« Ma cosa...?! » esclamò, voltandosi con non poca sorpresa il terzo mostro, il torturatore, nel mentre in cui dalla gola dei propri due compari, dei propri due fratelli, esplodevano, inattese e impreviste, alte grida di dolore.
Nota positiva: per quanto figli di Desmair, a differenza di Desmair, semidio immortale, quei mostri potevano essere feriti, sanguinare e provare dolore come qualunque creatura mortale.
Mentre il loro genitore, infatti, in quello che era stato un tempo il suo corpo, si era sempre dimostrato pressoché indifferente a qualunque atto di violenza a proprio discapito, fosse un taglio, una perforazione, una mutilazione o, persino, una decapitazione, non avendo a smarrire neppure una singola goccia di sangue e, anzi, quietamente ricomponendosi come se nulla fosse, in termini invero non poi dissimili da quelli propri di un ritornato; i due mostri allor colpiti da parte di Be’Wahr e di M’Eu non soltanto si dimostrarono chiaramente suscettibili a quegli attacchi, ma ebbero a esprimere in maniera chiara il dolore allor derivante da tutto ciò, oltre che ad accompagnare tali ferite con abbondanti sversamenti di sangue, e di rosso sangue che allor ebbe a risaltare chiaro sulla loro candida pelle simile ad avorio.
Non una sorpresa, in effetti, avrebbe avuto a dover essere considerata quella, fosse anche e soltanto a confronto con la terrificante e impietosa sorte a cui stava venendo condannata la prigioniera. Ciò non di meno, quasi come tale non poté che essere accolta dai due compagni d’arme, i quali, in quel frangente, avevano agito senza troppa cura per i dettagli, senza troppa attenzione ai particolari, e neppure al particolare che, in fondo, quei dannati avrebbero potuto avere a dimostrarsi immortali alla stregua del loro genitore, e alla stregua del loro genitore del tutto indifferenti a qualunque sforzo a loro discapito. Così non fu, tuttavia, e ciò non poté che risultare qual una piacevolissima sorpresa per entrambi... e una sorpresa utile a permettere loro di tornare ad avere fiducia nell’idea di un qualche genere di futuro innanzi a sé.
E così, nel mentre in cui il mostro colpito dal biondo mercenario cadde a terra morto, in conseguenza alla distruzione del suo stesso cuore, quello aggredito dal figlio di Ebano crollo egualmente al suolo perché incapace a reggersi ancora in piedi, solo per potersi, in tal maniera, esporre a un nuovo colpo della spada del giovane e un colpo che, allora, andò a decollarlo, ponendo una netta separazione fra il suo capo cornuto e il resto del suo nerboruto corpo.
« Non so come siate arrivati sino a cui, luridi insetti... ma avete commesso un mador... »
Probabilmente quanto il sadico carnefice avrebbe desiderato definire qual commesso da parte loro avrebbe avuto a doversi intendere qual un madornale errore. Ma, allorché perdere stolidamente tempo in chiacchiere, suo pari, Be’Wahr non ebbe a concedersi esitazione alcuna, saltando letteralmente sull’enorme corpo del mostro appena abbattuto soltanto per concedersi lo slancio utile a sospingersi verso il capo dell’ultimo avversario ancora in piedi e, con tutta la forza dei suoi muscoli, e di quei muscoli comunque possenti al di sotto dei suoi assurdi bendaggi, a piantare in profondità la propria lama, ancor grondante del sangue del primo antagonista abbattuto, dritta al centro del suo cranio, penetrando dall’alto verso il basso e lì andandosi a smarrire, ancora una volta, sino all’altezza dell’impugnatura.
Così, prima ancora che quella frase potesse trovare occasione di conclusione, a concludersi fu la vita di quel mostro, il quale altro non poté fare che crollare a terra, e crollare a terra al centro dei propri due degni compari, egualmente defunti...
« ... dei misericordiosi... » gemette M’Eu, riuscendo solo in quel momento a riprendere a respirare, e scoprendosi obiettivamente in affanno per la furiosa repentinità di quello sviluppo « ... lo abbiamo fatto davvero?!... » esitò, sinceramente in dubbio a confronto con l’idea di quanto appena accaduto.
« ... così pare... » commentò Be’Wahr, rialzandosi dal cadavere del terzo antagonista, insieme al quale era, ovviamente, crollato a terra, con la mano ancora saldamente chiusa attorno all’impugnatura del suo coltellaccio.
« ... oh dei... » si ripeté il primo, chiaramente sorpreso a confronto con quanto accaduto, probabilmente incapace ad accettare di essere riusciti a sopravvivere a quell’azione e a quell’azione a confronto con la quale pur non avevano esitato « ... grazie. Grazie davvero... » soggiunse, in direzione delle divinità così già invocate, e invocate nella maniera più amplia possibile, a includerle pressoché tutte, per non rischiare di avere a dimenticarne una in particolare.
Difficile sarebbe stato, allora, riconoscere un qualche intervento divino a sostegno del loro operato, e del loro letale operato condotto a compimento praticamente nell’intervallo proprio di un fugace battito di ciglia. E, ciò non di meno, innanzi alla smisurata mole dei tre corpi sopra i quali, in quel momento, essi svettavano, difficile sarebbe egualmente stato, allora, non riconoscere alcun reale merito alla grazia di un qualche dio, o dea, che doveva necessariamente aver vegliato su di loro, ad assicurare loro quell’occasione di sopravvivenza.
« ... muoviamoci. » suggerì il biondo, ritrovandosi costretto a puntare il piede contro il cranio del proprio antagonista, per essere in grado di estrarre la lama dal medesimo, tanto a fondo si era andata a conficcare nell’osso « Non sappiamo quanti ce ne siano in giro qui attorno... e la nostra fortuna potrebbe esaurirsi presto. »
Costretti, quindi, a posticipare a momenti migliori eventuali festeggiamenti per lo straordinario successo proprio di quel confronto, Be’Wahr e M’Eu non poterono allor ovviare a voltarsi in direzione di colei per la quale tanto avevano appena rischiato. E questa, per nulla spaventata da ciò a cui aveva assistito, quanto e piuttosto necessariamente rasserenata a confronto con la prospettiva di un’inattesa pausa nella propria pena, non poté fare altro che ritrovarsi a osservare con un misto di stupore e curiosità quegli umani, e quegli umani saltati fuori apparentemente dal nulla.
« Cerchiamo delle tenaglie... o qualcosa di utile per fare leva su questi chiodi. » invitò allora Be’Wahr in direzione del compagno, osservando le caviglie di lei, e cercando, in tal senso, di non avere a distrarsi nel confronto con le oscene ferite lì presenti « Dannazione... sono grandi come il manico di un martello. » commentò, storcendo appena le labbra verso il basso, ritrovandosi costretto a dubitare di non poter avere fisicamente la forza di estrarre simili, giganteschi blocchi dalla pietra, e dalla carne, entro la quale erano stati sospinti a forza.
E se, in quelle parole, chiaro apparve il loro desiderio di soccorrerla, la figlia di Desmair non poté negarsi opportunità utile a prendere voce, e a prendere voce per cercare di comprendere meglio che cosa potesse star accadendo...
« ... chi siete? Vi mandano le mie sorelle...?! » esitò, incerta a tal riguardo, là dove decisamente improbabile avrebbe avuto a doversi intendere simile scenario e, ciò non di meno, non riuscendo a identificare una spiegazione migliore utile a giustificare la loro presenza lì, in quel momento, e, soprattutto, il loro altrimenti folle intento di aiutarla.
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