Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.
Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!
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E siamo a... QUATTROMILA!
Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!
Grazie a tutti!
Sean, 18 giugno 2022
Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!
Grazie a tutti!
Sean, 18 giugno 2022
giovedì 19 marzo 2009
434
Avventura
011 - La sposa del sultano
« E' così… » confermò la donna guerriero, arrestando il compimento della propria azione nel gioco per tornare ad offrire nuovo spazio ad una partita ben più importante rispetto a quella apparentemente in corso.
« E…? » la incitò la giovane, ormai impaziente nel desiderio di conoscere la curiosità, il dubbio cresciuto nell'intimo della sua serva in tutto quel tempo, probabilmente già intuendone la natura ma, evidentemente, volendo spronare l'altra ad esplicitarla apertamente, senza ulteriori indugi.
« Tempo fa, tu mi hai concesso una confidenza, lamentandoti del destino che entro i confini di questo harem aveva condotto il tuo presente, dove la tua ambizione ti avrebbe sospinta ben altrove… » rimembrò la Figlia di Marr'Mahew alla propria interlocutrice, con tono contenuto, quasi affaticato nel ritagliarsi tanta libertà nei confronti della medesima, non volendo venir meno alla divisione sociale comunque esistente fra loro almeno secondo l'apparenza nella quale si era mascherata.
« Non rammento di aver usato questi stessi termini. » replicò, però, Nass'Hya, scuotendo appena il capo nel dimostrarsi dubbiosa a tal riguardo « Sei certa nelle tue affermazioni? »
« Chiedo perdono. » chinò umilmente lo sguardo la controparte.
Un momento di silenzio seguì quel breve scambio di parole fra le due: il confronto psicologico in corso si stava concedendo, invero, meno elementare rispetto a quello che il chaturaji avrebbero altrimenti proposto loro, vedendo in ciò anche un azzardo decisamente maggiore rispetto a quello conseguente ad un banale tiro di dadi. Dove Midda avesse commesso, infatti, l'errore di agire con eccessivo anticipo, lasciandosi forse dominare dal proprio desiderio di concludere quanto prima quella missione, dalla propria volontà di dedicarsi ad altro, dove tutto quello si era già prolungato oltre le sue aspettative, avrebbe altresì rischiato di comprometterne l'esito finale, addirittura arrivando a porre in dubbio le sue stesse possibilità di sopravvivenza. Per quanto abile nel proprio mestiere, per quanto da sempre votata più alla guerra ed alla morte che alla vita ed all'amore, ottenendo indubbio successo nel distruggere che non nel creare, ella non avrebbe potuto porsi sola contro un'intera nazione, straniera in terra straniera quale era a tutti gli effetti.
Ma se la principessa non aveva errato nel sottolineare come le parole all'epoca pronunciate fossero state ben diverse, proposte in un'accezione ambiguamente interpretabile, a sua volta la mercenaria non aveva sbagliato nell'intendere il significato altresì proposto.
« Non vi è necessità di scuse, M'Aydah. » riprese la voce della fanciulla, negando l'ultima affermazione offertale « Hai letto giusto in me, dopotutto… »
La donna mantenne il silenzio che già si era imposta, limitandosi in questo a risollevare gli occhi azzurro ghiaccio verso la propria interlocutrice: un invito implicito a proseguire se solo l'altra avesse voluto, dal momento in cui, dopotutto, alcuna risposta era stata ancora offerta alla domanda precedente, alcuna spiegazione era stata proposta a soddisfare la curiosità tanto audacemente rivelata.
« Credi che mi giudicheresti tanto male se ti rivelassi come l'unica ragione in grado di guidarmi in questo harem, nonché in queste assurde vesti, sia stata l'ambizione verso il potere? » le replicò, in quel mentre, la principessa, osservandola intensamente e parlando con evidente sincerità.
Una rivelazione, quella concessa dalla principessa, meno incredibile rispetto a quanto ella avrebbe potuto ritenere, dove semplicemente offrì conferma alle analisi già compiute da lungo tempo dalla mercenaria, fortunatamente per quest'ultima non proponendole un panorama nuovo ma, banalmente, ribadendo una situazione già nota.
