Il fatto che Midda Bontor non fosse in città al loro arrivo, a conti fatti, non rese vano l’impegno fatto proprio dalle figlie di Nissa per raggiungere Kriarya. Impegno, il loro, che venne quindi più che ampliamente ripagato dalla rincuorante accoglienza loro offerta da tutti gli altri. Ovviamente, e non che alcuno desiderasse negare alle ragazzine le proprie origini, nessuno ebbe a sottolineare con particolare chiarezza, al pubblico, quanto le due nuove teste rosse avessero a essere proprio le figlie di Nissa Bontor, la donna la cui fama, purtroppo, non avrebbe avuto a poter essere fraintesa qual benevola.
Una fama, in effetti, quella della loro genitrice, già tutt’altro che positiva per le vicende passate, ma che, ciò non di meno, avrebbe potuto quietamente scemare nell’oblio dopo la sua morte se, soltanto, questa fosse stata imperitura. Purtroppo, tuttavia, la notizia dei recenti eventi della battaglia per Lysiath aveva fatto rapidamente il giro di tutte le capitali kofreyote, insieme, ovviamente, alla consapevolezza del ritorno alla vita di migliaia, di decine di migliaia di persone un tempo morte, e ora non più tali, sebbene in una versione decisamente diversa, e inusuale, rispetto ai comuni zombie, una versione dotata di intelletto, di raziocinio, e di un aspetto assolutamente “vivo”, per quanto vivi non fossero, che aveva preso il nome di ritornati, per loro stessa autoproclamazione in quanto tali: una notizia, quella della battaglia di Lysiath, nella quale, ineluttabilmente, un nome era ben rimarcato, e non in maniera del tutto gratuita... ossia quello di Nissa Bontor, colei che, del resto, aveva ispirato e comandato quel tentativo di insurrezione dei morti a discapito di tutti i viventi. In ciò, quindi, il nome della fu regina di Rogautt non aveva potuto ovviare a tornare sulle labbra di molti, se non di tutti, in associazione a un’idea persino più negativa rispetto alla precedente, e all’idea di una folle genocida sol desiderosa di estirpare dall’intera Kofreya, se non da tutto il continente di Qahr, la vita.
Molto meglio, per tutti, sarebbe quindi stato mantenere una certa assenza di precisa definizione attorno all’effettiva origine di Mera Ronae e di Namile, là dove, del resto, le cronache non offrivano riferimento alcuno nel merito della loro esistenza, non offrendo ad alcuno, quindi, occasione per ricollegarle alla figura di Nissa Bontor. Una scelta, quindi e comunque, non mossa dalla volontà di negare alle ragazzine le proprie origini, quanto e piuttosto di preservarle da inutili pericoli e discriminazioni, in una scelta, dopotutto, non poi così diversa da quella compiuta nei riguardi di altri elementi propri della famiglia allargata, del clan, che Midda Bontor aveva, più o meno volutamente, radunato attorno a sé.
Dopotutto, al di là dei confini stessi di quella loro schiera, pochi, o nessuno, era consapevole dell’effettiva origine di Madailéin e Nóirín Mont-d'Orb: troppo complesso sarebbe stato tentare di spiegare al mondo dell’esistenza del multiverso, e di infinite dimensioni parallele entro le quali infinite versioni alternative di se stessi esistevano e vivevano vite a volte simili, a volte completamente diverse dalle proprie. E del resto, ai più, era stato sufficiente cogliere la palese, e quasi imbarazzante, rassomiglianza con Midda Bontor per definire un’associazione parentale fra loro, ragione per la quale, in maniera estremamente generica, Maddie e Rín erano considerate due cugine di Midda, in assenza della notizia di altre sorelle.
E, allo stesso modo, anche nel merito del passato di Duva Nebiria e di Har-Lys’sha, così come degli stessi Tagae e Liagu, al di fuori dei confini del loro clan, non si era mai ricercata particolare puntualizzazione pubblica, là dove non meno complesso rispetto all’idea del multiverso sarebbe stato anche spiegare a quel mondo in particolare l’esistenza di altri mondi, di un intero universo che, a distanza incommensurabile da loro, si proponeva popolato da centinaia di altre civiltà, umane e non umane, quasi sempre più progredite rispetto alla loro: civiltà che avevano abbandonato la superstizione in favore della scienza, e che, grazie ai progressi della tecnologia, avevano avuto possibilità di conquistare le stelle, espandendo i propri confini fra le immensità siderali. Così, nel merito del quinquennale viaggio della Figlia di Marr’Mahew fra le stelle del firmamento non era stato offerto dettaglio alcuno al pubblico, e ognuno aveva, in tal senso, maturato una propria idea a tal riguardo, a giustificare non soltanto la sua assenza ma, anche, il suo ritorno lì accompagnata da quelle nuove figure, una fra le quali, addirittura, con le sembianze di una donna rettile. E ognuno, a tal riguardo, si era fatto una sua idea, un suo filone di pensiero, sempre decisamente originale, mai ovviamente azzeccato, e, ciò non di meno, utile a permettere a tutti loro di parlare, e di sfogare in tal maniera ogni possibile curiosità, senza pur concedere ad alcuno il benché minimo pretesto utile a cercare rogna con loro. In fondo, qualunque fossero le loro origini, quanto appariva certo avrebbe avuto a dover essere inteso il fatto che esse erano amiche di Midda Bontor... anzi: da lei, addirittura, trattate al pari di sorelle. Motivazione più che utile a non avere di che inimicarsele, per non avere, parimenti, a inimicarsi anche la Figlia di Marr’Mahew, l’Ucciditrice di Dei, la Campionessa di Kriarya e di Lysiath.
