Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.
Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!
Scopri subito le Cronache di Midda!
www.middaschronicles.com
il Diario - l'Arte
News & Comunicazioni
E siamo a... QUATTROMILA!
Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!
Grazie a tutti!
Sean, 18 giugno 2022
Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!
Grazie a tutti!
Sean, 18 giugno 2022
domenica 20 luglio 2008
192
Avventura
006 - Condannata
Dopo gli eventi occorsi, il maggiore Onej’A non concesse al proprio gruppo alcun altra sosta fino a sera, quando sul calare delle tenebre si ritenne sufficientemente certo del fatto che nessuno avrebbe avuto la volontà o, più banalmente, la forza di cercare nuovamente rogne con la prigioniera. Personalmente egli non desiderava sottovalutare la pericolosità della mercenaria ma, al tempo stesso, non voleva permettere agli uomini ed alle donne che da lui dipendevano di porsi allo stesso livello di una pirata commettendo azioni indegne del proprio ruolo, dell’incarico che essi ricoprivano all’interno della città: egli, infatti, credeva veramente nel proprio mestiere e desiderava che ognuno fra loro avesse la sua stessa fede nel proprio lavoro. Se così non fosse stato, se tutto quello fosse stato compiuto unicamente per semplice tornaconto personale, economico o sociale che esso fosse, nulla di meglio rispetto a semplici mercenari tutti loro sarebbero stati, macchiandosi fra l’altro anche di ipocrisia nel non volersi riconoscere come tali, come interessati unicamente al denaro piuttosto che all’onore nel proprio incarico.
Consumata in silenzio una rapida cena, nell’adempiere alle previsioni offerte dal comandante l’intero gruppo di guardie cercò rapidamente il riposo da una giornata troppo stancante, che eccessivamente aveva posto alla prova la loro resistenza, il loro impegno, la loro tempra: dei turni di vigilanza vennero ovviamente imposti alla prigioniera, ma la maggior parte di tale incarico venne invero affidato ad una serie di pesanti picchetti che ancorarono al suolo le catene della donna, ritrovandole ancora una volta aperte in una radiale composizione attorno a lei per non concederle alcuna possibilità di movimento. Midda non diversamente dai propri carcerieri, si ritrovò ad essere legittimamente stremata per la marcia impostale sotto un giogo troppo pesante, catene che da troppo gravavano sopra le di lei spalle, le di lei braccia, i di lei fianchi e le di lei gambe: ella era sicuramente una donna superiore alla media, capace di competere con la maggior parte degli uomini anche solo sotto un punto di vista meramente fisico, ma nonostante tutto anche lei era una semplice mortale, limitata in ciò nella propria e dalla propria carne. Privata nuovamente di ogni pasto, a malapena dissetata nel proprio principio di disidratazione, la mercenaria, che pur nulla avrebbe desiderato tentare in quella notte come in ogni giornata precedente o seguente, si lasciò crollare sul suolo nudo cercando un minimo di conforto nel riposo. Riposo che, però, non le venne concesso.
Nulla poté la donna guerriero stabilire in merito a quando accadde, ma improvvisamente i di lei sensi, addestrati alla paranoia da una vita trascorsa nel costante pericolo, nella sfida quotidiana al destino, la posero in guardia, svegliandola dal lieve sonno in cui era precipitata per riportarla alla fredda realtà. Ancor prima di socchiudere appena le palpebre sopra agli occhi azzurro ghiaccio, ella percepì chiaramente del movimento attorno a sé e nelle vibrazioni del terreno, nel respiro degli aggressori, nel movimento da essi condotto, ed in tali informazioni sensoriali ebbe modo di riconoscere una donna ed un uomo.
« Guarda come dorme la cagna. » sussurrò quasi inudibile la donna, identificata immediatamente come colei che già nel corso della giornata si era offerta contro la mercenaria.
« Sei sicura di volerlo fare? » domandò una voce maschile, non riconosciuta, in medesimo tono.
