Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.
Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!
Scopri subito le Cronache di Midda!
www.middaschronicles.com
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E siamo a... QUATTROMILA!
Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!
Grazie a tutti!
Sean, 18 giugno 2022
Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!
Grazie a tutti!
Sean, 18 giugno 2022
venerdì 15 agosto 2008
218
Avventura
006 - Condannata
La luce della luna, entrando dalla finestra ricavata nel muro di pietra lavica, priva di imposte, avrebbe dovuto incontrare in quella stanza, su quel letto all’interno della dimora di El’Abeb, il conturbante corpo della donna guerriero, delicatamente posto lì a riposo, forse nudo sotto un leggero lenzuolo a coprirne le incantevoli forme, i seni prosperosi, i fianchi rotondi, il ventre delicatamente sporgente nella conformazione che ad ogni respiro avrebbe proposto forti addominali emergere da sotto la pelle candida, ancora segnata dalle piaghe a lei inferte ma ormai sempre più risanata, sempre più tendente alla sua meravigliosa normalità. I freddi e bianchi raggi dell’astro notturno avrebbero dovuto accarezzare il di lei volto placidamente immerso nel sonno, con palpebre leggermente frammenti nelle proprie lunghe ciglia, chiara epidermide appena segnata da tante piccole lentiggini concentrate soprattutto in prossimità del di lei naso, in uno spettacolo che avrebbe ceduto al fascino più che ad una vera e propria bellezza, in una malia che sola poteva rendere desiderato quel viso così brutalmente segnato da un profondo sfregio, il quale ne dilaniava il lato sinistro allo stesso modo in cui il nero metallo del di lei braccio creava un orrendo contrasto sul lato destro. Ciò sarebbe dovuto essere così presentato al selenico disco, ma nulla di tale lì apparve, niente di simile lì si concesse: vuoto, infatti, era il nero letto, privo di colei che avrebbe dovuto riscaldarlo ed ornarlo con la propria presenza, privo di colei che avrebbe dovuto essere ospitata in quell’abbraccio forse troppo ruvido ugualmente accogliente.
Midda, infatti, tutt’altro che nuda, rapidamente muoveva il proprio corpo fuori dalla stessa finestra, arrampicandosi con grazia e semplicità sulla parete dell’edificio diretta verso il tetto, silenziosa ed invisibile allo sguardo quale ombra nella notte. La planimetria secondo la quale era stata realizzata quella città, non diversamente da quelle del mondo esterno, le concedeva infatti la possibilità di muoversi con maggior efficienza e minor rischio da sopra i tetti delle costruzioni piuttosto che attraverso le strade posta fra essi, e così come già molte volte si era ritrovata a fare nella propria vita, anche in quell’occasione ella scelse per tale alternativa nel compimento del proprio piano, della propria idea. Raggiunto il vertice desiderato, la mercenaria osservò il panorama oscuro attorno a sé, entro i limiti offerti dal di lei sguardo, mentre la sua memoria, fortunatamente molto buona, le riproponeva con estrema precisione tutti i dati appresi nel corso di quella giornata sulle posizioni utili, sulle coordinate che avrebbe dovuto e voluto raggiungere. Verificando con prudenza che alcuna guardia si fosse accorta della sua passeggiata notturna, la Figlia di Marr’Mahew impostò un corretto ritmo alla propria respirazione prima di compiere la brevissima corsa utile ad acquisire il minimale di velocità necessario a spiccare così il volo in un salto fra quel tetto e quello di uno degli edifici vicini, atterrando in maniera più silenziosa e delicata possibile per evitare di attrarre interessi non graditi. Alcuna pausa si concesse, giunta in quel punto, prima di riprendere in direzione del tetto successivo, e da lì proseguire attraverso un tragitto accuratamente pianificato fino a raggiungere il proprio obiettivo.
Sporgendosi appena dal tetto per assicurarsi di aver scelto la finestra più corretta, la donna guerriero si lasciò scivolare in essa con un’agile capriola, grazie alla quale ella atterrò di fronte ad un marinaio addormentato.
Appoggiando la mancina sulle di lui labbra, per evitare che potesse offrire qualche sussulto di sorpresa, gli sussurrò: « Tamos… svegliati. »
Il giovane sbarrò gli occhi a quel tocco ed a quel richiamo, per poi osservarla in maniera interrogativa.
« So che ti sei fatto tanti amici in questo posto, ma io non riesco a fidarmi di nessuno di loro… » spiegò la donna, intuendo le di lui possibili domande, con tono delicato, quasi quanto un sospiro leggero « Prima di essere coinvolta in qualcosa di cui non potrei avere il controllo ho intenzione di cambiare aria e tu, ovviamente, verrai con me. »
Costretto al silenzio, egli non tentò alcuna risposta a quelle affermazioni, accennando appena con il capo un intento positivo.
