« Una sorpresa...? » domandarono praticamente all’unisono, strabuzzando gli occhi.
« ... è tornata mamma?! » suggerì speranzosamente Tagae, ipotizzando che, forse, potesse essere appena rientrata e, per questo, non avesse fatto in tempo a venire alla torre di Brote per salutarli prima.
« Ehm... no. » sorrise Arasha, scuotendo appena il capo « Però effettivamente un paio di volti nuovi... o quasi... sono arrivato in città. » puntualizzò, aggrottando lievemente la fronte « E mi sento sufficientemente sicura di poter affermare che sarete contenti di conoscerle. »
« Cosa vuol dire “o quasi”...?! » questionò Liagu, dimostrando di prestare molta attenzione alle parole pronunciate dalla zia, non essendosi lasciata sfuggire quel fugace inciso.
« Non voglio rovinarvi la sorpresa. » ammiccò verso i due « Andare a cercare Eli e vostro padre... e sono certo che capirete cosa intenda dire. » suggerì poi, tornando verso il bancone e preparandosi a riempire altri boccali per altri clienti.
I due pargoli non se lo fecero ripetere una seconda volta e, sospinti da una giusta curiosità, si mossero rapidi in direzione delle stanze, alla ricerca del genitore e della bimba, per cercare di comprendere cosa potesse voler dire quel “o quasi” e, soprattutto, chi fossero i nuovi volti arrivati in città. E non fu particolarmente difficile ritrovarli, né nella loro attuale ubicazione, che senza particolare originalità coincideva con la camera da letto di mamma e papà, né, tantomeno, nei gridolini di Eli, la cui vocina acuta, tipica di una bimbetta della sua età, non avrebbe potuto ovviare a riecheggiare squisitamente all’interno dei corridoi della locanda, giusto perdendosi soltanto a confronto con l’entropica confusione propria della sala principale.
Così, in quattro e quattr’otto, Tagae e Liagu raggiunsero loro padre Be’Sihl e la piccola Eli... e, così facendo, ebbero a ritrovarsi a confronto con due volti decisamente tutt’altro che nuovi, avendo a corrispondere, in tutto e per tutto, a quelli di Midda, o di Maddie, o di Rín, con l’unica differenza derivante da una decisamente più giovane età.
« Urca! » esclamò Liagu, ben comprendendo, ora, il perché di quel “o quasi” scandito da Arasha.
« Ma sono delle bambine! » osservò Tagae, non del tutto sbagliando dal proprio personalissimo punto di vista, laddove, in fondo, non più di un paio di anni avrebbero avuto a separarli da quelle due figure, già ormai prossime all’adolescenza e, ciò non di meno, ancor aggrappate agli anni più innocenti della propria vita, e di quella vita infantile nella quale, ancora, Tagae e Liagu avrebbero avuto a riconoscersi pienamente, almeno a livello anagrafico.
L’ingresso in scena di quella coppia non poté che cogliere di sorpresa Mera Ronae e Namile, le quali, per un fugace istante, avevano già dimenticato dell’esistenza di quei cugini adottivi, e di quei cugini che mai, sino a quel momento, avevano avuto occasione di incontrare.
Tuttavia, nel momento in cui quei due fecero la propria apparizione sulla soglia della loro estemporanea, nuova camera, non fu complicato riuscire a identificarli, anche in virtù del fatto di quanto, effettivamente, avessero a poter essere scambiati realmente per la possibile progenie di Midda e di Be’Sihl, e una progenie nella quale, a differenza loro, anche il sangue del padre si era chiaramente impegnato a offrire il proprio contributo ereditario.
Il caso, nella propria più palese ironia, doveva quindi aver cercato di offrire alla Figlia di Marr’Mahew un qualche genere di risarcimento morale, dopo che, ancor in giovinezza, loro madre Nissa le aveva negato in maniera imperitura la possibilità di avere dei figli, in conseguenza a una lama spiacevolmente affondata nel ventre. Ragione per la quale, pur ancor non conoscendoli, e, soprattutto, ancor non avendo ben compreso in quale maniera potersi emotivamente confrontare con la loro zietta; Meri e Nami non poterono negarsi una certa, quieta soddisfazione a confronto con tutto ciò, felici per la felicità stessa che, allora, doveva essere stata concessa alla loro parente in grazia all’ingresso nella propria vita di quella coppia.
