano questi rossi, abbiamo avuto occasione di comprendere come ne siano tutti decisamente ossessionati. » ragionò quindi il figlio di Ebano, cercando di rimettere in ordine le proprie idee e di farlo in condivisione con l’amico, nella speranza che, così facendo, potesse saltare fuori qualcosa di positivo « I desmairiani sorvegliano tutti gli ingressi della fortezza con assoluta attenzione, magari concedendosi a tratti dei battibecchi e dei momenti di confronto, ma mai trascurando il proprio compito. » puntualizzò, con una smorfia che vide le sue labbra conformarsi in una sorta di sorriso tirato verso il basso « Pensare di riuscire ad avvicinarci alle porte senza attrarre la loro attenzione non è possibile... »
« Concordo. » dichiarò Be’Wahr, attento alle parole dell’interlocutore « ... desmairiani?!... » chiese poi, aggrottando appena la fronte a confronto con quel vocabolo decisamente inedito.
« Sì. » si strinse fra le spalle l’altro, con noncuranza « Mi sembra un po’ meglio che definirli semplicemente “quei mostri bianchi con le corna”... » si giustificò, motivando il senso di quel nuovo termine.
« Non è male. » approvò allora il biondo, sorridendo verso di lui « Certamente è più originale rispetto a “ritornati”... » specificò poi, ponendo quel termine a confronto con quello con il quale gli zombie senzienti generati involontariamente da Midda qualche tempo prima avevano deciso di autoproclamarsi « Ogni volta che si parla di loro vado sempre in confusione, non comprendendo di chi stiamo parlando e da dove sia ritornato. » osservò, non privo di autoironia a confronto con i propri limiti in tal senso.

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