11 gennaio 2008 - 11 gennaio 2018: dieci anni con Midda's Chronicles!

Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.


Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!

Scopri subito le Cronache di Midda!

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E siamo a... QUATTROMILA!

Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!

Grazie a tutti!

Sean, 18 giugno 2022

sabato 2 maggio 2009

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« G
razie. » mi ritrovai, involontariamente, a balbettare per tutta risposta.

Difficile sarebbe stato non essere spiazzata all'idea che una signora del rango della principessa si fosse proposta in maniera del tutto spontanea nell'offrire il proprio aiuto ad una serva, anziché richiederlo dalla medesima. E per quanto negli ultimi giorni i rapporti fra noi si fossero placati, vedendoci semplicemente essere quali donne, compagne, complici in quella fuga, a livello inconscio ammetto che rimasi comunque intimorita da tale favore, assoggettata di fronte all'offerta concessami.

« Guarda… devi intrecciare qui e poi stringere così… » mi indicò, ignorando l'incertezza dimostrata nella mia replica e restando tranquilla a mostrarmi come procedere, quasi come una madre con la figlia, una sorella maggiore con la secondogenita « Tira bene i lacci, alla fine, per verificare che non si possano sciogliere da soli: sarebbe imbarazzante perdere le brache durante una corsa. »
« In effetti… » sorrisi, divertita all'idea di ritrovarmi ad inciampare nei miei stessi pantaloni in un momento di panico, tale da richiedermi, addirittura, una fuga di corsa « Hai dimestichezza con questi abbigliamenti… » osservai poi, nel desiderio di cercare maggiore dialogo con lei.
« Tutti noi abbiamo dei piccoli segreti nel nostro passato. » commentò lei, alzando appena lo sguardo verso di me « Uno dei miei è la vera origine di mia madre. » accennò a confidarmi, ciondolando leggermente in quelle parole, quasi incerta fra proseguire o meno in esse.
« Cosa intendi? » insistetti, sbarrando appena gli occhi per lo stupore a simile accenno.
« Resti fra noi, ma mia madre non è y'shalfica, nonostante abbia adattato il proprio nome per non incorrere in troppi pregiudizi a seguito del matrimonio con mio padre. » mi spiegò, piegando appena il capo di lato « In verità è nata e cresciuta in terra mes'eriana, trasferendosi ad Y'Shalf solo per questioni di cuore. »
« Oh… » sussurrai, sinceramente stupita per la confidenza della quale mi aveva voluto rendere partecipe.

Simile fiducia era qualcosa che non mi sarei mai attesa fino a poche settimane prima, qualcosa che neanche allora, in verità, avrei mai previsto da parte sua e che, forse, non avrei saputo concederle io, in una situazione inversa, reciproca. Nass'Hya, con quelle parole, quel segreto che qualcuno avrebbe potuto considerare banale, comunque privo di ogni genere di compromissione per lei o per la sua famiglia, stava offrendomi un segno concreto di distensione, di pace fra noi… forse addirittura di amicizia, nel seguire il tentativo già promosso dalla mercenaria con la narrazione della propria vita.

« Per certi versi, in fondo, la mia storia non si propone troppo diversa dalla sua e spero che, anche per questo, i miei genitori potranno comprendermi e perdonarmi per la mia scelta. » proseguì, con evidente incertezza nel proprio tono, nella propria voce.
Restai per un lungo momento in silenzio, dubbiosa sulla possibilità di insistere in una certa direzione con quel discorso, temendo di poter apparire forse troppo indiscreta nei suoi riguardi, salvo poi comunque esprimermi, delicatamente: « E lui… chi è? »
« Intendi dire l'uomo per cui sto facendo tutto questo? » tentò di esplicitare l'aristocratica, dimostrandosi assolutamente serena a tal proposito, anzi forse addirittura sollazzata da simile argomento.
« Sì. » annuii per tutta risposta, felice dentro di me per la leggerezza con cui stavamo riuscendoci a confrontare, in un modo con cui non mi era mai stato possibile nei confronti di una nobildonna, scoprendo quanto anch'ella fosse vicina a una persona comune, dotata di propri sogni, speranze, paure e dubbi « Vi avevo sentito parlare di lui come di un signore kofreyota… ma non ho capito e, sinceramente, non ho voluto intendere molto di più a tal riguardo. »
« Beh… considerarlo un "signore" credo sia un abuso di tale termine… » ridacchiò a quel punto, coprendosi appena le labbra con la propria mano destra « E' un furfante, un predone della peggior risma che ha avuto occasione di arricchirsi e di ritagliarsi un proprio territorio di potere in quella conosciuta come città del peccato. Qualcosa di ben lontano, quindi, dall'essere considerato un signore, nell'accezione classica di simile parola. »
« Oh… ma… » commentai, restando interdetta da una presentazione di quel livello, tutt'altro che volta ad offrire di lui un quadro accattivante o trasognante quale ci si sarebbe potuto attendere nel giustificare ciò a cui stava dando luogo con quella romantica fuga « Non capisco… »