« Immagino che voi siate Tagae e Liagu. » balzò subito in piedi Nami, muovendosi verso di loro per accoglierli e accoglierli in maniera quanto più possibile amichevole, a braccia aperte, fosse anche e soltanto per rispetto a tutte le premure che stava offrendo loro Be’Sihl « Il mio nome è Namile... e lei è mia sorella Mera. »
« Namile... Mera... » ripeté Tagae, quasi a soppesare quei nomi.
« Siete le figlie di Nissa! » riconobbe altresì Liagu, con aria, se possibile, ancor più sorpresa rispetto a quella che avrebbe potuto vantare un istante prima, evidentemente non avendo mai ipotizzato che sarebbe stata loro concessa occasione di incontrarle.
« Esatto. » annuì Meri, alzandosi a sua volta dai piedi del letto ove si erano accomodate per scambiare quattro chiacchiere con Be’Sihl, e muovendosi a sua volta in direzione della coppia di nuovi arrivati « E’ un piacere incontrarvi... Midda ci ha parlato molto di voi, pur nel poco tempo che siamo state insieme. »
Un’affermazione, la sua, che avrebbe potuto apparire mossa da un qualche desiderio di formale cortesia, ma che non avrebbe avuto a dover essere frainteso in tal senso, laddove, in effetti, Midda non aveva mancato loro di parlare di Tagae e Liagu in occasione del loro ultimo incontro in quel del porto di Lysiath, esprimendosi con la fierezza propria di una madre e, in tal senso, rassomigliando a sua sorella, alla loro defunta madre, molto più di quanto probabilmente ella stessa non avrebbe avuto piacere a scoprire.
Di Mera Ronae e Namile, d’altro canto, Tagae e Liagu non avevano avuto grandi occasioni di sentir parlare prima, sapendo della loro esistenza, certamente, e, ciò non di meno, poco di più, in termini tali per cui, probabilmente, non si fossero presentate, avrebbero potuto trovare più sensato indicarle come altre due viaggiatrici dimensionali, al pari di Maddie e Rín, piuttosto che loro stesse. E se, pur, non erano loro mancate numerosissime storie utili a indentificare istintivamente Nissa quale il peggiore dei mali possibili, soprattutto per tutto ciò che ella aveva fatto a discapito della loro genitrice adottiva, nel ritrovarsi innanzi a quei due volti pur necessariamente amati, in quanto equivalenti a quello di loro mamma, essi non poterono riservarsi esitazione alcuna nell’accettarle nella propria vita, e nell’accettarle non senza un certo, preventivo affetto.
Così, con una certa, necessaria timidezza, e pur nella volontà di non porre barriere fra loro, i due figli di Midda e le due figlie di Nissa ebbero, allora, a impegnarsi in un gesto tanto semplice quanto importante, almeno nel confronto con l’idea di una sorta di riconciliazione storica fra i loro due rami della medesima famiglia, e di una famiglia che per oltre trent’anni era stata dilaniata da una terribile faida: si abbracciarono.
« Benvenute... » dichiarò Tagae, stringendosi a Nami.
« Benvenute! » le fece eco Liagu, chiudendo le braccia attorno a Meri.
E se Mera Ronae e Namile, ancora, avrebbero potuto riservarsi, sino a quel momento, un qualche dubbio di sorta su quanto potessero aver fatto bene a lasciare la Jol’Ange per avventurarsi in quella nuova avventura, fu in quell’abbraccio così spontaneo che ebbero a potersi convincere definitivamente di quanto compiuto.
Un abbraccio al quale, immediatamente, volle prendere ovviamente parte anche la piccola Eli, la quale, saltando di corsa giù dal letto e correndo contro di loro, quasi le balzò contro al grido di: « Anch’io! Anch’io! »
“Cosa ti stai perdendo, amor mio...” pensò in cuor suo Be’Sihl, osservando, non senza una certa commozione, quella scena, orgoglioso per il comportamento di Tagae e Liagu, e felice per la serenità con la quale tutti quanti, in quel frangente, stavano impegnandosi ad affrontare la situazione “Cosa ti stai perdendo!” si ripeté, francamente dispiaciuto per Midda, la quale, nella propria assenza, non era lì ad assistere a quel gesto, e a quel gesto che, pur così semplice, non avrebbe potuto ovviare a riservarsi uno straordinario valore.
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