Di ciò, naturalmente, la donna guerriero non poté che essere, ovviamente, pienamente soddisfatta: alcun genere di ostacolo aggiuntivo sarebbe stato posto nel percorso già da lungo tempo pianificato, alcuna modifica le sarebbe stata richiesta nel merito di una strategia accuratamente studiata ancor prima di spingersi a superare il valico dei monti Rou’Farth per entrare in Y'Shalf. Se solo, infatti, la principessa avesse dimostrato, avesse proposto un qualche principio ideologico, un qualche valore personale diverso da quello a difesa delle proprie scelte, della propria permanenza nell'harem e del probabile futuro da sultana per il quale in quel luogo avrebbe dovuto impegnarsi, la Figlia di Marr'Mahew avrebbe dovuto inevitabilmente operare con maggiore incisività, per modificare simile pensiero e condurre la giovane a prendere in esame possibilità ben più ampie.
« Forse, in effetti, non sono poi diversa da una prostituta, inseguendo il profitto ad ogni costo… » aggiunse la fanciulla, ritrovandosi ora ella stessa in imbarazzo per la completa assenza di repliche, temendo l'eventualità di un giudizio negativo da parte della propria interlocutrice, colei che aveva imparato, in quei giorni, in quelle settimane a considerare ben più di una semplice serva.
« Non oserei mai giudicarti in tal modo. » negò l'altra, prontamente, ritrovando voce « E' che… ancora non comprendo… »
« Cosa ti sfugge? Domandami, te ne prego… » le richiese la principessa, evidentemente ormai desiderosa di condividere quell'aspetto della sua esistenza, quel segreto in merito alle sue scelte, fino a quel momento mantenuto nel riserbo del proprio cuore.
« Sei una donna intelligente, piena di risorse… capace di spingerti ben oltre a quanto mai chiunque fra tutte noi potrebbe altrimenti ambire nella propria vita. » commentò la mercenaria, in riferimento non solo a se stessa ma a tutte le donne dell'harem, fossero esse padrone o serve, accomunate in fondo da un medesimo destino di sottomissione « Perché se ambizione è quella che sprona i tuoi passi, cerchi un ruolo da sposa attraverso questa istituzione? »
« Perché in alcun altro modo potrei mai tendere al potere del sultano. » ammise l'aristocratica « Del resto non dovrebbe essere per te una novità simile notizia… »
« Non lo è, infatti. » confermò la donna, comprendendo di non poter simulare ignoranza a tal riguardo, dove voci, pettegolezzi, informazioni su tale realtà erano già state diffuse ancor da prima dell'arrivo della principessa all'harem « Ma, fosse anche nel ruolo di sultana, ritieni che potrai essere realmente libera, in una società come questa? »
Una nuova pausa di riflessione coinvolse le due, in quel loro confronto verbale, questa volta non in virtù di un'esigenza di riflessione della mercenaria quanto, piuttosto, della sua interlocutrice, sfidata in simili parole.
Quanto appena pronunciato da Midda, come solo dopo averle proposte ella si rese conto, rimproverandosi per ciò, era stato troppo azzardato, espressione di un'eccessiva libertà di pensiero ed opinione in lei, distaccandola dal ruolo che avrebbe dovuto impersonare. In ciò, a tradirla, era stato il suo animo, i suoi principi personali: essi, recita o no, non avrebbero mai potuto essere soffocati, non sarebbero mai stati messi a tacere, anche dove l'avrebbero potuta porre nei guai.
E Nass'Hya, nonostante il clima di intima confidenza creatosi fra loro, si dimostrò effettivamente troppo intelligente, come da lei sottolineato, troppo lucida per ignorare quell'accenno…
« Parole audaci quelle che mi stai offrendo, M'Aydah. » denotò, con una chiara nota di malizia nella propria voce « Le tue umili origini, il tuo ruolo subordinato, non mi sembrano trovare alcuna speranza di riscontro nei pensieri verso i quali vorresti invitarmi, nelle idee delle quali mi parli… »
« Io… » tentò di replicare, salvo venir interrotta immediatamente.
« Permettimi di rigirarti la domanda che tu mi hai proposto… perché sei qui? » le chiese la principessa, con la stessa decisione, astuzia, bravura che l'avevano sempre contraddistinta durante il corso di una partita.
« Sono qui per servirti, mia signora. » rispose la donna, senza esitazione ma con tono sottomesso, rinunciando in ciò a chiamarla per nome, quasi preferisse riprendere quelle distanze erroneamente eliminate fra loro « E in ciò non mi dovrebbe essere neppure concesso di parlare senza il tuo permesso. Se le mie parole, se i miei pensieri ti sono sembrati inopportuni, provvederò personalmente affinché io possa subire il giusto castigo, denunciandomi all'intendente… »
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