E se Rimau Coser sperava in un nuovo tentativo di offesa da parte della propria antagonista, tale speranza dal sapore di certezza non ebbe a restare tale a lungo. Non laddove non ebbe a trascorrere più di un quarto d’ora prima che, ancora, la voce della Figlia di Marr’Mahew avesse a raggiungerlo, con palese desiderio di sfida a suo discapito.
« Nessuno! » tuonò ella, evidentemente tutt’altro che soddisfatta nel confronto con quanto accaduto, e con l’essersi ritrovata costretta a una tanto rovinosa fuga « Libera la popolazione di Kriarya... e non ti ucciderò. »
Sopraggiunta nuovamente a cavallo, accompagnata, forse, dalla stessa figura che già pocanzi l’aveva aiutata, impossibile a dirsi per Rimau giacché aveva gli occhi chiusi nel contempo di tali eventi, Midda Bontor stava così facendo nuovamente la propria apparizione lasciandosi contraddistinguere dalla propria consueta sicumera, anche a confronto con l’evidenza palese della propria inferiorità nei suoi riguardi.
E tutto ciò non avrebbe potuto che compiacerlo, nell’offrirgli esattamente ciò che egli stava cercando: un’occasione utile per vendicarsi, sebbene tale non avesse a doversi intendere il suo scopo iniziale dietro a quanto, allora, stava compiendo...
“E’ interessante che tu ti esprima in termini tanto perentori.” osservò egli, lasciando ancora parlare il proprio flauto, la propria musica incantata, a suo nome “Hai già dimenticato come funzionano ora le cose? Hai già dimenticato che basterebbe una semplice pressione del mio mignolo destro per condurre tutte queste persone al suicidio...?!”
Ovviamente Rimau Coser non era un genocida, e non avrebbe mai desiderato portare a termine quella minaccia. Ma, ciò non di meno, nulla in quella minaccia avrebbe avuto a potersi considerare una mera fola, per così come non mancò di voler dimostrare, e di voler dimostrare muovendo con quieta sicurezza le dita lungo i fori dello strumento, agendo per grazia di ciò direttamente sulle movenze di tutti gli uomini e le donne al proprio seguito, quasi un burattinaio con le proprie marionette, e invitando tutti color che avrebbero avuto a potersi riconoscere armati a estrarre la propria lama, per rivolgerla contro di sé, pur senza, ancora, affondare il colpo. E così avvenne, e centinaia e centinaia di persone, migliaia e migliaia, quasi l’intera popolazione della città del peccato, ebbe a sguainare spade e daghe, pugnali e stiletti, per appoggiarne la punta o la lama chi contro il proprio collo, chi addirittura perpendicolare al proprio cuore, tutti pronti, senza esitazione alcuna, a porre fine alle proprie esistenze se soltanto quella musica diabolica lo avesse loro richiesto.
Una mossa che gli permise di osservare un momento di panico svelarsi sul volto della propria avversaria, e un momento di panico che non poté che colmargli il cuore di crudele gioia. Una gioia per la quale, però, egli non avrebbe voluto avere a gongolare a lungo, consapevole di quanto, altrimenti, avrebbe potuto spiacevolmente distrarsi. E l’ultima cosa della quale, in un tal contesto, avrebbe mai potuto necessitare, sarebbe stato, per l’appunto, distrarsi...
« Sarebbe estremamente sciocco da parte tua... » ebbe tuttavia a commentare ella per tutta risposta, dopo aver ritrovato, con mirabile rapidità, controllo sulle proprie emozioni, in termini tali da aiutarlo, inconsapevolmente, a fare altrettanto « Se tu ora uccidessi tutti i tuoi ostaggi, cosa mi impedirebbe, poi, di raggiungerti...?! Abbiamo già stabilito che il tuo flauto non può nulla contro di me. »
Osservazione tutt’altro che sciocca, quella così offertagli dalla propria antagonista. Anzi. Osservazione assolutamente legittima e sensata. E molto più sensata rispetto a quanto egli non avrebbe potuto avere piacere a riconoscere.
