Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.
Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!
Scopri subito le Cronache di Midda!
www.middaschronicles.com
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E siamo a... QUATTROMILA!
Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!
Grazie a tutti!
Sean, 18 giugno 2022
Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!
Grazie a tutti!
Sean, 18 giugno 2022
sabato 12 aprile 2008
093
Avventura
003 - Gli spettri della nave
Nella sua lunga esistenza la Jol’Ange aveva affrontato indomitamente numerose tempeste, riuscendo sempre ad uscirne illesa e proteggendo ogni volta il proprio equipaggio: le sue stesse dimensioni giocavano un punto di forza non indifferente in tal senso, non tanto grande dal rischiare di subire eccessivamente gli impeti dei venti, non tanto piccola dal rischiare di subire eccessivamente gli impeti delle onde. Quella sfida non sarebbe stata diversa dalle altre, quella tempesta sarebbe stata affrontata con il medesimo coraggio, vedendo la goletta ed il proprio equipaggio sopravvivere ai voleri avversi degli dei, dimostrare il proprio valore privo di eguali, il proprio diritto ad essere figli dei mari: ed in esso, ne erano quasi tutti certi, sarebbero riusciti a far revocare la condanna emessa contro di loro.
Solo Midda non poteva ancora ad accettare il volere divino sopra quelle morti, forse per combattere contro il senso di responsabilità che la opprimeva in maniera immane nel cuore, nell’animo: se, infatti, non fosse stata dimostrata la presenza a bordo di un assassino, non fosse stato svelato l’intervento di un sicario, allora ella sarebbe stata l’unica imputabile per l’ingenerosa fine di Ja’Nihr e di Ron-Hun.
« Thyres… » sussurrò, invocando come mai forse aveva fatto prima, supplicando come non avrebbe mai pensato di arrivare a fare.
Tutti i membri dell’equipaggio presenti sul ponte, tutti i superstiti della Jol’Ange, si erano legati come da istruzioni del capitano all’albero maestro tramite una serie di forti funi: quel legame, quelle corde sarebbero state l’unica loro possibilità di salvezza se la tempesta avesse raggiunto il culmine della propria forza, se la violenza delle onde e del vento li avessero spazzati lontano dalla solidità del legno per cercare di affogarli, per tentare di trascinarli nelle profondità dei propri abissi oscuri e tenebrosi.
Non era ancora mezzogiorno, eppure il cielo ed il mare si mostravano oscuri come a mezzanotte, senza stelle e senza luna ad illuminare la navigazione, ma solo l’energia dei lampi, la forza dei fulmini che scaricavano nell’aria tutta la propria violenza, gettando rapidi momenti di luce là dove altrimenti sarebbero state solo tenebre. Nessuna luce a bordo avrebbe potuto resistere a tanta forza, a tanto impeto, ed infatti alcuna lampada si mantenne accesa dopo i primi minuti di agitazione.
« Capitano! » gridò Masva, di vedetta a prua della nave « Non si riesce a vedere nulla... abbiamo bisogno delle pietre viola! »
« Per Tarth… » inveì l’uomo, a quelle parole « … sono nella stiva. »
« Cosa sono le pietre viola? » domandò a sua volta quasi urlando la mercenaria, non apprezzando assolutamente il riferimento al ventre della nave.
« Sono dei minerali che abbiamo trovato durante un viaggio ad est… » rispose verso di ella Av’Fahr, il più vicino alla di lei posizione « Emettono luce in maniera naturale. »
« Non puoi andare nella stiva, Salge! » intervenne a quel punto la donna guerriero, cercando di attraversare il ponte per dirigersi ad impedirgli quella possibilità.
« Devo! » le gridò di ritorno il capitano « E tu devi controllare quelle sartie, dannazione! Se perdiamo l’albero è finita per tutti. »
« Berah! » invocò Midda, sperando di trovare appoggio nella compagna.
