Mera Ronae Bontor e Namile Bontor, pur nella propria giovane età, non più propriamente bambine e, ciò nonostante, neppur ancor donne, si erano abituate a portare sulle spalle l’enorme peso proprio derivante dal retaggio del loro nome e del loro sangue. Un nome, il loro, molto più importante di quanto non avrebbero potuto desiderare fosse; e un retaggio, ancora, molto meno piacevole di quanto non avrebbero, parimenti, potuto augurarsi fosse.
Mera Ronae e Namile erano, infatti, le figlie gemelle di Nissa Ronae Bontor, sorella gemella di Midda Namile Bontor. E se il nome della loro zia, da più di due decenni, era stato accomunato all’idea di una straordinaria guerriera, di una valorosa avventuriera, una leggenda vivente in grado di sconfiggere uomini, mostri e dei; il nome della loro madre, soprattutto nell’ultimo lustro, era stato associato all’idea di un terribile flagello, qual regina dei pirati dell’isola di Rogautt. Un’associazione, purtroppo, non priva di fondamento, benché, ovviamente, dal loro personalissimo punto di vista, loro madre era sempre e stata soltanto loro madre... e non, di certo, quel mostro che in molti solevano tratteggiarla.
Purtroppo, alcuni anni prima, loro madre e loro zia erano giunte all’epilogo di un’interminabile faida, e una faida che le aveva vedute in contrapposizione reciproca per decenni, con grande spreco di vite umane, e di quelle vite che, direttamente o indirettamente, era stata proprio Nissa Bontor a esigere, e a esigere al solo scopo di imporre sofferenza e patimento alla propria non propriamente amata gemella. Nel merito della faida, ovviamente, Mera Ronae e Namile non avevano avuto alcun personale ruolo, ancor troppo piccole per comprendere realmente cosa potesse star accadendo, se non quando, purtroppo, orami troppo tardi. E così, le due gemelle avevano dovuto tristemente assistere prima alla morte del loro amato fratello maggiore, e poi della loro stessa genitrice, ritrovando, in ciò, repentinamente il proprio intero mondo sconvolto.
In questo, al di là di ogni infantile ingenuità, esse avevano dovuto crescere... e credere molto più velocemente di quanto né loro madre, né alcun altro avrebbe desiderato loro augurare. Fortunatamente, però, benché la zia loro ipotetica affidataria aveva avuto a partire per un viaggio oltre i confini stessi del loro mondo, per sua stessa dichiarazione animata dal desiderio di vendicare il sacrificio della propria gemella, e quel sacrificio, a posteriori, compreso qual animato dalla possessione di un qualche antico spirito; Mera Ronae e Namile non erano rimaste completamente sole, scoprendo l’esistenza di un altro famigliare prima sconosciuto: loro nonno Nivre Bontor, padre di Nissa e Midda.
Con Nivre, e con l’equipaggio della Jol’Ange, Mera Ronae e Namile avevano quindi vissuto più di un lustro della propria giovane vita apprendendo la via del mare, e quella via che avrebbe avuto a dover essere considerata loro per retaggio di sangue e per diritto di nascita, e che pur, in passato, non avevano mai avuto occasione di esplorare, in un assurdo paradosso per coloro che, in fondo, erano le figlie della regina dei pirati dell’isola di Rogautt. Dopo cinque anni, però, la loro perduta zia aveva fatto ritorno dal proprio lungo viaggio e Mera Ronae e Namile, al seguito del loro amato nonno, avevano accettato l’idea di incontrarla e, finalmente, dopo tanto tempo, avere una reale occasione di confronto con lei. Un confronto, il loro, che pur non era andato esattamente così come avevano ipotizzato potesse andare... non nello scoprire, per voce della stessa Midda, quanto loro madre Nissa Bontor fosse recentemente ritornata in vita, e ritornata in vita nelle sembianze di una ritornata, un inedito genere di non morto dotato di coscienza e intelletto, nonché di tutta la propria più genuina integrità fisica.
Una notizia, in effetti, che avrebbe avuto a doversi intendere positiva per loro, se soltanto, e purtroppo, la prima iniziativa della quale loro madre si era resa protagonista era stata una vera e propria dichiarazione di guerra contro qualunque essere vivente, nella volontà di cancellare ogni civiltà dalla Storia e dare inizio a una nuova era. E un’era nella quale, probabilmente, ella stessa sarebbe stata l’assoluta e indiscussa dominatrice.
