11 gennaio 2008 - 11 gennaio 2018: dieci anni con Midda's Chronicles!

Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.


Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!

Scopri subito le Cronache di Midda!

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E siamo a... QUATTROMILA!

Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!

Grazie a tutti!

Sean, 18 giugno 2022

lunedì 4 maggio 2009

479


P
rovate a focalizzare la vostra mente sul profilo dei monti Rou’Farth.
Cime scoscese, vette talvolta irraggiungibili modellate nella roccia più forte, più solida, che si ergono verso il cielo in una parete quasi verticale, tale per cui anche il più agile degli stambecchi non potrebbe trovare alcuna possibilità di sfida nel confronto con la medesima, arrendendosi all'evidenza del proprio limite, della propria impossibilità a raggiungere quanto gli dei, evidentemente, hanno deciso debba restare inviolato.
Provate, ora, a immaginare come su tale superficie si possa improvvisamente presentare la facciata di un edificio, scavato all'interno del cuore stesso delle montagne.
Dimensioni colossali, superiori a quelle cui mai un mortale, fosse esso anche il più folle ed egocentrico mai vissuto su questa terra, avrebbe potuto desiderare: una gigantesca, ciclopica edificazione ricavata dalla stessa roccia immortale di quelle montagne, contro la quale alcun esercito, per quanto possente, per quanto imperioso, avrebbe mai potuto osare nulla. Impossibile supporre chi avrebbe mai potuto essere autore di una siffatta opera, una meraviglia priva di eguali e dimenticata dalla storia stessa dell'umanità, forse per errore, come inizialmente avevano supposto, ma più probabilmente per orrore, come successivamente potemmo purtroppo constatare direttamente.
Riprendendo uno stile a metà strada fra quello kofreyota ed il nostro y'shalfico, quanto visibile in quel prospetto presentò quattro incredibili pilastri svettanti verso l'alto, tendenti alla volta celeste con un'altezza impossibile da poter stimare, valutare, e fondati su basi esagonale, ognuna di oltre trenta piedi per lato. Spingendo il proprio sguardo a levarsi dal suolo, sfidando quello spettacolo, in un miscuglio quasi naturale con la stessa montagna da cui quelle pareti avevano avuto origine sarebbe emerso chiaramente agli occhi di un osservatore, così come risultò ai nostri, nella presenza di quattro enormi cupole elaborate forse al solo scopo di fungere da ornamento di quelle stesse paradossali colonne, un accenno di eleganza, di ricercatezza in un'apparenza altrimenti fin troppo marziale. Nel delimitare le estremità di incredibili pareti, ognuna di simili torri si mostrò distanziata nello spazio per una estensione superiore sicuramente al miglio in ogni singolo intervallo, se non oltre ancora ad esso: solo a distanza elevata, quale quella da noi occupata nel primo istante in cui il nostro sguardo si offrì in tale direzione, si sarebbe potuta percepire con precisione l'esatta portata dell'edificio, in un pur approssimativo quadro d'insieme sul medesimo. E nell'offrire il proprio interesse a quelle sterminate pareti, alcuno avrebbe potuto ignorare la presenza in esse, centrati rispetto alle estremità, di tre portali, ricavati in proporzione curata con l'enormità di simile contesto: attraverso essi, probabilmente, gli stessi dei avrebbero potuto cavalcare nel giungere fra i mortali, oltrepassato quello che senza difficoltà sarebbe apparso essere agli occhi di chiunque un limite divino posto a delimitazione del nostro mondo rispetto al loro piano di realtà.
A sbarramento di tali portali, non usci di legno, ovviamente, sarebbero mai potuti proporsi all'attenzione di eventuali osservatori, quanto ancora enormi soglie di pietra, non più liscia, ora, non più semplicemente spianata a dimostrarsi quale parete, seppur straordinaria, quanto piuttosto elaborata in dozzine e dozzine di incredibili motivi ornamentali, grandiosi bassorilievi scolpiti forse a voler raccontare una storia popolata non tanto di uomini e donne quanto di creature superiori, signori di questo mondo prima della nostra creazione, della nostra ascesa, figli forse diretti di dei e dee al cui confronto la nostra esistenza sarebbe probabilmente apparsa quale quella di miseri insetti privi di ogni valore. Ma più il nostro sguardo sembrava impegnarsi a cercare di identificare con chiarezza le scene lì ritratte per l'eternità, più esso risultava fallire, quasi ci fosse proibita una tale eventualità, la conoscenza di questioni superiori alla nostra natura limitata: dove un istante prima qualcosa simile ad un cavallo a otto zampe veniva intuito in quelle forme, un attimo dopo solo confusione si concedeva ad intrecciare i nostri occhi, lasciandoci sempre dubbiosi, incerti su cosa avessimo osservato; dove in un fuggevole momento ci ponevamo convinte di aver distinto colossali guerrieri armati e pronti alla guerra nei confronti di temibili avversari, subito a seguire quella roccia risultava assolutamente non intelligibile, come un testo scritto in un linguaggio straniero nell'ammettere di saper pur leggere la propria lingua, il proprio alfabeto. Osservare quelle porte colossali, in verità, offriva le medesime sensazioni derivanti dall'osservare un mare quieto, il quale pur apparendo immobile ed immutabile, continua a cambiare la propria superficie, i propri riflessi, assumendo infiniti volti diversi e non concedendosi mai pienamente ad alcuno.

