Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.
Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!
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E siamo a... QUATTROMILA!
Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!
Grazie a tutti!
Sean, 18 giugno 2022
Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!
Grazie a tutti!
Sean, 18 giugno 2022
mercoledì 30 aprile 2008
111
Avventura
004 - Alla deriva
Senza indugi, Cor-El comandò ai propri uomini di far vela verso i moli di Kirsnya, unica provincia occidentale del regno di Kofreya, il cui vasto porto si offriva in fronte alla prua della Har’Krys-Mar. Da quegli stessi moli erano salpati solo dieci giorni prima, intenzionati a compiere un lungo itinerario verso sud, comprendendo tutte le isole lungo la costa del continente, sia indipendenti sia sotto il controllo tranitha, per periodiche questioni d’affari. In effetti, non era previsto il loro ritorno in quel lido prima di altri tre o quattro mesi e ciò avrebbe sicuramente comportato qualche discussione burocratica con le autorità locali: ma il capitano ed il suo equipaggio erano ben noti ed apprezzati in quella capitale e, pertanto, avevano speranza di non ritrovare forti opposizioni al loro ingresso in porto.
Kirsnya, similmente alla maggior parte delle grandi città portuali del continente, non si offriva né libera né accogliente verso gli stranieri: al contrario, tanto via terra, quanto via mare, essa presentava alte barriere a protezione delle proprie ricchezze, dei propri territori da eventuali assalti nemici, avversari rappresentati certamente in primo luogo dai pirati, i razziatori dei mari, ma anche da tutti i regni che la politica locale aveva loro inimicato. Certamente rispetto a province come Kriarya o Krezya, poste ad oriente del regno, confinanti con Y’Shalf e in conseguenza di ciò protagoniste di una guerra priva di speranza o memoria, Kirsnya non era, in quel momento, zona focale di interesse militare. Non per tale ragione, comunque, essa poteva concedersi oziosa di fronte ai possibili pericoli offerti dal resto del mondo.
Nella ricerca continua e quasi paranoica di sicurezza, in una forma esagonale quasi perfetta che contraddistingueva lo stile culturale ed architetturale kofreyota, altissime mura racchiudevano sul fronte continentale la città, controllandola esternamente e, forse, internamente con una serie di fieri torrioni in egual geometrica forma: solo tre vaste porte consentivano in orari diurni l’accesso o l’uscita alla città, serrandosi nella notte a contenerla ermeticamente in un guscio protettivo praticamente impenetrabile. Sul fronte del mare, similmente, un’altra barriera era stata eretta nel corso dei secoli, in sfida al moto ondoso continuo che avrebbe impedito il permanere di una qualsiasi cinta muraria: trovando fondamento in una vasta serie di chiatte, una seconda ed alta cinta muraria in legno si fondeva perfettamente con le estremità della prima in muratura, estese verso il mare su due lunghi moli. In tal modo, anche a ponente, la possibilità di libero accesso alla città ed alla zona portuale risultava completamente controllata: il flusso di imbarcazioni, in ingresso o in uscita, poteva essere regolato attraverso un varco, una larga porta marittima che, parimenti alle proprie colleghe terrestri, la notte veniva serrata nella congiunzione dei propri vertici, chiudendosi simile a coppia di labbra che non sarebbero potute esser forzate. Anche lungo tale barriera in legno una serie di torri di guardia non avevano mancato di essere innalzate, più basse dei fari in muratura alle loro estremità ma non per questo meno funzionali, perennemente controllate da parte della capitaneria di porto per essere in grado di rilevare in ogni momento eventuali pericoli provenienti dal mare ed, eventualmente, provvedere repentinamente ad offrire loro un’adeguata reazione. Se oltre a tutto ciò, poi, era considerata la permanenza di due flotte appartenenti alla marina militare kofreyota, che in Kirsnya stessa vedevano il proprio riferimento logistico, nonché la scontata presenza altrettanto permanente di tre contingenti facenti parte dell’esercito, al pari di qualsiasi altra provincia del regno fatta eccezione per Kriarya, città del peccato in balia di un sistema inverso di principi sociali e civili, quella capitale portuale avrebbe potuto far vanto senza falsa modestia del proprio livello di sicurezza, capace di assicurare ai propri cittadini una vita assolutamente tranquilla nonostante i mille pericoli del mondo a loro circostante.
