11 gennaio 2008 - 11 gennaio 2018: dieci anni con Midda's Chronicles!

Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.


Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!

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E siamo a... QUATTROMILA!

Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!

Grazie a tutti!

Sean, 18 giugno 2022

domenica 31 maggio 2009

506


I
l signore del maniero fu di parola e, dopo diverse ore, forse addirittura il giorno seguente, le mie compagne ed io fummo svegliate dall'arrivo del drappello di sarte preposte alla preparazione della promessa sposa.
In verità, probabilmente, io fui la sola ad essere richiamata alla coscienza dalla venuta di quel contingente, dove, riaprendo gli occhi, ritrovai sia la principessa, sia la sua guardiana assolutamente lucide, per quanto visibilmente provate, entrambe, dalla tensione del momento. Ad essere sincera mi è difficile, tutt'ora, comprendere come io stessa riuscii a prendere sonno in una tale situazione: probabilmente, nel dimostrare per l'ennesima volta minore capacità di autocontrollo rispetto a loro, il mio organismo doveva essere giunto ad una situazione tale da obbligarmi a quel crollo. O, meno banalmente, quanto accaduto, quella flebile ma pur presente speranza accesasi innanzi a noi, aveva ingenuamente offerto ai miei nervi la possibilità di distendersi, non esigendo da me ulteriori veglie. Comunque non mi è stata concessa possibilità di conoscere se davvero entrambe non approfittarono di quel momento di riposo, nell'attesa di nuove azioni da parte del nostro anfitrione, o se altresì semplicemente entrambe si ridestarono prima e meglio di me all'arrivo delle sarte.
Spettri anch'esse, come previsto, si presentarono quali un gruppo di ben sette elementi, con espressioni del tutto apatiche ma, probabilmente, non troppo diverse da quelle che dovevano aver avuto in vita, nel compimento dei propri doveri al servizio di chissà quale padrone. Improvvisamente, osservandole all'opera, non potei evitare di formulare, almeno nel mio intimo, una curiosità nei riguardi delle loro storie dove, evidentemente, ognuna di loro doveva aver avuto un proprio passato precedente al momento in cui il fato le aveva riunite sotto il mostro a cui ora prestavano la loro opera.
Quando avevano vissuto? Dove avevano vissuto? Erano y'shalfiche anch'esse oppure kofreyote? Come erano morte? E, soprattutto, perché erano state così condannate dagli dei nell'esser rinchiuse all'interno di quel maniero?
Molte domande, forse troppe, quelle che affollavano la mia mente e che da lì non avrebbero potuto trovare modo di evadere a meno di non riuscire ad ottenere delle risposte da quegli spiriti. Un'idea assurda che, però, nell'ancor più innaturale contesto in cui eravamo state catapultate nostro discapito non poté che essere presa in esame in maniera fin troppo seria. Così, quando una di quelle sette donne, quei sette fantasmi ombre di coloro che un tempo erano state donne, continuando nel proprio operato, prese parola verso la propria futura signora, o presunta tale, non potei che trovare un inatteso coraggio, nel cogliere anch'io l'occasione per esprimermi.

« Come desideri questa veste, mia signora? » domandò con voce flebile, un innaturale sussurro condotto dal vento, quello spirito, volgendo il proprio sguardo vuoto e spento, i proprio occhi bianchi e privi di iridi o pupille, verso la diretta interessata.
« Voi… parlate? » intervenni, con evidente stupore.

Ancor più che la voce degli spettri, fu la mia presa di posizione in quel dialogo a cogliere in contropiede l'aristocratica e la mercenaria, le quali mi guardarono non per esprimere rimprovero ma, piuttosto, curiosità sulle ragioni di quel mio atto: evidentemente, anche in conseguenza del mio comportamento fino a quel momento, dell'umana e naturale pavidità da me dimostrata, imprevedibile sarebbe stata simile mia azione.
I fantasmi, dal canto loro, restarono per un lungo istante in silenzio, quasi incerti su come comportarsi innanzi alla mia domanda, salvo poi decidere a favore di un intervento, evidentemente non ritrovando alcuna ragione contraria a concedermi risposta.