« Provi forse pietà per lei? » rimproverò aspramente la donna « E’ un’assassina, una genocida e merita ogni punizione le si possa infliggere, ma per questioni politiche rischia ora ricevere amnistia per tutte le sue colpe. Ti sembra giusto? »
« No… ma… uno stupro… »
« Credevo che avessi detto ti eccitasse questa cagna. » lo beffeggiò ella, a tale risposta, con quel genere di tono che una donna sa perfettamente quando usare nei confronti del proprio compagno « Dimostrami quanto sei uomo se davvero desideri continuare a dividere il tuo letto con me… violentala per il mio amore, davanti ai miei occhi! Voglio godere del di lei dolore… »
Tornando a chiudere le palpebre, ad evitare che nelle stelle le proprie chiare iridi potessero trovare riflessi che ne svelassero lo stato di veglia e le facessero perdere il fattore sorpresa che in quel momento solo era dalla di lei parte, la donna guerriero restò immobile, simulando il proprio perduto stato di sonno. Legata quale era a terra, completamente china al suolo sotto il peso delle proprie catene, sarebbe stato impossibile tentare ogni abuso su di lei e se la follia perversa di quella guardia desiderava dal proprio compagno uno stupro ai di lei danni, i due avrebbero dovuto sciogliere qualcuna delle catene, a concederne la possibilità probabilmente nello sdraiarla poi completamente a terra. Difficile giudicò infatti l’ipotesi di vedere liberate anche le proprie gambe, nel tentativo degli aggressori di ricavarsi la possibilità di aprirle, attualmente impossibile a causa delle catene, per prenderla dal davanti: nonostante la mente malata che aveva pianificato quella violenza di certo avrebbe preferito poterne osservarne il volto durante l’atto, poter mostrarsi a lei come ogni carnefice brama fare di fronte alla propria vittima, nel voler evitare di concedere alla prigioniera troppo spazio, di offrirle la possibilità di agire a loro danno, l’uomo avrebbe sicuramente compiuto il proprio dovere agendo alle di lei spalle, ipotizzandosi in tal modo al sicuro da ogni possibilità di reazione. E dove essi agirono nel seguire quelle previsioni da parte della mercenaria, ella rispose in modo del tutto inatteso da parte loro, ponendo anticipatamente fine ad ogni possibilità di violenza a proprio discapito insieme alle vite dei due aggressori che troppo avevano deciso di osare, che troppo avevano voluto mettere alla prova la di lei pazienza. Laddove infatti ella avrebbe potuto giustificare il pregiudizio di essi e dei loro compagni in molti modi, mai avrebbe potuto concedere perdono o pietà di fronte a tanto, anche solo come monito per chiunque altro avesse mai solo ipotizzato un simile comportamento.
Dopo aver divelto, come previsto, diversi picchetti di metallo per liberare alcune catene in posizioni chiave, l’uomo e la donna si avvicinarono contemporaneamente alla presunta vittima, per poterla muovere nella posizione adeguata al compimento dei loro piani, ritenendo di poter essere sufficientemente in pozione di dominanza su di ella da non correre rischio alcuno cogliendola, fra l’altro, nel sonno. Proprio tale movimento, simile gesto, segnò però la fine di entrambi, vedendo la mercenaria rialzarsi da terra in un improvviso ed imprevedibile scatto, laddove anche solo l’ipotesi di un simile atto non sarebbe mai stata presa in considerazione da alcuno date le condizioni in cui ella fisicamente riversava: ritrovando nelle stesse energie utilizzate per combattere contro ogni offesa del destino, ogni trappola del fato, la forza per smuovere le proprie membra, la concentrazione utile ad isolare a livello mentale le sensazioni di dolore derivanti dalle proprie piaghe, ella compì tale elevazione, gettando la mano destra metallica al collo dell’uomo ed i propri stessi denti contro quello della donna per strappare da entrambi, rapidamente e freddamente, la carotide, imponendo loro sia il silenzio, sia la morte. Mentre il candidato stupratore trovò immediatamente la possibilità d’incontro con i propri dei, un rantolo soffocato fu emesso dalla sua compagna nell’evidente impaccio ad imporle in un solo istante la morte con i propri denti: ricadendo così a terra insieme ad un cadavere e ad una moribonda, la Figlia di Marr’Mahew sputò ciò che della propria vittima ancora ne riempiva la bocca, per essere libera di rivolgersi a chi tanto odio aveva ingiustamente provato nei di lei riguardi.
« Io non ti conosco. » sussurrò al di lei orecchio, con voce roca per l’assenza d’acqua ed il prolungato silenzio « Ma oggi muori per mia mano vittima della tua stessa empietà, del desiderio di imporre violenza a chi ti è simile, a chi è donna come te. Stolida folle, ringrazia la generosità del mio gesto nei tuoi riguardi… »
Mute le labbra della guardia si mossero, impossibilitate dall’asportazione della carotide ad emettere ulteriori suoni, scandendo l’ultima silenziosa maledizione contro la propria assassina prima di condurre le proprie pupille verso il cielo e, così, salutare per sempre la vita che le era stata negata in conseguenza di un desiderio di vendetta mascherato da giustizia. Ma prima che a Midda fosse offerto il tempo di riflettere sull’accaduto, di elaborare quelle morti per poterne definire le possibili conseguenze all’indomani, una terza voce la sorprese, sorgendo con colui che ne era proprietario dalle tenebre lì circostanti, senza che ella ne avesse avuto la minima percezione.
« Una donna sola, incatenata, distrutta dalla fatica e dagli stenti, che non solo riesce a tener testa a due guardie scelte di Kirsnya, ma addirittura le uccide nel tempo di un battito di ciglia. » commentò Andear, avvicinandosi ad ella « Ciò che si dice su di te corrisponde quindi al vero, pirata? »
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
2 commenti:
Ehi, ma è arrivato solo all'ultimo!!! Dovrò aspettare domani per capire cose mi riserva Andaer... :(
(Bellissima la scena di Midda che con un morso strappa la carotide alla donzella.... non è che ha un che di licantropo?)
I test antidoping hanno confermato l'assenza di tracce di sangue lupino nelle di lei vene! :))
Niente strani colpi di scena in questo senso! :D
Posta un commento