« Thyres… »

Un'invocazione, quella offerta da Midda Bontor innanzi a tale spettacolo, che pur richiamando una divinità a me estranea, non conosciuta, si propose ugualmente trasparente delle emozioni che in sé voleva racchiudere, alla vista di un inatteso paesaggio, qualcosa del quale non si aveva avuto alcuna notizia per quanto, evidentemente, non sarebbe stato tanto difficile da identificare fra le vette dei monti Rou'Farth. E dove neppure la mercenaria, con il proprio carico di esperienze, avrebbe potuto dirsi confidente con tale meraviglia, un naturale e reverenziale timore non poté evitare di impossessarsi tanto di me quanto della mia compagna d'avventura, nel confronto con l'imperscrutabile ignoto.

« Avremmo dovuto attenderci questa… cosa? » domandò con una forte ed evidente intonazione retorica la principessa, nel volgere la propria attenzione alla donna guerriero, nel concederle, come fino a quel momento, tutta la propria fiducia nella speranza di una qualche spiegazione pur dove difficilmente offribile.
« Preferisci la cruda verità o una pietosa menzogna? » replicò con tono ugualmente retorico la Figlia di Marr'Mahew, sottintendendo in quel commento la risposta negativa ovvia per la questione propostale.
« Ma… cosa è? » intervenni io, non volendo risultare stereotipata in simile richiesta, ma non potendo fare a meno di offrire voce a tale curiosità per la quale dentro di me sapevo di non poter ottenere risposta dalle mie interlocutrici.
« Potrei dirti cosa sembra… ma non cosa sia in verità. » commentò Midda, scuotendo il capo « Una roccaforte… una fortezza… dimenticata all'interno delle nevi dei monti Rou'Farth. »
« Dimenticata?! » esclamò divertita Nass'Hya, per una simile minimizzazione « Per Gau’Rol… ed io che mi rimprovero ancora di aver perso anni fa un braccialettino, non riuscendo a ricordarmi dove l'ho lasciato appoggiato. In confronto con… questo… anche smarrissi la dimora dei miei avi potrei considerarla come una venialità. »
« Non posso darti torto… » ammise l'altra, scuotendo il capo ed arricciando le labbra nel dimostrare evidente incertezza.

Il dubbio che in quel momento dominava la mercenaria, in fondo, assillava anche me stessa e, probabilmente, la principessa, nonostante ancora nessuna avesse avuto volontà di offrire voce a tale emozione. Di fronte a determinati eventi, in fondo, è proprio degli elementi della razza umana dimostrare ritrosia nell'esprimersi, quasi il prendere posizione verso simile fatto, fosse anche solo nel riconoscerlo quale avvenuto con una domanda in tal merito, potesse sottintendere già una possibilità di errore, uno sbaglio a cui nono poter successivamente rimediare in alcun modo. Forse, in simile comportamento, andrebbe letta la speranza di essere all'interno di un bizzarro sogno, una realtà onirica che pur si distacca da quella appartenente alla propria quotidianità e che non può trovare in alcun modo un punto di contatto con essa almeno fino a quando non la si consideri effettivamente tale, in maniera esplicita.
Purtroppo, però, in tali situazioni l'attesa non si propone mai essere quale risolutiva, utile a liberare il titubante dalle proprie ragioni di perplessità. E, così, prima o poi una questione lampante non avrebbe potuto essere evitata alla nostra attenzione…

« Ed ora? Che si fa? » espressi, accollandomi l'onere di tale ingrato compito.

3 commenti:

Palakin ha detto...

C'è una cosa che avevo già notato in "il collezionista di sassi" e che noto anche qua. Cioè, si nota di più in questo capitolo, è il fatto che pure essendo direttamnte dei personaggi a narrare le viscende, poco cambia il modo di "parlare". Lo so che alla fine sei tu a scrivere, ma sono in pratica i personaggi a farlo. Dunque, dovrebbe esserci delle differenze nel modo di esprimersi, no? Un pò come Gambit che usa parole francesi nelle traduzioni italiane dei suoi dialoghi...

Sean MacMalcom ha detto...

Uhm... suggerimento interessante a cui ammetto di non aver prestato attenzione! :D
Grazie!!!

Nella revisione di questi racconti per la pubblicazione cartacea (volume terzo!!!), vedrò se è possibile raffinarli in modo tale da far assumere agli stessi un tono più personale. :D
Grazie ancora!!!

Palakin ha detto...

figurati! ^_-