Chiusa in quella barriera protettiva forse inespugnabile, la capitale si era sviluppata così nel più classico stile del regno a cui apparteneva, presentando una serie di bassi edifici e di alte torri tendenti al cielo, sempre di forma assolutamente geometrica e priva di qualsivoglia arrotondamento anche laddove ci si sarebbe attesi una dolce cupola e angoli più smussati. Bianco era il principale colore della città come in ogni centro urbano kofreyota, colore del marmo e del travertino, ma su tale pallore un evidente contrasto era offerto dal legno: così come, infatti, la cinta muraria si divideva a metà fra pietra e legname, anche la maggior parte delle edificazioni sembrava voler o dover rispettare tale duplice natura, formandosi nei due materiali in egual misura e riservando, normalmente, al castano del legno il proprio versante superiore ed alla pietra le fondamenta necessariamente più robuste. Eccezioni uniche a quella moda architettonica imperante risultavano essere le torri, abitazioni e fortezze per le personalità più ricche e potenti della città, che per le proprie estensioni verticali non avrebbero potuto trovare nel legname forza idonea a reggere cotanta struttura: tali erezioni si disseminavano in maniera omogenea e non coordinata in tutto il territorio della città, senza creare in conseguenza particolari sezioni all’interno della stessa in base al ceto dei residenti. All’interno di Kirsnya, del resto, non erano molti i non abbienti. Fatta eccezione per i membri dei vari equipaggi lì in scalo, infatti, la quasi totalità dei residenti della capitale era composta da facoltosi mercanti o nobili armatori e relativi dipendenti, servitori, guardiani e galoppini: chiunque non potesse dimostrare la possessione di un ingente capitale o non fosse subordinato ad un garante che lì avesse dimora, non sarebbe stato ben accetto all’interno di quelle mura e, laddove la sua presenza si fosse protratta per più di poche ore, un efficiente servizio di sorveglianza cittadina sarebbe prontamente intervenuto a ristabilire lo status quo violato.
Un ambiente riservato a pochi, pertanto, in cui gli esuli di Konyso’M non avrebbero di certo ritrovato alcuna calorosa accoglienza, come al contrario avrebbero loro offerto in una situazione inversa.
« Capitano! » richiamò l’attenzione di Cor-El il giovane di vedetta sulla cima dell’albero maestro « Ci hanno avvistato e ci domandano le ragioni del nostro arrivo. »
Le comunicazione fra i torrioni in legno della cinta marittima e la Har’Krys-Mar era, come sempre in simili casi, garantita da un gioco di specchi, che attraverso un codice localmente riconosciuto, permetteva l’immediato scambio di messaggi anche a lunga distanza, quale ancora era quella fra la nave ed il confine cittadino.
« Rispondi loro che abbiamo incontrato una flotta di pirati che ci ha costretto a invertire la rotta. » ordinò la donna, a braccia conserte sotto al seno, in posizione eretta sul cassero di poppa, vicino al timoniere « E comunica che abbiamo necessità urgente di attraccare. »
« Ritieni che potranno crearci problemi? » domandò il di lei secondo in comando, accostandosi ad ella nel risalire dal ponte centrale.
« Assolutamente sì. » rispose il capitano, piegando appena i lati delle labbra verso il basso, in una lieve smorfia di dissenso « Sai meglio di me quanto sia xenofobo il clima di Kirsnya, soprattutto verso chi non possiede ricchezze. E noi stiamo trasportando un convoglio di profughi privi di qualsiasi possedimento fatta eccezione per i vestiti che indossano. »
« Purtroppo le nostre scorte non sarebbero in grado di mantenerci un giorno di più con tutte queste persone a bordo. » annuì l’uomo, volgendo lo sguardo verso il varco d’ingresso al porto « Altrimenti avremmo potuto cercare di raggiungere una meta più felice di questa. »
« Come fai notare non abbiamo scelta. » tagliò corto Cor-El, scuotendo appena il capo « Varcare le mura non sarà comunque un problema, dato che non possono sapere ciò che è accaduto: le grane avranno inizio una volta attraccati. » commentò concludendo « Per noi… e per loro. »
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2 commenti:
Buon primo maggio
simone
Grazie! ^__________^
Altrettanto!!!
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