Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.
Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!
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www.middaschronicles.com
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E siamo a... QUATTROMILA!
Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!
Grazie a tutti!
Sean, 18 giugno 2022
Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!
Grazie a tutti!
Sean, 18 giugno 2022
mercoledì 25 marzo 2009
440
Avventura
011 - La sposa del sultano
« Che cosa hai fatto, M'Aydah? » sussurrò, inudibile, la principessa, retrocedendo verso le proprie compagne ed osservando esterrefatta la morte dei due eunuchi, la quale pur essendo assolutamente priva di ogni significato era indubbiamente ciò a cui anche lei aveva corso il rischio di andare incontro.
Ma per quanto Nass'Hya non avrebbe mai potuto comprendere le ragioni che avevano spinto a quell'insano gesto la propria serva, ella avrebbe dovuto esserle incredibilmente riconoscente per quanto aveva fatto e, soprattutto, per come lo aveva compiuto.
Per un istante, o una frazione del medesimo, prima ancora di tradurre il proprio piano da idea ad azione, la Figlia di Marr'Mahew aveva preso in esame diverse alternative in merito alla propria compagna, per decidere in che modo fosse meglio coinvolgerla o non coinvolgerla in simile contesto. Dove ormai, probabilmente, assurdo sarebbe stato tentare di proteggere ancora la propria reale identità dietro il camuffamento offerto da quel burqa, ella aveva pensato addirittura di trascinare dietro di sé la propria protetta: tale idea, per quanto potenzialmente ricca di benefici nell'immediato, concedendole la certezza in merito al controllo sul destino della medesima, avrebbe potuto rivelarsi nel lungo termine più un peso che un vantaggio, ponendole entrambe a rischio e, in ciò, facendo miseramente fallire il senso di quanto aveva compiuto fino a quel momento in Y'Shalf. Al contrario, lasciandola alle proprie spalle, ammesso ma non concesso di riuscire a sconfiggere tutti i guerriglieri ancor prima che essi fossero in grado di attuare il proprio manifesto, quella volontà ideologica tanto osannata, ella avrebbe avuto maggiori possibilità di sopravvivenza ed avrebbe ancora continuato a ritenerla una semplice serva: vile, sicuramente, ma pur una serva e nulla di più. In virtù a simile considerazione, in conseguenza a tale percorso mentale, la principessa era stata abbandonata dalla mercenaria nella sala, là dove una condanna a morte sembrava incombere comunque sul proprio futuro: se ella non avesse commesso follie, entro certi limiti sarebbe stata comunque al sicuro e le avrebbe lasciato libertà di agire, al fine di evitare simile, spiacevole destino.
Disattendendo ogni ipotesi formulata dai guerriglieri, nel merito della sua fuga, Midda non tentò di recuperare una via di uscita, non cercò di abbandonare il monumentale edificio dell'harem, quanto, semplicemente, si diresse verso la propria stanza, alla ricerca della propria spada che, inevitabilmente, avrebbe dovuto essere ancora celata fra i propri effetti personali. Essi dovevano essere stati, infatti, lì trasportati nel corso della giornata lontano da ogni sua possibilità di controllo o supervisione e proprio in ciò, paradossalmente, si propose il primo reale impedimento posto sul suo cammino: l'ignoranza in merito a quale sarebbe dovuta essere considerata quale propria stanza. Non essendoci ancora stata, non avendo ancora avuto alcuna indicazione a tal riguardo dalle guardie dell'harem, dove ciò sarebbe dovuto avvenire solo al termine della serata di festa, ella si trovò obbligatoriamente smarrita fra le alte torri dell'edificio preso d'assedio, costretta a violare ogni camera offertale nella speranza di potersi imbattere nei bagagli appartenenti a lei ed alla sua protetta.
« Thyres… » sussurrò, storcendo le labbra dopo aver preso in esame la prima dozzina di stanze, già stanca della costrizione ad incedere in tal senso « Sarebbe stato meglio mi fossi tenuta la spada sotto la veste… »
Al di là di tale lamento, umano sfogo per la frustrazione conseguente a quella ricerca apparentemente vana, ella era comunque consapevole di come non sarebbe mai riuscita a mantenere la propria spada bastarda sotto il burqa senza farsi scoprire, senza far emergere la sua insolita presenza: se, infatti, quel particolare abito riusciva a celare perfettamente il suo corpo ed i vestiti che manteneva sotto ad esso, impedendo a sguardi curiosi di giungere anche solo ad intuire la cicatrice che solcava il suo viso nel proprio lato sinistro ed il metallo che sostituiva quasi integralmente il suo braccio destro, impossibile sarebbe stato per esso stesso nascondere la forma di una lama, soprattutto lunga tanto quanto quella in questione. Invero, la mercenaria era già più che grata ai propri dei dell'aiuto che le avevano offerto fino a quel giorno, impedendo a chiunque di scoprirla o di ritrovare la sua arma fra i propri effetti personali, fra quei pochi beni che anche una serva, quale lei appariva, avrebbe potuto mantenere accanto a sé.
