« Francamente mi sarei sorpresa del contrario. » accennò un quieto sorriso la Figlia di Marr’Mahew, con il più assoluto pragmatismo innanzi a quell’ammissione, e a quell’ammissione di colpa, volta a riconoscere quanto ella avesse ucciso qualcuno nel corso della battaglia per Lysiath « Quanto è accaduto, comunque, non è stato colpa tua... »
E se pur, a tale conclusione, Lora ebbe a ricollegare l’idea di una responsabilità per Nissa Bontor, in quella che avrebbe avuto a dover essere l’interpretazione più ovvia delle parole di Midda; proprio quest’ultima non avrebbe avuto a dover essere fraintesa riferirsi alla propria gemella, quanto e piuttosto a se stessa... nella propria intima consapevolezza di quanto, allora, delle sue personalissime responsabilità, e di quelle responsabilità che, se soltanto avesse posto con onestà innanzi al giudizio di Lora, probabilmente avrebbero più che giustificato un suo cambio di posizione a proprio riguardo.
Ma se già sciocca, Midda, era stata giudicata da parte di Lora nell’aver scelto di affrontare quel discorso in quel momento, entro i limiti dell’ignoranza, di quest’ultima, nei riguardi della verità; non vi avrebbe avuto a dover essere riconosciuto alcun particolare desiderio di morte in lei tale da spingerla ad ammettere quella particolare, e dolorosa, verità. E una verità alla luce della quale, probabilmente, sarebbe stato giusto imputarle non soltanto la morte della feriniana, quanto e peggio la sua eterna dannazione, sebbene, in effetti, ciò non avesse ad apparire venir inteso dalla medesima.
Così, non autolesionisticamente, Midda Bontor ebbe allor a tacere. Tornando a concentrarsi sul momento presente piuttosto che lasciandosi distrarre pericolosamente da quei discorsi e dai ragionamenti a essi annessi e connessi.
“Per quanto credi di poter ancora resistere, Campionessa, prima che un colpo giunga a segno, sancendo la morte tua o della tua amica...?!” domandò la musica di Nessuno, a riprova di quanto egli, in quel frangente, non stesse realmente seguendo il dettaglio degli eventi, non in grazia a qualche arcano potere, non, certamente, tramite i propri occhi.
Invero, in coerenza con se stesso, Nessuno stava ancora mantenendo chiusi i propri occhi, nella necessità di mantenere la giusta concentrazione sulla musica, e su quella musica che gli era allor necessaria non soltanto per mantenere il controllo sull’intera popolazione della città di Kriarya, quanto e piuttosto anche per spingerli a quel confronto fisico con la donna guerriero e la sua compagna. Ove anche, comunque, egli avesse avuto gli occhi aperti, difficilmente avrebbe mai potuto cogliere qualcosa di preciso nel merito di quanto stava accadendo, nella straordinaria confusione lì imperante.
In ubbidienza ai suoi comandi, infatti, già più di quattro dozzine di persone erano ammassate attorno a Midda Bontor e alla sua amica, circondandole da ogni lato e limitando claustrofobicamente le loro possibilità di movimento. Un quantitativo così schiacciante di antagonisti, schierati in offesa a chi, addirittura, dichiaratasi non intenzionata a recare loro danno, a confronto con la presenza dei quali nulla di preciso nel merito di quanto lì dentro stesse accadendo avrebbe mai potuto essere ravvisato dall’esterno. In termini tali per cui, quindi, egli non avrebbe mai potuto riservarsi effettiva consapevolezza nel merito di quanto, in effetti, di colpi giunti a segno, e giunti a segno a discapito di Lora, ve ne fosse già stato ben più di uno: colpi letali, che, ove fossero stati rivolti a una comune mortale, avrebbero allor causato, certamente, già l’uscita di scena della stessa donna gatto; ma che, nel confronto con una ritornata, avrebbero avuto a risultare soltanto fastidiosi nel confronto con il danno imposto ai suoi vestiti, e a quei vestiti che, probabilmente, ora della fine della battaglia sarebbero stati ridotti così a brandelli da porre in seria difficoltà il suo senso del pudore.
« Fino a quando non riuscirò a schiantare il mio piede nel mezzo delle tue gambe, con forza sufficiente da farti sputare fuori dalla bocca quegli attributi per i quali, certamente, ti sentirai tanto orgoglioso, come qualunque maschietto! » replicò ella, in una risposta a metà fra il serio e il faceto, atta a sdrammatizzare la situazione e a dimostrare quanto, da parte propria, non avesse ancora a dover essere fraintesa ragione di crisi a confronto con quella particolare situazione.