L'imbarazzo in me, a quelle parole, fu evidente. Mi ritrovai ad essere decisamente confusa nel merito di tutta la questione: del resto l'idea che una principessa y'shalfica, possibile sposa per il nostro sultano, potesse rinunciare con simile leggerezza a tutta la propria vita, a tutti i propri onori, ad ogni ricchezza e gloria per ricercare un qualche futuro in compagnia di una sorta di criminale, non sarebbe stata logica per alcuno… almeno credo.
In mio aiuto sopraggiunse, così, la mercenaria: dopo averci offerto un po' di riservatezza per il cambio di abiti e per quel breve dialogo, ella notando la mia difficoltà nel medesimo decise di ritrovare parola, intervenendo fra noi.

« Avanti… se aspettiamo ancora un po' la cena rischia di carbonizzarsi sul fuoco. » ci richiamò, accennando alla coppia di lepri catturate nel pomeriggio e da lei già poste a rosolare al fuoco acceso per la notte imminente.
« Arriviamo! » rispose prontamente Nass'Hya, voltandosi nella sua direzione « Ammetto un certo appetito questa sera. »
« Fath'Ma? » mi apostrofò direttamene, con un ampio sorriso « Tu non hai fame? »
« Certo… » confermai, cercando di lasciare per il momento da parte ogni mio dubbio, al fine di non rovinare con essi l'atmosfera presente « Sperando solo che siano meno stoppose rispetto alle ultime! »
« Ma in quel caso non è colpa degli ingredienti, quanto della cuoca… » ridacchiò la principessa, scherzando in merito alle doti della Figlia di Marr'Mahew in quel campo decisamente lontano dall'arte della guerra nel quale, comunque, ella era in grado di cavarsela quasi dignitosamente.

Nelle chiacchiere con le mie compagne di ventura, nelle sane risate d'allegria che, reciprocamente, riuscimmo ad infonderci l'una nell'altra, ebbi modo di godermi al massimo quella serata. In verità nulla in quelle ore si propose particolarmente differente rispetto alle sere precedenti, alle cene già consumate insieme: da un punto di vista personale, però, forse in conseguenza del nuovo giudizio maturato in merito alla principessa, forse in virtù di quelle nuove vesti tali da rendermi fisicamente più libera, emancipata, accolsi quell'esperienza quale assolutamente inedita, meravigliosa e memorabile. Un ricordo splendido, nella mia mente e nel mio cuore, che si contrappose in maniera paradossale con ciò che ne seguì, con gli eventi che nei giorni ad esso successivi segnarono per sempre, inaspettatamente, il nostro viaggio, nonché la missione della donna guerriero.
Nessuna fra noi avrebbe potuto immaginare che saremmo state poste innanzi a verità prima di allora del tutto ignorate sulle reali ragioni dell'abbandono di quel fronte di guerra, del trasferimento del conflitto a sud, lontano dalle vette in precedenza cuore pulsante dell'inimicizia, dell'astio fra Kofreya ed Y'Shalf: tali motivazioni, non ricercate, non desiderate, si concessero ugualmente tanto forti e terribili, concrete e inequivocabili, da spingere tutte noi a comprendere il silenzio collettivo e complice mantenuto attorno a tutto ciò, dove addurre razionalmente la responsabilità di tale scelta ad una possibile irritazione gorthese sarebbe risultato essere più ovvio, più naturale e, per questo, accettabile rispetto a ciò a cui altresì di ritrovammo ad andare incontro.
Pochi giorni dopo, infatti, inoltrateci all'interno dei monti Rou'Farth, alla ricerca di un antico valico ormai non più battuto da alcun'anima mortale, i nostri passi finirono con il condurci ad una costruzione dimenticata, ad un'erezione persa nella memoria dell'umanità nel corso dei secoli, in conseguenza di una chiara e definita decisione a tal riguardo: una fortezza posta sprezzante fra i ghiacci di quelle cime innevate.

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