Insomma: anche l’arrivo di Mera Ronae e di Namile, in quel della locanda, in primo luogo, e in tutta la città, successivamente, venne accolto come un dato di fatto: esse erano lì; erano chiaramente parenti della più celebre cittadina della capitale; e... basta. Non sarebbe servito sapere null’altro per essere certi della necessità di non avere di che invischiarsi con loro. E di ciò, obiettivamente, tutti non avrebbero potuto che essere serenamente soddisfatti.
Così, dopo un’infanzia vissuta in quel di Rogautt, e cinque anni trascorsi a bordo della Jol’Ange, le due figlie di Nissa Bontor iniziarono un nuovo capitolo della propria esistenza in quel della città del peccato del regno di Kofreya, in un percorso paradossalmente molto similare a quello della loro celebre zia ancor prima che a quello della loro famigerata genitrice.
E se i primi giorni ebbero a servire a concedere loro possibilità di prendere le misure con quella nuova vita, presto ebbe a risultare evidente la necessità, per entrambe, di trovare un qualunque genere di attività nella quale impegnare il proprio tempo, non volendo certamente trascorrere le proprie giornate in indolente ozio.
« Be’Sihl... » apostrofarono quindi la mattina del loro terzo giorno di permanenza in città, raggiungendo il locandiere nella sala principale, dove già era all’opera al fine di predisporsi alla nuova giornata di lavoro.
« Ditemi, ragazze. » le invitò, cortesemente, egli, nel mentre in cui, senza che esse avessero a doverglielo chiedere, subito si pose all’opera per preparare loro la colazione, esattamente come, per anni, non aveva mancato di fare dietro a quello stesso bancone ogni mattina nella quale Midda era in città, approfittando dell’occasione offerta dal nutrirla per riservarsi una possibilità di quieta interazione con lei, per così come in alcun altro momento della giornata, necessariamente più caotico, gli sarebbe mai stato offerto.
« Pensi che sarebbe possibile per noi dare una mano qui in locanda...?! » domandò allora Meri, parlando a nome di entrambe.
« Oh... » esitò egli, colto sinceramente in contropiede a quella richiesta « Credo che sia meglio che ne parliate con Arasha più tardi. » suggerì poi, non senza un certo imbarazzo nel rendersi conto di quanto, ormai, la gestione della locanda fosse più nelle mani di quella donna che nelle proprie « Sinceramente è lei che gestisce i turni dei garzoni e il loro lavoro... e, in questo, non saprei proprio come rispondervi. »
« Credevamo che la locanda fosse tua e della zia. » osservò Nami, un po’ contraddetta da quella risposta, non in tono di critica verso l’uomo, quanto e piuttosto di quieta incapacità a comprendere il senso della cosa, abituate, del resto, a una gestione decisamente più autoritaria da parte della loro defunta genitrice nel merito delle proprie questioni.
« E infatti lo è. » confermò l’uomo, sorridendo a entrambe nel mentre in cui ebbe a posizionare innanzi a loro due piatti con molta verdura, una salsa di fagioli e due pezzi di focaccia ai bordi, a titolo di colazione « Però sono mancato per tanto tempo, mentre accompagnavo vostra zia nei suoi viaggi fra le stelle del firmamento... e, in questo, Arasha è stata sempre presente a gestire tutto con rispetto e professionalità tali che non mi sono sinceramente sentito di chiederle di fare diversamente ora che siamo tornati. » spiegò, con quieta soddisfazione e un certo orgoglio per l’equilibrio in ciò raggiunto con la figlia di Degan « La proprietà è mia e di Midda, sì. Ma la gestione del locale è tutta di Arasha... con tutti gli onori e gli oneri del caso. » ammiccò poi, con fare complice.
Nessun commento:
Posta un commento