11 gennaio 2008 - 11 gennaio 2018: dieci anni con Midda's Chronicles!

Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.


Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!

Scopri subito le Cronache di Midda!

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E siamo a... QUATTROMILA!

Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!

Grazie a tutti!

Sean, 18 giugno 2022

martedì 22 aprile 2008

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I
l destino non era mai apparso avverso agli occhi di Heska e Mab’Luk: fatta eccezione per la tragedia comune risalente a tredici anni prima, alla loro vita era sempre stata offerta trovato gioia, pace e serenità. Fin da bambini non avevano mai avuto preoccupazioni da affrontare, non avevano mai visto drammi incombere sopra i loro futuri: figlia di un fabbro lei e di un carpentiere lui, avevano ritrovano nelle rispettive famiglie da sempre una stabile collaborazione lavorativa ed una conseguente unione di fatto ancora prima di scoprire il proprio amore. Quando quest’ultimo, poi, era esploso in una dirompente e giovanile passione, i loro padri non avevano avuto da opporre alcuna obiezione, alcun ostacolo alla consacrazione di tale puro sentimento: al contrario, essi si erano impegnati molto più di quanto fosse loro richiesto per rendere tutto in quel giorno praticamente perfetto, per celebrare al meglio l’unione dei loro unici eredi ed in esso vedere finalmente legate due realtà che a tutti gli effetti, da oltre vent’anni, erano una sola. Ma come era noto, laddove gli uomini desideravano proporre in merito al proprio destino, solo agli dei era concesso realmente di disporre di esso: e così, la coppia di promessi sposi si ritrovò a dover accettare l’inevitabile fato, l’imposizione che esso aveva imposto sopra quella giornata da loro sperata fausta ma divenuta troppo presto tragica.

« Non voglio lasciarti… » sussurrò Heska, stringendosi con forza al marito « Non oggi. »
« Devi partire. » rispose Mab’Luk con la morte nel cuore a pronunciare quelle parole, al pensiero di allontanarsi da colei per cui sola egli aveva ragione di respirare « E quando tutto sarà finito potremo sposarci… e non ci lasceremo più. »

Come tutta la popolazione dell’isola, seguendo l’ordine dell’alcalde, anche la coppia si era mossa verso il porto, non distante a tutti gli effetti dalla piazza centrale ove erano già radunati: lì gli equipaggi delle navi straniere ormeggiate stavano compiendo tutti i preparativi del caso, per essere pronti a salpare non appena gli abitanti della città si fossero imbarcati. Ma similmente ai due giovani, anche molte altre coppie non sembravano intenzionate a separarsi, molte famiglie apparivano recalcitranti di fronte all’idea di lasciare lì i propri mariti, i propri padri, i propri figli: di fronte, però, al freddo raziocinio offerto da Hayton nessuno fra gli uomini dell’isola ebbe cuore di trattenere a sé le persone amate, proprio per l’amore che ad esse li legava.

« Ma… » tentennò ella, allentando appena la propria presa, ancora senza avere la forza di lasciarlo.
« Abbi fiducia… » sussurrò egli, accarezzandole piano il viso « Non mi accadrà nulla di male: li abbiamo già respinti tredici anni fa, quando stupidamente non abbiamo pensato di difenderci da loro. Questa volta, invece, saremo preparati. »

Heska avrebbe voluto obiettare, avrebbe desiderato ricordare all’amato che non era un guerriero, non era un combattente, non era un soldato né mai aveva avuto nella propria esistenza la necessità di esserlo: come tutti gli abitanti dell’isola, egli era una persona tranquilla, ricca di virtù, colma d’amore e lenta all’ira. Coloro contro cui, invece, si apprestava ad offrire offesa per ragioni di difesa sarebbero stati i peggiori scarti della società, gente abituata alla violenza, allo stupro, all’omicidio. Ella temeva per il compagno di sempre, aveva paura di non poterlo più riabbracciare, di non potersi più unire a lui e di vedere la gioia di una vita scomparire nel nulla, svanire come placida rugiada notturna al primo calore dell’alba.

« Ti amo… » sussurrò la donna, gettandosi contro di lui un’ultima volta, cercando ancora per un momento il calore di quelle labbra, di quell’abbraccio, di quella passione, come se da esse potesse dipendere la propria esistenza, ragione di vita qual’era lui per lei.

Mab’Luk, similmente alla maggior parte dei giovani della sua età, era ancora pieno di illusioni, pieno di ideali, pieno di sogni: la vita serena offerta dall’isola in cui era nato e cresciuto, poi, non gli aveva mai permesso di affrontare con più realismo, con più pragmatismo o, addirittura, con più cinismo la vita e questo, ovviamente, rappresentava un pericolo per lui e per la propria incolumità. Egli, comunque, non era uno stolto: comprendeva perfettamente il pericolo rappresentato dai pirati, dalla loro violenza, dalla loro bramosia di sangue e morte e non si aspettava assolutamente di poter uscire illeso da quella prova. Ma, nonostante ciò, era deciso ad affrontarla, era intenzionato a non ignorare quello che riteneva essere un suo dovere come uomo, come futuro marito della propria amata: egli voleva dimostrare a lei e prim’ancora a se stesso di essere in grado di poterla proteggere, di poterla difendere da eventuali pericoli che il mondo avrebbe potuto loro porre di fronte. E per tale ragione, per quell’ideale forse troppo romantico, egli avrebbe affrontato fieramente gli invasori, convinto di poter trovare in sé la forza necessaria a respingerli così come tredici anni prima era stato in grado di fare suo padre.

« Ti amo… » rispose egli, accogliendola con gioia, stringendola a sé con desiderio in quel bacio, a cercare fusione con lei, a cercare di trarre da quell’amore la forza necessaria per affrontare l’impresa verso cui si stava gettando.

Quando la nave dove Heska aveva trovato rifugio salpò dal molo di Konyso’M, la donna non poté evitare di sentire una parte del proprio cuore e del proprio animo morire: nell’osservare Mab’Luk salutarla con enfasi dalla spiaggia, gridando incomprensibili dichiarazioni d’eterno amore e fedeltà, ad ella parve ascoltare i lamenti lontani di un condannato a morte. All’orizzonte, sempre più visibili, sempre più distinguibili, sempre più grandi erano le navi nemiche in costante avvicinamento e con esse appariva essere la sentenza per il suo sposo, per l’uomo a cui avrebbe desiderato essere legata in eterno, desiderio forse sgradito agli dei che in quello stesso giorno, nel momento in cui le loro promesse stavano per essere pronunciate, avevano permesso una così tragica evoluzione degli eventi.
La giovane osservò accanto a sé altre donne impegnate a salutare i propri compagni, i propri mariti, non diversamente da madri che piangendo lanciavano ultimi strazianti richieste di prudenza alla volta dei propri figli: ella si senti una persona orrenda nel non riuscire a trovare la forza di levare la mano, nel non riuscire a trovare l’impulso di salutare il proprio quasi sposo, ricambiando i di lui gesti, offrendo almeno in quel gesto il proprio amore. Ma il funereo presagio di morte che anelava nel suo animo, nel suo cuore non le concedeva speranza, non le offriva entusiasmo: e salutare in quel momento il proprio amato sarebbe stato come l’estremo addio durante una cerimonia funebre, atto per cui lei non si sentiva ancora pronta, tappa a cui non desiderava ancora giungere.
E piegando il capo fra le mani, ad Heska non rimase altro che piangere, a cercare sfogo al dolore che la straziava dall’interno.

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