11 gennaio 2008 - 11 gennaio 2018: dieci anni con Midda's Chronicles!

Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.


Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!

Scopri subito le Cronache di Midda!

www.middaschronicles.com
il Diario - l'Arte

News & Comunicazioni

E siamo a... QUATTROMILA!

Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!

Grazie a tutti!

Sean, 18 giugno 2022

domenica 29 giugno 2008

171


[Passo 28]

Da un certo punto di vista, per la mercenaria la nuova caduta fu meno rischiosa della precedente, ritrovandosi scaraventata all’interno di un pozzo più largo, più spazioso di quello già percorso, con meno probabilità di veder infrangere il proprio futuro, e le proprie ossa, contro sporgenze laterali, contro spigoli rocciosi da cui non avrebbe avuto possibilità di difesa. Contemporaneamente a ciò, però, l'incertezza della conclusione di quel nuovo percorso, unita alla presenza delle due anfesibene, offriva un coefficiente d'azzardo indubbiamente maggiore: in quella frana, infatti, le creature avversarie avrebbero potuto cogliere l'occasione per portare a termine ciò che avevano macabramente iniziato a compiere ed, in questo, presentarsi più numerose e più minacciose di prima contro di lei, dovunque ella avrebbe potuto ritrovarsi, forse addirittura privata temporaneamente di sensi ed inerme in ciò di fronte ad esse. Una prospettiva, per questo, assolutamente non gradevole.
Al pari di quanto già vissuto nel precedente trabocchetto, anche in questa occasione a Midda fu negata ogni possibilità di coglierne il più semplice frammento d'immagine, ogni sforzo di poter intuire l’ambiente attorno a sé e ciò che in esso si trovava ad essere, calata quale ella era nell'oscurità più totale: al di là delle tenebre, in effetti, sarebbe comunque risultato difficile, se non impossibile, osservare la realtà attorno a sé in conseguenza della presenza in quella caduta, oltre a se stessa ed ai propri avversari, anche tutti i pezzi di corpi umani in decomposizione nella melma putrefatta prima presente nella sala circolare. Tale sgradevole composto, umanamente, le stava già rendendo problematica la respirazione, nel di lei normale rifiuto di fronte alla possibilità di ingerire anche la benché minima parte di quella poltiglia: ma proprio in quel di lei respiro trattenuto, comunque, ella ritrovò un'evidente fortuna, o la conseguenza positiva di una corretta scelta tattica, nel momento in cui al tunnel scavato nella roccia in cui era precipitata non venne concesso un nuovo sbocco esterno. Non in una sala, non in una nuova stanza si poneva la conclusione di quel pozzo, quindi, ma in un budello chiuso ed oscuro, nel quale da epoche remote veniva gettata, volontariamente o involontariamente, parte della melma superiore nel momento in cui il trabocchetto fosse stato attivato: ella vide, pertanto, il proprio corpo affondare con violenza nel brago, immergendosi in esso con forza nel porre fine alla propria caduta e da esso trovando altresì attutito l'impeto acquisito nel percorso verticale compiuto.

« Dannazione! » imprecò gemendo, riemergendo dal putrefazione mortale, cercando aria.