Purtroppo il confronto emotivo con lei lo stava spingendo a distrarsi, a commettere imprudenze che non avrebbero avuto a dovergli essere proprie se avesse voluto continuare a conservare la propria posizione di vantaggio. E, per tale ragione, egli scelse di agire come già prima, chiudendo gli occhi e sottraendo alla propria interlocutrice la possibilità di avere a distrarlo, con le proprie emozioni o con i propri gesti.
Quello che, infatti, Midda Bontor aveva prima interpretato come un gesto di superiorità da parte di Nessuno, altro non avrebbe avuto a dover essere inteso se non qual l’impegno a conservare la propria concentrazione, isolandosi il più possibile dalla confusione esterna per potersi concentrare solo ed esclusivamente sulla propria musica. Del resto, fino a quando la musica fosse continuata, egli non avrebbe avuto a doversi preoccupare di difendersi in maniera diretta dagli attacchi della propria antagonista... non laddove, quantomeno, avrebbe avuto un esercito di migliaia di persone pronte ad agire per lui.
“Ci sono molti modi per condurre una persona al suicidio, sai...?!” commentò egli, per tutta replica “Come, per esempio, spingerli ad affrontare la terrificante Figlia di Marr’Mahew, l’Ucciditrice di Dei, la loro stessa Campionessa!” esclamò pertanto, nel mentre in cui un paio di dozzine, fra uomini e donne, più vicini alla stessa Midda Bontor e alla sua felina compagna, ebbero allora ad allontanare le proprie lame dai propri colli o dai propri cuori, soltanto per potersi preparare alla pugna, nella ricerca dei colli e dei cuori di quelle due nemiche “Sei pronta a diventare la Genocida di Kriarya, mia cara...?!”
Midda Bontor era soddisfatta. O quasi.
Perché se da un lato era riuscita a ottenere esattamente quanto desiderato, nel vedersi rivolta l’attenzione del proprio antagonista; dall’altro tutto ciò non sarebbe stato privo di un costo, e di un costo che, ora, ella e Lora avrebbero avuto a dover pagare.
« Ricordati... non dobbiamo fare loro del male. » sussurrò a titolo di promemoria verso la ritornata accanto a lei, nel mentre in cui pur non mancò di sfoderare la propria lama bastarda, se non per scopo di offesa, quantomeno a ragion di difesa, e di difesa contro quelle schiere di inconsapevoli avversari.
« Disse la donna con la spada in mano... » sorrise per tutta replica la giovane donna gatto, non priva di palese ironia a confronto con tutto ciò « Tranquilla: sono qui per essere la tua polizza salvavita... non la tua arma. » puntualizzò, in un quieto sussurro in risposta alla compagna d’armi « Quel compito è già stato affidato a qualcun’altra. » ammiccò.
« Fai del tuo peggio, Nessuno! » lo invitò quindi ad alta voce, socchiudendo appena i proprio occhi color del ghiaccio.
E così la battaglia ebbe inizio.
Una battaglia improbabile. Una battaglia impari. E una battaglia che avrebbe veduto Midda Bontor e Lora Gron’d, da sole, contro potenzialmente tutta la popolazione di Kriarya, città del peccato e dimora di ladri e assassini, mercenari e prostitute.
Tutte persone che, già nel pieno controllo del proprio intelletto, non avrebbero esitato a sguainare le proprie lame contro di lei o contro nemici peggiori di lei, se soltanto ve ne fosse stata la necessità, e che, quindi, in quella particolare situazione, in quel particolare contesto, avrebbero avuto a doversi intendere qual avversari pericolosi e certamente letali, se soltanto fosse stata concessa loro l’occasione di agire. E tutte persone che, malgrado non si sarebbero quindi fatte allor scrupoli di sorta a ucciderle, in tal maniera ispirate da quella maledetta musica, né Midda né Lora avrebbero avuto a dover ferire o, peggio, uccidere, nella frustrante consapevolezza di quanto la responsabilità di tutto ciò non avrebbe avuto a dover essere attribuita ad alcuno di loro.
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