Fortunatamente per lei, la sua ricerca non venne ostacolata dai propri potenziali avversari, secondo quanto, del resto, aveva già previsto al momento della propria fuga: dove al primo gruppo di guerriglieri non sarebbe interessato inseguirla, certi che del suo destino si sarebbero interessati i loro compagni, questi ultimi non avendo neanche avuto modo di conoscere dettagli in merito a quanto avvenuto, non avrebbero mai potuto offrirle fastidio, dal momento in cui ella non si sarebbe posta interessata a cercare di violare il perimetro da loro presidiato. Forte di tale sicurezza ma consapevole, anche, di non poter impegnare l'intera nottata alla ricerca della propria arma, nel non voler rischiare di perdere la propria protetta in conseguenza di un colpo di testa da parte dei loro rapitori, la donna guerriero non si concesse alcuna possibilità di quiete almeno fino a quando, in una delle poche camere ancora rimaste da controllare, non ritrovò una scatola di legno che ben aveva imparato a conoscere, posta in evidenza in conseguenza di un particolare riguardo con cui doveva essere stata trattata da coloro che fino a lì l'avevano portata.
« Lode al chaturaji… » esclamò con soddisfazione, dove probabilmente solo grazie a quel particolare non aveva superato anche quella stanza come tutte le altre, nell'impossibilità di soffermarsi eccessivamente su ognuna di esse.
Entrando nella stanza e disfacendo rapidamente le stoffe che l'avvolgevano, parte del proprio bagaglio personale, la donna guerriero svelò finalmente al proprio sguardo ed alla luce della luna la lama della propria spada, magnifica nelle tonalità azzurre che ne contraddistinguevano l'origine e la particolare lega con la quale essa era stata forgiata. Ritrovare contatto visivo con il drago nascente dalle acque del mare inciso con stile estremamente raffinato sull'elsa, da parte delle migliori mani artigiane che mai avesse avuto modo di incontrare fino a quel momento, fu per lei una sensazione meravigliosa, un sollievo più unico che raro, concedendole quasi lo stesso benessere conseguente alla riottenuta possibilità di trarre respiro dopo un lungo periodo in apnea, quasi anch'ella, similmente a quella bestia meravigliosa e temibile, stesse emergendo dalle profondità marine. Erano ormai settimane che, per evitare ogni sorta di rischio, per non essere scoperta, aveva abbandonato ogni contatto con la propria spada e, dopo tanto tempo, dopo tanto impegno posto nel recitare nel ruolo di M'Aydah quasi si iniziava a sentire perduta in esso, come se la maschera stesse prendendo il sopravvento sul volto reale nell'inganno ordito: ma ritrovare quell'arma, quella dichiarazione inequivocabile della propria natura, della propria vocazione nonché della propria professione, si poneva per lei quale un meraviglioso incontro con se stessa, con Midda Bontor, donna guerriero.
Senza indugi, quasi affannata nella volontà di recuperare le proprie sembianze, di liberarsi da una maschera improvvisamente divenuta soffocante, ella si levò senza indugi la lunga veste, offrendo alla lucentezza della luna, ormai riflessa sulla lama, il proprio viso e con esso il proprio spirito indomito. Come risvegliatasi da un lungo periodo di letargo, per quanto l'inverno fosse solo alle porte e non già terminato, sentì l'adrenalina rianimare ogni suo membro, gonfiare ogni suo muscolo, incitandola ad impugnare quella lama e a farsi strada all'interno dell'harem nel sangue e nel dolore di chiunque si fosse posto innanzi al suo cammino, di chiunque avesse osato sfidare colei che era stata nominata quale figlia della dea della guerra.
Ora ella si sentì consapevole che avrebbe potuto portare a termine la propria missione, che avrebbe potuto ricondurre il gioiello più prezioso di tutta Y'Shalf al proprio mecenate, non più giocando di astuzia, non più giostrando dietro ad inganni e salamelecchi, ma liberando la via innanzi a sé, al proprio destino, nel modo che meglio le si sarebbe mai addotto, nella maniera a lei da sempre più consona.
« Ora sì che iniziamo a ragionare… » sorrise, roteando la lama attorno ai propri fianchi.
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