« Bene… bravo ragazzo. » sorrise ella, liberandolo dalla propria mano « Vestiti in fretta e lascia qui tutto ciò che non ti è indispensabile. »
« Sì… » commentò finalmente, sollevandosi a sedere sul letto.
Midda si ritrasse così da lui, attendendo che egli si preparasse, ma il giovane restò immobile ad osservarla, come in attesa di qualcosa, fino a quando non domandò: « Allora? »
« Ehm… » sussurrò, chinando appena lo sguardo con evidente imbarazzo.
« Thyres! » sbarrò appena gli occhi ella, incredula « Va bene… ma sbrigati. Ti aspetto di sopra. »
Così dicendo, la donna tornò verso la finestra da cui era entrata per risalire da lì fino al tetto, ad aspettare che il compagno superasse i propri pudori e si decidesse a raggiungerla. L’attesa si prolungò per molto meno tempo di quanto ella non avrebbe creduto, e dopo breve anche Tamos si arrampicò senza fatica, seguendo il di lei percorso: vestito con i propri classici abiti, non portava con sé l’ingombrante tridente, in favore di un paio di semplici pugnali in pietra, non diversi da quello posseduto dalla donna.
« Eccomi. » dichiarò semplicemente « Dove andiamo ora? »
« Fuori di qui… » rispose ella, rialzandosi a preparandosi al nuovo tragitto « Se c’è qualcosa di estremamente semplice è di certo evitare l’attenzione delle guardie dovendo uscire da una città, laddove il loro interesse è evitare che qualcuno entri. »
Il cammino della donna, ora non più sola, riprese senza ulteriori indugi, dirigendosi verso il lato opposto a quello dell’unica soglia d’ingresso della città, scegliendo un punto equidistante fra le torrette di guardia in cui vi fossero minori possibilità di essere individuati. Effettivamente, come da lei sottolineato, l’interesse principale dei custodi di quell’insediamento risultava essere quello di evitare che estranei non autorizzati potessero giungere a turbare il sonno degli abitanti ma non quello di prevenire che qualcuno di questi ultimi avesse desiderio di lasciare la protezione offerta da quelle mura in pietra lavica: senza ostacoli, pertanto, la coppia poté saltare di tetto in tetto a giungere fino alla cinta protettiva e da lì ridiscendere silenziosamente fino a terra per poter poi correre a porre maggiore distanza possibile fra loro stessi e la città alle proprie spalle.
« Ora dovremmo essere al sicuro… » commentò la donna, arrestando infine quella fuga nel volgere il capo dietro di sé e constatare il cammino compiuto.
« Potresti allora offrirmi un minimo di spiegazione? » domandò il giovane, affiancandola finalmente, meno abituato a correre sulla terraferma rispetto ad ella.
« Cosa non è chiaro? » replicò ella, aggrottando la fronte verso di lui.
« Perché siamo scappati? » si provò a spiegare meglio egli, aprendo le braccia a sottolineare il proprio smarrimento con quel gesto enfatico.
« Perché non avremmo dovuto farlo? » rispose la Figlia di Marr’Mahew, osservandolo incuriosita « Per quanto El’Abeb abbia offerto spiegazioni più solide rispetto a quelle di sua figlia Sa-Chi, molti sono ancora i punti oscuri in tutta la politica di questa prigione e non ho interesse a spendere un solo minuto in più della mia vita per comprendere chi possa desiderare realmente prestarmi aiuto… »
« El’Abeb ci avrebbe aiutato a scappare: per domani era già stata indetta una riunione in tal senso. » osservò il marinaio, scuotendo il capo « Il tuo obiettivo è anche il loro… da anni! »
« La realtà, purtroppo, ha sempre più di un aspetto, Tamos… » sorrise ella, continuando a camminare « Ho grande stima per me e per le mie capacità, ma non sono portata a credere che la mia sola presenza potrebbe mutare le sorti di un conflitto che si protrae da più di un lustro. »
Il giovane restò in silenzio a quell’affermazione, non sapendo cosa e come replicare ad ella laddove tanto sicura appariva in quell’analisi.
« Potrei anche sbagliarmi… » sottolineò Midda, volgendo lo sguardo verso di lui « Ma preferisco pagare le conseguenze di un mio errore, piuttosto che ritrovarmi a dover prestare pegno per sbagli commessi da altri in mia vece. »
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1 commento:
Potrebbe aver ragione, ma forse avrebbe fatto meglio ad attendere.
Dopotutto, anche loro avessero avuto altri piani... uno scontro tra le due fazioni avrebbe per forza fatto abbassare le difese e i controlli verso l'ingresso, no?
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