Ma la donna, in opposizione ad ogni sua aspettativa, non sembrò desiderare intervenire: « Non possiamo impedirglielo se lo ha deciso. » urlò per contrastare il frastuono della tempesta « E dobbiamo mantenere le nostre posizioni… senza Ja’N ed Hun, tu e Camne siete indispensabili! »
Prima che alla mercenaria fosse data la possibilità di offrire qualche replica, Salge era già scomparso oltre l’ingresso alla stiva, pronto ad affrontare l’ignoto e mortale pericolo lì celato per il proprio equipaggio, per la salvezza di tutti: per quanto abituata a mantenere la calma ed il controllo su ogni cosa, se stessa in primo luogo, ella si sentì sul punto di gridare d’ira in quel momento, contro il destino che sembrava non volerle concedere alcuna possibilità di serenità, alcuna possibilità di riposo.
« Perché glielo hai permesso? » domandò alterata contro la donna che non l’aveva aiutata, come invece aveva sperato potesse accadere.
« Perché lo amo! » rispose ella.
In quelle parole, lo sguardo di lei corse a Berah e sul viso della stessa solcato dalla pioggia, ella poté distinguere chiaramente, pur non sapendo come, due lunghe scie di lacrime. E comprese: comprese l’amore che legava la donna al suo uomo, comprese un sentimento così immenso ed assoluto che la vedeva capace di arrivare ad affidarsi totalmente alle scelte di egli, comprese un’emozione tanto pura in grado di permettere all’altro di rischiare nella fiducia assoluta per le di lui possibilità. Quella donna dalla pelle esotica, dai tratti incantevoli, dalle forme ammalianti soffriva nel proprio cuore, gridava per la disperazione della paura, del terrore di perdere il proprio compagno, ma in quei timori, in quelle sofferenze ella non poteva però impedirsi di offrirsi a lui con tutta se stessa.
Midda si rese conto che lei stessa non sarebbe stata capace di tanto, non lo era mai stata e, probabilmente, non lo sarebbe mai diventata, non di certo per egli ma forse neanche per alcun altro: ella avrebbe ignorato le richieste del capitano, avrebbe misconosciuto i suoi ordini per fermarlo, per prendere il suo posto nell’abisso oscuro rappresentato dalla stiva della nave. In tale differenza, nella propria assenza di fede verso Salge, ella finalmente prendeva coscienza del perché il loro antico rapporto non aveva funzionato e non avrebbe potuto perdurare anche laddove il destino non si fosse frapposto: in quegli ultimi giorni, nella serenità della vita di bordo, nella tranquillità di quei momenti rilassati, era spesso giunta a convincersi di aver commesso un errore ad abbandonare quell’uomo, a perderlo come era accaduto, offrendo a cause esterne la colpa di tale malinconica conclusione. In realtà, però, nessuno si era mai frapposto fra loro: era stata lei, era stata da sempre lei e solo lei l’unica causa della loro rottura, perché ella non era mai riuscita ad affidarsi realmente a lui, non si era mai concessa di avere fiducia in lui, al contrario di quanto invece stava dimostrando con la propria sofferenza trattenuta Berah. In quei pensieri, in quella raggiunta coscienza di un proprio umano limite, Midda ammirò con rinnovata sincerità la compagna di ventura e, per rispetto verso di lei prima ancora che verso i desideri del capitano, ritornò al proprio posto, decisa a non essere da meno rispetto ad ella, rispetto al resto dell’equipaggio.
Avrebbe atteso, come tutti, il ritorno del loro comandante, della loro guida, dell’uomo a cui avevano deciso di concedere le proprie vite, proseguendo nel proprio compito, con tutto l’impegno di cui sarebbe stata capace.
« Thyres… » sussurrò ancora, stringendo fra le mani le sartie della nave.
Questa volta, però, il sussurro aveva il sapore di un ringraziamento: nell’oscurità della tempesta, la donna guerriero aveva ritrovato quello spiraglio di luce comunemente chiamato speranza.
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7 commenti:
Speriamo solo che torni sano e salvo, Salge!
Urca!!! :o
Che lampo!!! Mi imbarazzi con tanta assidua lettura!! =^.^= Dico sul serio!!!
Ho avuto fortuna: avevo aperto casualmente per vedere se -putacaso- avevi giò postato... e ho trovato il post, fresco fresco e appena sfornato. :lol:
Per Coubert, non preoccuparti... Salge schiatta!
:PPPPPPPPPPPP
Scherzo, non nè ho idea.
@Palakin: sigh... :(
Che ho detto? O.o
Devo ancora leggere il nuovo post...
Leggi, leggi!! :((
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