In effetti, paradossalmente fu solo in virtù di tale melma che ad ella venne concessa l'occasione di trovare difesa dai propri avversari, nel mantenere intatta la propria coscienza, nel non smarrire in quell’impatto i propri sensi. Se, sciaguratamente, ella fosse svenuta al termine di quella caduta, pur sopravvivendo ad essa, avrebbe visto la propria morte giungere per mano delle anfesibene, ormai non più visibili, non più offerte al di lei sguardo, ma feroci e terribili più di prima, evidentemente rigenerate come da loro desiderio nel percorrere quella voragine. Senza concederle tempo per elaborare un qualsiasi pensiero, i denti di quei serpenti bicefali tentarono di straziare le di lei carni, affondando nelle sue forme femminili, nei di lei muscoli con evidente ira: ella, ora impossibilitata a condurre a segno i propri colpi con la lama nella di lei mancina, tanto per l'oscurità quanto per la putrefazione in cui era precipitata che ne legava i movimenti, intervenne altresì con la propria mano destra ad opporsi a quegli avversari, combattendoli a sua volta simile ad animale, strappandoli dal proprio corpo con freddo controllo, frantumandone i crani con contenuta ira. In un turbine di sangue e dolore, da parte di entrambe le fazioni in contesa, la donna guerriero perse il conto di quanti potessero essere i propri nemici, di quanti teste avesse distrutto nell'impeto della propria furia combattiva: improvvisamente, però, tutto tacque e la calma sembrò essere nuovamente imposta in quel buco privo di vita, di luce, di speranza.
Per lunghi istanti Midda restò quasi completamente immobile, tendendo le orecchie a cercare certezza sulla conclusione di ogni pericolo, a cercare di comprendere se davvero le anfesibene, indipendentemente dal numero che potevano aver ormai raggiunto, fossero realmente morte. Ogni di lei movimento era limitato unicamente a quello indispensabile delle gambe, nuotando letteralmente nella fanghiglia decadente che altrimenti l'avrebbe ricoperta ed affogata, in una consistenza non eccessivamente diversa da quella delle sabbie mobili ma, fortunatamente per lei, meno magnetica. In quel periodo, forse breve o forse eternamente lungo, ella rivolse ogni senso attorno a sé, fino a quando non si ritenne relativamente sicura che attorno a lei, in quel miscuglio informe di corpi macellati e strani liquami organici, fossero anche i resti inanimati dei propri avversari.

« Thyres... » sussurrò, in un lieve e più che motivato gemito di dolore per i danni conseguiti « Ed ora? »

Prima che le fosse, però, concesso di riprendersi dalla violenza della lotta e che le fosse offerta l'occasione di riflettere sul da farsi, un nuovo meccanismo si vide azionato, forse da lei, forse da un semplice temporizzatore o forse per volere degli dei, aprendo la via ad un nuovo scivolo nel quale la mercenaria venne risucchiata senza possibilità di fuga, trascinata in un nuovo travolgente ed oscuro percorso.

Prosegui con il [Passo 32].

[Passo 29]

« Cagna! » gridò Midda contro se stessa, in un impeto d'ira, gettandosi a testa bassa verso l'avversaria.

L'idea stessa dell'esistenza di quel doppelgänger turbava la mercenaria più in profondità di quanto non volesse ammettere, coinvolgendo una serie di ricordi che avrebbe preferito lasciar sepolti nel proprio animo ma che, invece, tornavano sempre a chiederle pegno, in una condanna forse divina per colpe che non riconosceva di avere.
Con un balzo felino, pertanto, ella levò la propria spada contro l'altra versione di sé, menando un feroce fendente che avrebbe potuto decollarla senza alcuna esitazione, ponendo fine a quello scontro. L'altra donna, però, reagendo con controllo e freddezza all'ira di quell'attacco, tentando di celare in tale comportamento un comunque evidente disagio, mosse la propria lama identica a quella forgiata dalle mani di Lafra Narzoi, e donatale in tempi recenti, per parare quel colpo, in un confronto di pura forza fisica estraneo allo stile di entrambe.

« Stai lottando come un principiante. » la rimproverò, di fronte all'enfasi posta in quel tentativo d'offesa « Non sei degna di dimostrarti con il mio volto, con il mio nome! »

