11 gennaio 2008 - 11 gennaio 2018: dieci anni con Midda's Chronicles!

Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.


Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!

Scopri subito le Cronache di Midda!

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E siamo a... QUATTROMILA!

Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!

Grazie a tutti!

Sean, 18 giugno 2022

venerdì 21 marzo 2008

071


« P
er Gah’Ad! » inveì egli, sgranando gli occhi nello scoprire la difficoltà di quel gesto « Ma cosa succede? » chiese spontaneamente, tentando di voltare il capo per intravedere qualcosa dietro la propria schiena, per comprendere la ragione per cui le proprie mani non riuscivano a raggiungersi l’un l’altra al contrario di quelle di lei.

Midda si ritrovò a dover stringere le labbra in una smorfia sorridente per evitare di scoppiare a ridere a quella scena, divertendosi nello spettacolo possente e virile ma al tempo stesso impacciato che l’uomo le stava offrendo.

« Forse è meglio che inizi da posizioni più semplici, colosso. » sorrise lei, accarezzandogli appena il petto gonfio nella tensione muscolare per poi raccomandarlo con tono tranquillo « Non sforzarti ora… o rischi di farti male. »
« Ma è un’assurdità… » commentò Av’Fahr, riferendosi alla propria incapacità a compiere un gesto per lei tanto semplice.
« Hai una muscolatura troppo sviluppata, per questo non riesci. » ridacchiò ella, scuotendo il capo « Ripeto: è meglio che non ti sforzi, o rischi di provocarti uno strappo o, peggio, di slogarti una spalla. »

L’uomo, a malincuore, acconsentì a prestare questa volta attenzione alle parole della donna guerriero, abbandonando quella futile prova e non riuscendo ad evitare di provare un leggero imbarazzo per quel fallimento. Nel riportare le braccia in posizione più consona, avvertì non poco le conseguenze di quel suo tentativo e comprese che se, in effetti, avesse continuato avrebbe potuto farsi anche molto male.

« Riesco a piegare i ferri da cavallo a mani nude eppure sono così fisicamente legato. » storse le labbra, ammettendo il proprio limite.
« Non avertene a male: la maggior parte degli uomini è convinta che il segreto della vittoria in un duello si fondi unicamente sulla forza delle proprie braccia, delle proprie spalle, delle proprie gambe. » sorrise lei, incrociando gli arti sotto ai seni prosperosi « La forza è importante… ma un guerriero non può basare tutte le proprie possibilità di vittoria in una sola risorsa. »

L’uomo tornò, in quelle parole, a guardare con curiosità la donna, iniziando a domandarsi interiormente se tutte le storie che gli erano state narrate in merito alla di lei bravura, alla di lei abilità combattiva, fossero reali o frutto di qualche eccessiva mitizzazione: pur fidandosi ciecamente dei giudizi del loro capitano, i racconti ascoltati attorno alla figura di Midda erano sempre stati tanto incredibili da apparire inverosimili, come nel caso della battaglia di Meriath. Ritrovandosi di fronte ad ella, però, egli non poté non percepire una sorta di aura di intrinseca forza emanata dal di lei corpo, dal di lei animo, verso la quale provò un’istintiva soggezione.

« Salge parla da sempre di te come di una delle più grandi guerriere dei nostri tempi. » disse tranquillo nella voce.
« Se lo dice lui… » commentò ella, facendo spallucce « Personalmente evito di cercare lodi, preferendo che siano i fatti ad esprimere il valore più delle parole. »
Un istante di silenzio seguì quell’affermazione, momento di riflessione che trovò conclusione in una semplice parola: « Combattiamo. »

La donna restò immobile a quell’invito, a quella sfida, non sapendo come reagire: non comprendeva per quale ragione l’uomo potesse volerla combattere, volerla affrontare, nel momento in cui un istante prima essi stavano parlando in maniera del tutto pacifica. Di certo, però, quel colosso d’ebano non la spaventava ed, anzi, la sua mano destra poteva già considerarsi pronta a scattare verso di lui, per colpirlo con il nero del proprio metallo se solo egli avesse rappresentato una reale minaccia.

« Cosa vuoi dire? » domandò ella, scuotendo appena il capo ma restando con i sensi all’erta.
« Dici che i fatti possono esprimere il valore meglio delle parole… e sono concorde con te. » spiegò il marinaio « Affrontami e dammi prova delle tue capacità, concedimi di capire se davvero sei la donna di cui tanto ho sentito parlare... consideralo, se preferisci, un esercizi fisico. »
Ella sorrise, comprendendo ora le ragioni dell’uomo ed annuendo appena con il capo: « Sono d’accordo. Niente armi ed il primo sangue stabilirà il vincitore. » propose, riassumendo le semplici regole che spesso erano adottate in tali frangenti, nei duelli di allenamento « A te la mossa. » aggiunse poi invitandolo.

Av’Fahr, dimostrando di non essere uno sprovveduto, di non essere del proprio privo di capacità guerriere e di una mente per ragionare, evitò quello che molti altri avrebbero fatto a quel punto, ossia tentare di attaccarla istintivamente, sperando di travolgerla con la propria forza, con la propria energia. Al contrario arretrò appena da lei, portandosi in una posizione di guardia che proponeva entrambe le mani aperte, con le palme rivolte in avanti: la sinistra restò più esposta rispetto all’altra, coprendo l’area difensiva inferiore, appena sopra le ginocchia lievemente piegate a stabilizzare il peso; mentre la destra si mosse a permettere il controllo dell’area superiore, davanti al di lui petto massiccio.
Midda sorrise nel riconoscere quello stile di combattimento, tipico di alcuni marinai e pescatori dell’est, evidentemente appreso dall’uomo nel rapporto con Salge, Ron-Hun o qualche altro originario del continente di Hyn. Dal canto suo, invece, ella decise di restare assolutamente immobile nella posizione assunta, con le braccia incrociate al petto, come se nulla fosse. I di lei occhi, soltanto, tradivano la concentrazione del momento, l’animo già rivolto al combattimento: le pupille, infatti, erano tornate a stringersi al punto tale da sembrare scomparire all’interno delle iridi di ghiaccio, lasciando gli occhi quasi risplendere di luce propria nell’oscurità della sera.
Dopo un lungo momento di studio reciproco, a cercare di comprendere l’avversario nel tentativo di pianificare una corretta strategia offensiva, l’uomo decise di scattare, dimostrando più rapidità ed agilità di quanto non potesse apparire dalla sua massa ipertrofica: in un movimento fluido come quello delle onde del mare, egli si mosse contro di lei abbassandosi e reindirizzando il proprio baricentro da una posizione posteriore ad una anteriore, gravando di conseguenza quasi tutto il proprio peso improvvisamente sulla gamba destra e sferrando, contemporaneamente, un forte colpo diretto esattamente all’altezza del ventre della donna con la stessa mano destra. Ella, appena sorpresa per tanta scioltezza, non si fece comunque cogliere impreparata: la guerriera, come se avesse potuto seguire ad una velocità rallentata l’evolversi dell’attacco del marinaio, si limitò a cambiare la propria posizione muovendo un passo lateralmente e lasciando finire così l’offesa nel vuoto accanto a sé.

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