« Il nostro padrone ci ha concesso questa possibilità per soddisfare al meglio i desideri della signora. » spiegò, pertanto, colei eletta a portavoce per il gruppo « Private della possibilità di un dialogo non avremmo potuto porre eventuali questioni utili a conoscere ogni dettaglio utile per il compimento del nostro incarico. »
« Pensare ti poter anche soddisfare qualche umano dubbio nel contempo in cui il lavoro procede? » insistetti allora, quasi spronata dalla risposta dello spettro, per quanto quella voce non mancava di farmi gelare il sangue nelle vene.

Le sarte si guardarono reciprocamente, evidentemente sorprese dalla mia volontà: da quando erano morte, come solo più tardi scoprimmo, non avevano mai avuto occasione di dialogare con qualsivoglia mortale, né, più banalmente, di potersi esprimere in maniera quasi conscia come, invece, stava venendo ora loro concesso. Tanta libertà, in conseguenza, le stava anche spaventando, preoccupate per eventuali ire nelle quali sarebbero potute incappare per un loro abuso in tal senso.
Ma, forse proprio intuendo, comprendendo le cause di quel dubbio, la principessa colse al volo la possibilità offerta in quel momento, prendendo a sua volta parola per sollecitare simile dialogo.

« Io... lo gradirei molto. » dichiarò, modulando la propria voce come succube di una velata timidezza, di un timore reverenziale nei confronti dell'ignoto posto di fronte a sé, in una simulazione a dir poco perfetta « Ve ne prego… »
Tale richiesta, così, sciolse ogni inibizione negli spettri, che annuirono e dichiararono: « Nostro compito è soddisfare la tua volontà, nei limiti delle regole stabilite dal padrone. »

Gettando, quasi casualmente, il mio sguardo nella direzione della donna guerriero, colsi il suo viso assumere un'evidente espressione di soddisfazione per quella piega non programmata e pur positiva degli eventi. Sebbene, infatti, nella strategia pianificata ci eravamo riservate la possibilità di salvezza senza doverci subordinare alla conoscenza, e quindi all'acquisizione, di determinate informazioni, riuscire a comprendere con chi avevamo a che fare, in quale particolare ed orrenda situazione ci eravamo venute a ritrovare, sarebbe tornato unicamente a nostro vantaggio, immediato, ed a suo vantaggio, futuro.
Per questo, con un lieve movimento di assenso del proprio capo, ella volle informarmi della sua approvazione per quell'azione. Un gesto che, da parte mia, fu accolto con un sincero entusiasmo nel sentirmi, improvvisamente se pur casualmente, utile per il nostro piccolo gruppo.

Incitata in tal modo, offrii immediatamente la prima delle mie numerose domande, nel rivolgermi verso il gruppo di ombre: « Senza voler apparire indiscreta… chi siete? »
« Intendi forse dire: chi siamo state? » replicò lo spirito, volgendo nuovamente a me la propria attenzione, il proprio sguardo vuoto e privo di ogni luce vitale « Giovani donne e serve, esattamente come te. »
« Giovani? » ripetei, sottolineando in ciò un'evidente ingenuità di fondo nel mio rapporto con quella realtà sovrannaturale, assolutamente veniale per propria stessa argomentazione « Siete… morte… giovani? » chiesi, incerta nell'adoperare simile verbo, dove una tale domanda si poneva lontana da ogni senso di ordinario.
« Invero la maggior parte di noi non ha neppure raggiunto l'età adulta. » confermò la mia interlocutrice, con funerea fermezza nella propria voce.

Confusa cercai di vincere ogni timore nello scorrere, con il mio sguardo, i volti delle sette sarte, cercando sugli stessi indizi in merito alla loro età, all'età maturata al tempo del loro decesso. Sebbene le parole dello spettro, però, fossero inequivocabili, al mio sguardo parve impossibile distinguere con precisione un qualche carattere utile a confermarle: in conseguenza della loro attuale condanna, i sette spettri apparivano, fra loro, estremamente omogenei, non proponendo, se non addirittura ostacolando, la presenza di eventuali univocità tali da permetterne la distinzione. L'esistenza quale spirito, il loro stato di ombre, aveva reso quelle sette donne, quelle sette giovani, poco più che fanciulle, assolutamente similari fra loro, facendo loro smarrire ogni identità personale con le quali, altrimenti, potersi ritenere umane.

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