Il fatto che Nessuno stesse mantenendo allor gli occhi chiusi, pur rappresentando un estemporaneo e indubbio vantaggio per Midda nel confronto con la situazione corrente, non avrebbe avuto a dover essere considerato al pari di una condizione necessaria per la riuscita della loro azione. Non laddove, in quel mentre, la reale attuazione della loro azione, per così come concordata, non avrebbe avuto a dover essere attribuita né a Midda Bontor, né a Lora Gron’d, meri diversivi, quanto e piuttosto ad Har-Lys’sha. E la stessa Har-Lys’sha che, proprio nel mentre di quelle ultime parole pronunciate da Midda in direzione di Nessuno, stava sopraggiungendo sostanzialmente invisibile e impercettibile alle sue spalle.
Per quanto Midda Bontor, nel corso dei lunghi anni della propria vita mercenaria, avesse sicuramente maturato la capacità di muoversi in maniera discreta, finanche arrivando a non essere vista o udita nelle situazioni in cui non avrebbe avuto a dover essere vista o udita; nulla di tutto ciò che ella avrebbe mai potuto fare avrebbe avuto a potersi fraintendere pari a ciò di cui una feriniana come Lora Gron’d sarebbe stata capace, e sarebbe stata capace non per qualche particolare impegno, quanto e piuttosto per propria semplice condizione di natura. Tuttavia, per quanto Lora Gron’d potesse sicuramente vantare, per grazia della propria natura feriniana, la capacità di muoversi in maniera discreta, finanche arrivando a non essere vista o udita da semplici esseri umani; nulla di tutto ciò che ella avrebbe mai potuto fare avrebbe avuto a potersi fraintendere pari a ciò di cui un’ofidiana come Har-Lys’sha sarebbe stata capace, e sarebbe stata capace non per un qualche particolare impegno, quanto e piuttosto per propria semplice condizione di natura. Una condizione di natura, quella propria di Lys’sh, pertanto semplicemente stupefacente. E, ciò non di meno, una condizione di natura che, per di lei stessa ammissione, non avrebbe avuto ancora a potersi porre in paragone con quella che sarebbe stata la reale capacità d’azione di un’ofidiana purosangue qual, invero, ella non era, nel dover riconoscere, fra i propri antenati, anche un’umana.
A confronto con ciò, quindi, il fatto che nessuno stesse mantenendo allor gli occhi chiusi, pur rappresentando un estemporaneo e indubbio vantaggio, non avrebbe avuto a dover essere considerato al pari di una condizione necessaria per la riuscita dell’intervento di Lys’sh. E di quell’intervento che, dopo averla veduta muoversi in maniera praticamente impercettibile fino a lui, sopraggiungendo alle sue spalle, la ritrovò pronta ad agire, secondo quanto concordato.
Forse, se soltanto in quel particolare momento l’azione concordata fosse stata quella volta a veder conficcati i due pugnali della donna rettile profondamente nella schiena di Nessuno, trapassandogli senza particolare impegno il cuore, tutto ciò avrebbe potuto effettivamente sancire la fine di quel confronto, nella morte di quel dannato pifferaio e nella conseguente fine della sua malevola malia. Ma Lys’sh non avrebbe avuto a doversi fraintendere qual un’assassina a sangue freddo, in misura tale da potersi concedere una simile azione, in maniera tale da sospingersi a colpire un uomo alle spalle senza che neppure egli avesse a riservarsi la benché minima consapevolezza nel merito della sua presenza lì. E Midda non soltanto ne era perfettamente consapevole, e mai avrebbe avuto a chiederle di agire in tal maniera delegando a lei, oltretutto, l’onere di una morte a sé attribuibile; ma, ancor più, non avrebbe neppure desiderato, allora, pretendere esplicitamente la morte di Nessuno. Non, per lo meno, senza aver prima avuto la possibilità di comprendere perché egli avesse fatto tutto ciò... o, per meglio dire, per chi egli avesse fatto tutto ciò.
Così, allorché estrarre le proprie lame per affondarle, profondamente, nella schiena dell’uomo, Lys’sh ebbe a limitarsi a gettarsi su di lui, nel tentativo di strappargli quel diabolico flauto dalle mani e interrompere, in tal maniera, l’incantesimo così gettato su tutti gli abitanti della città del peccato...
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