11 gennaio 2008 - 11 gennaio 2018: dieci anni con Midda's Chronicles!

Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.


Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!

Scopri subito le Cronache di Midda!

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E siamo a... QUATTROMILA!

Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!

Grazie a tutti!

Sean, 18 giugno 2022

domenica 15 marzo 2009

430


A
ll'interno del regno di Y'Shalf, la suprema autorità governativa, equivalente ai sovrani degli altri regni, si proponeva essere indicata con l'esotico nome di sultano. Tale termine, di derivazione far’gharia come molte altre parole divenute di uso quotidiano nel regno, originariamente si era proposto assolutamente privo di una particolare valenza, ritrovandosi utilizzato, molto banalmente, quale originale traduzione per termini già in uso ad indicare quel medesimo ruolo. Nel corso del tempo, però, ritrovando ancora quale proprio focolaio Far'Ghar e da lì estendendosi inesorabilmente anche in tutti gli altri regni che ne erano stati influenzati a diversi livelli, in molti iniziarono ad associare al termine "sultano", comunque diverso dalla parola "sovrano", un concetto più religioso della monarchia, concedendo in ciò soddisfazione anche per le frange più estreme, più integraliste nella devozione a severe divinità patriarcali, per le quali il ruolo della massima autorità nella nazione non avrebbe mai potuto essere dissociato da un contesto di fede.
In conseguenza di simile evoluzione, probabilmente imprevista ed imprevedibile nelle proprie origini, il sultano divenne non soltanto un principe, un re, un capo per il suo popolo, ma anche un riferimento di natura confessionale per molti: non certamente simile ad un sacerdote, non pari ad un pontefice massimo, ma, comunque, un prescelto dagli dei, benedetto nel loro nome insieme ai propri eredi. Una considerazione particolare che, comunque, pur senza adottare simile vocabolo, ed anche in assenza di evidenti impronte patriarcali nella società, non avrebbe potuto trovare esenti anche molti re e principi lontani da simili tradizioni, i quali, per aumentare la propria influenza sul popolo, non trovavano ragione di disdegnare l'idea di associare il proprio ruolo ad un mandato divino. Non un fenomeno da considerarsi aprioristicamente preoccupante, pertanto, se non in collegamento proprio ai culti verso i quali, sultani o no, avrebbero fatto riferimento, nella duplice possibilità di resistere alla loro influenza, semplicemente sfruttandoli per i propri scopi, o, peggio, di lasciarsi plasmare da essi nell'assolvimento del proprio ruolo e, in ciò, perdendo ogni possibilità di contatto con le esigenze concrete del proprio popolo.
A rispettare la paradossale ma inimica somiglianza esistente fra Y'Shalf e Kofreya, anche in questo confronto, i due regni si proponevano, in effetti, assolutamente similari: se a ponente dei monti Rou’Farth, le famiglie reali non avevano mai ignorato l'utilità di adempiere ai culti relativi ai principali dei delle fedi dei propri sudditi, nel desiderio di rafforzare a livello psicologico e culturale, per scopi puramente politici, il proprio potere non solo su essi stessi ma, soprattutto, sui propri numerosi feudatari; a levante rispetto alla medesima catena montuosa, le diverse dinastie di sultani, per quanto ben lontane dall'integralismo religioso caratterizzante una ridotta fazione dei propri sudditi, non avrebbero mai disdegnato gli attributi sacri loro addotti, in volontà assolutamente comuni ai propri vicini ed antagonisti.

« Non rischi di apparire noiosa… » sbuffò Fath'Ma, divertita dalle repliche della compagna, tanto volutamente grottesche da non poter evitare di coinvolgerla « Lo sei! »
« Un'ottima ragione per lasciarmi sola nella mia noia e tornare a dormire, non trovi? » ironizzò la mercenaria, proponendo tale ipotesi nell'essere comunque già rassegnata a non potersi liberare tanto facilmente della serva y'shalfica, non almeno per la prossima ora nel migliore dei casi.
« Ma non sei emozionata all'idea di come il fato si stia dispiegando favorevolmente innanzi a te? » replicò, più seria, la giovane, cercando di analizzare le reazioni della compagna « Se la principessa Nass'Hya dovesse guadagnarsi i favori del sultano e se tu riuscissi a guadagnarti i suoi, potresti assurgere ad un ruolo di corte, vivendo negli agi del palazzo reale! Come può tutto questo lasciarti indifferente e desiderosa semplicemente di riposo? »
« Sono abituata a non esultare prima del tempo, dove troppi condizionali mi separano da tale possibilità. » replicò Midda, con aria disillusa, decisamente sincera nel rispetto del proprio carattere per tale affermazione, tutt'altro che frutto di banale dissimulazione « Fra voi vi sono serve molto più in gamba di quanto io mai potrei diventare e, così come l'intendente mi ha offerto simile ruolo, già domani potrebbe negarmelo… »