Non era stato semplice, neppure per loro due, avere a confrontarsi con una simile notizia. Ragione per la quale, a dispetto dell’invito della stessa Midda Bontor a trasferirsi in quel di Kriarya, vicino a lei e a tutti i suoi amici, per cercare insieme una maniera utile ad affrontare la questione; Mera Ronae e Namile ebbero, almeno inizialmente, a richiedere del tempo, e del tempo utile per assimilare la cosa. Alla fine, tuttavia, le due figlie gemelle di Nissa Bontor avevano deciso di accettare l’invito, comprendendo di essere già rimaste in disparte per troppo tempo per potersi spiacevolmente permettere il lusso di proseguire le proprie vite nell’indifferenza per la realtà.
Così, con ammirevole forza d’animo, entrambe avevano deciso di prendere commiato non soltanto da loro nonno Nivre, non desiderando avere a richiedergli nulla di più di quanto già, generosamente, egli avesse loro dato, accettandole nella propria vita con affetto smisurato, ma anche da quella che, per loro, era ormai divenuta una nuova famiglia, l’equipaggio della Jol’Ange, la goletta a bordo della quale, negli ultimi cinque anni, avevano avuto occasione di vivere la propria vita, e di viverla senza avere a pensarsi, necessariamente, quali figlie di loro madre. Un arrivederci dal sapor proprio dell’addio, il loro, volto a permetterle di dirigersi alla volta del luogo ove loro zia aveva stabilità la propria residenza... Kriarya, la città del peccato del regno di Kofreya.
Ovviamente, per due fanciulle come loro, di tutt’altro che spiacevole parvenza, sarebbe stato inopportunamente pericoloso avere ad affrontare da sole il viaggio fino a Kriarya. Ragione per la quale, dietro pagamento di opportuno compenso, avevano colto l’occasione per aggregarsi a una carovana mercantile, così come, del resto, avrebbe avuto a doversi intendere consuetudine fare anche per viandanti meno giovani rispetto a loro. Quando, tuttavia, era stato loro richiesto di presentarsi, Mera Ronae Bontor e Namile Bontor non avevano avuto dubbi di sorta sulla necessità di adulterare il proprio stesso nome. Giacché, proprio perché perfettamente consapevoli dell’enorme peso derivante da quei nomi, entrambe avevano preferito ovviare ad attrarre stolidamente troppa attenzione a proprio riguardo, sia in senso positivo che, parimenti, in senso negativo.
Sotto falso nome, quindi, entrambe avevano viaggiato attraverso Tranith, prima, e Kofreya, poi, per giungere sino alla città del peccato. E sotto falso nome, ancora, entrambe sarebbero state pronte a varcare le mura dodecagonali della medesima Kriarya... se soltanto a qualcuno fosse potuto interessare domandare loro il proprio nome. Ma quella era Kriarya, la città del peccato del regno di Kofreya, popolata quasi esclusivamente da ladri e prostitute, mercenari e assassini, e a nessuno, lì, sarebbe interessato pretendere di conoscere il loro nome, nel partire dal corretto presupposto che, all’occorrenza, esse avrebbero potuto mentire a tal riguardo.
Così, giunte finalmente a Kriarya, e varcata per la prima volta nella loro vita il perimetro di una capitale kofreyota, le due gemelle ebbero a dover fare appello a tutto il proprio coraggio per non lasciarsi spaventare dalla rumorosa vitalità propria di quell’affollata città, a confronto con la quale persino i più grandi porti da loro visitati avrebbero avuto a potersi giudicare pressoché noiosamente tranquilli.
« Avete già idea di dove alloggiare qui in città...? » ebbe a domandare loro il mercante al seguito del quale avevano viaggiato, nel mentre in cui ebbero, alfine, a saldare i conti « Non che desideri impicciarmi dei fatti vostri, ragazze... ma non sono certo che questo posto sia adatto a due come voi. »
Dopotutto, agli occhi di quell’uomo, quelle due giovinette non avevano ad apparire come le figlie di una defunta, e rediviva, regina dei pirati dei mari del sud, nate e cresciute nella capitale di quello che era stato, per anni, un potente regno marittimo con una popolazione più che degna della fama di Kriarya. Quelle erano, per l’appunto, due giovinette dall’aspetto persino un po’ sprovveduto, e, comunque, in grado di pagare troppo bene per poter essere al sicuro entro i confini di una città come quella.
« Non preoccuparti. » escluse tuttavia Namile Bontor, accennando un quieto sorriso verso il loro interlocutore « Alloggeremo da nostra zia, presso la locanda “Alla signora della vita”... » ammiccò, volutamente sfacciata, a dimostrare quel giusto livello di sicumera con la quale, allora, avrebbero avuto a dover affrontare quel luogo e i suoi abitanti.
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