A quelle parole la donna guerriero dovette riconoscere ragione, ritirandosi immediatamente da quel confronto muscolare per riguadagnare la tipica calma, l'assoluto dominio sulle proprie emozioni a lei più congeniale, ritornando all'attacco di quella sua sosia con una più sapiente e corretta tecnica schermitrice.
Il duello che così derivò fra le due identità della mercenaria apparve privo di eguali, uno scontro epico che vide due forze assolutamente equivalenti cercare di portare a turno colpi perfetti e mortali quasi a segno, salvo finire continuamente per essere deviati, parati, per vedere resi nulli tutti gli sforzi addotti. Dove da un lato la lama veniva mossa verso una direzione, dall'altro lato l'altra spada rispondeva puntuale ed efficace a rendere vano tale gesto; dove dall'altro lato la spada tentava di affondare nel ventre avversario, da quello opposto uno scarto agile vedeva quella lama solcare inutilmente l'aria. Ben presto, in uno stallo derivante da assoluta parità che non avrebbe potuto vedere alcuna dominare sulla controparte, entrambe le avversarie iniziarono ad offrire meno grazia alle proprie tecniche in favore di nuovi trucchi, gesti improvvisi ma mai improvvisati che videro coinvolti calci, pugni, movimenti del capo, nel desiderio di introdurre un fattore di vantaggio in quello scontro, un nuovo addendo utile a rendere iniqua quella situazione troppo equa: nulla di tutto ciò, comunque, servì allo scopo, ritrovando nella controparte sempre una pronta risposta ad ogni sforzo, ad ogni ipotesi d'offesa.

« Devo ammettere che sei un'avversaria degna di rispetto... » dichiarò sottovoce l'altra donna « Non mi aspettavo riuscissi a sopravvivere fino ad ora. »
« Non so chi tu sia, ma la tua sicurezza ti si rivolterà contro! » rispose Midda, scuotendo il capo prima di muoversi ancora all'indietro, a porre spazio fra sé e la propria avversaria « Il tuo aspetto non ti salverà dalla mia condanna. »

La sfida riprese senza esclusione di colpi. Ad un sgualembro dritto veniva offerto in risposta un dritto tondo, ad un montante si replicava con un fendente, ad un affondo veniva concessa una stoccata, in un costante equilibrio di forze che non sembrava poter trovare in alcuna delle controparti speranza di vittoria. Il pugno destro di una delle contendenti venne rivolto al viso dell'altra che ne evitò l'impatto e rispose gettando il proprio ginocchio sinistro contro il fianco avversario, a sua volta fallendo in tale traiettoria; un piede mancino, in un violento calcio laterale, cercò di colpire il mento dell'avversaria, ritrovandosi altresì ad impattare contro la stessa gamba levata in senso opposto. Nella scherma, nella lotta corpo a corpo ed addirittura nelle, poche, tecniche del continente di Hyn che a Midda erano date di conoscere, il combattimento proseguiva inesorabile, forse eterno: per quanto probabilmente alcuna delle due sfidanti avrebbe mai voluto ammetterlo, alcuna fra loro nulla avrebbe mai potuto contro l'altra, in un equilibrio di abilità, di forze ed, anche, di stanchezza che rendeva la situazione troppo omogenea per ritrovare speranza di soluzione.
Ad entrambe, però, il tempo non era donato come lusso da poter sprecare e, nella consapevolezza di quanto tutto ciò stesse portando tremendamente vicini alla morte i bambini, cercarono quasi contemporaneamente evasione l'una dall'altra, dovendo raggiungere soluzione in altro modo a quel conflitto quasi metaforico.

Prosegui con il [Passo 30].

4 commenti:

Anonimo ha detto...

Uh, mi ricorda un'avventura di d&d in cui i nostri personaggi dovevano tornare da una dimensione che era una specie di purgatorio, ma per farlo dovettero sconfiggere i loro sè stessi rimasti sul primo materiale...

Per me entrambe le Midda sono Midda.

Sean MacMalcom ha detto...

A domani il proseguo e la conclusione dello scontro! :D
Stai tuned e vedrai se hai indovinato o meno!!! :D

Anonimo ha detto...

ho fatto il post con gli ultimi premi ricevuti, e ti ho doverosamente ringraziato :)

simone

Sean MacMalcom ha detto...

@Simone: non c'era bisogno di ringraziarmi! :) Il premio è assolutamente meritato!