La donna guerriero, cercando di mettere a frutto gli insegnamenti offertile da Carsa in merito a come gestire simili situazioni, nozioni apprese con trasparente interesse nel periodo in cui avevano viaggiato insieme, condividendo una reciproca parte delle proprie esistenze, stava impegnandosi a mantenere coerenza con il proprio ruolo, il personaggio di M'Aydah: ella si stava impegnando, infatti, a mantenere celato entro di sé quanto, al contrario, fosse realmente soddisfatta dell'occasione concessale dal fato, del concretizzarsi di piani formulati molte settimane prima, tale da spingerla incredibilmente vicina al proprio obiettivo, a ciò per cui si era addentrata in quelle terre, nonché all'interno di quei panni sì ampli ma, per lei, comunque troppo stretti e soffocanti, nel dover negare in conseguenza di essi la propria autodeterminazione, la propria libertà.
Sicuramente l'abilità dell'altra mercenaria, che di simile attività aveva fatto la propria specializzazione, avrebbe dato vita ad un personaggio molto più credibile, meglio integrato nella popolazione locale, realmente opposto al proprio carattere, alla propria natura, al punto tale da non rendere quasi neppure necessario un camuffamento fisico per considerarla, a tutti gli effetti, una persona diversa: ciò nonostante, la Figlia di Marr'Mahew non poteva che ritenersi sufficientemente fiera dei propri risultati, pur essendosi riservata all'interno del proprio alter ego una minima possibilità di evasione mentale, di indipendenza psicologica, concretizzata nel sarcasmo che non aveva mai mancato di offrire nei confronti dell'entusiasmo delle altre serve, in momenti di tranquillità simili a quello.

« Pensala come preferisci ma, personalmente, in qualità di tua amica, non posso che ritenermi decisamente felice per tutto questo… » concluse la giovane, levando le mani a chiara dimostrazione di resa, quasi fosse stanca di doversi scontrare con il muro eretto dall'altra « Ma permettimi, per lo meno, di sottolineare come non mi sarà sgradito, quando tu vivrai felice e serena a corte, un tuo eventuale pensiero rivolto in questa direzione, nel ricordarti di chi non ha avuto la tua stessa fortuna e che, magari, potresti trarre a te… » aggiunse, poi, con tono divertito e complice verso di lei.
« Ahh… ora comprendo tutto questo tuo entusiasmo, razza di approfittatrice! » rispose con medesima modulazione vocale la donna, ovviamente scherzando nei confronti dell'altra così come era consapevole ella avesse fatto verso di lei « E poi mi parli di amicizia… »

Al di là del contesto assolutamente allegro e giocoso condiviso fra le due donne, comunque privo di malizia soprattutto da parte di Fath'Ma dove quest'ultima, in effetti, sembrava essere incapace di provarne per quanto Midda avesse avuto modo di comprendere conoscendola, la speranza proposta dalla stessa non sarebbe potuta che risultare assolutamente comprensibile, dall'umile punto di vista in cui ella si poneva, in qualità di serva.
Nell'appartenere, del resto, ad una delle fasce meno agiate della popolazione y'shalfica, oltre che alla metà, quella femminile, più discriminata della medesima non solo in conseguenza degli estremismi religiosi ma, più semplicemente, del meschino animo umano e maschile, la notizia che una propria compagna, considerata forse e addirittura amica, potesse essere stata graziata dal fato al punto tale da venir affiancata ad una possibile futura sultana, non sarebbe potuta essere da lei ignorata, per tutte le ipotetiche conseguenze, sicuramente positive, che avrebbe potuto comportare. Non raramente, del resto, le giovani fanciulle dell'harem ritrovavano proprio nelle serve loro concesse, quanto di più prossimo ad una figura materna sarebbe stata loro possibile mantenere vicina nella propria vita: in conseguenza di ciò, benché simile socializzazione avrebbe dovuto essere disincentivata, tanto nell'osservanza delle regole dell'harem quanto in quelle della vita sociale di Y'Shalf, nel momento in cui esse partivano alla volta delle dimore dei propri promessi sposi, di coloro che le avevano scelte quali mogli, in un modo o nell'altro non mancavano di trovare il modo per condurre con sé anche le proprie serve, ormai troppo affezionate per pensare di separarsene, di rinunciare alla loro presenza.

« Ma è proprio in virtù dell'amicizia che ti parlo di queste cose… » replicò sorniona Fath'Ma, trattenendosi poi a stento dallo scoppiare a ridere.

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