11 gennaio 2008 - 11 gennaio 2018: dieci anni con Midda's Chronicles!

Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.


Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!

Scopri subito le Cronache di Midda!

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E siamo a... QUATTROMILA!

Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!

Grazie a tutti!

Sean, 18 giugno 2022

martedì 12 maggio 2009

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R
icordate che poc'anzi ho accennato come questa fosse una storia di spettri?
Ovviamente vivendola sulla propria carne, in presa diretta, non vi era stato nessuno che mi… ci avesse avvertito di ciò contro cui stavamo per porci, nessuno che ci avesse preannunciato il genere di avventura nel quale ci eravamo invischiate. E dove anche, nell'ascoltare ora queste mie parole, la sensazione che ci aveva posto tutte in allarme potrebbe facilmente essere interpretata, ricondotta ad una natura sovrannaturale in maniera spontanea, priva di ogni sorta di crescendo emotivo, posso assicurarvi che, in quel momento, nessuna fra noi… o, meglio, non io, di certo, sarei potuta essere in grado di pormi nei confronti di quella situazione con sangue freddo, controllo assoluto sulle mie emozioni.
Non mi vergogno, pertanto, nell'ammettere come letteralmente stavo tremando nel seguire la mercenaria, nell'esserle vicino in quel lento avanzare verso la penombra del corridoio, verso i suoi misteri e i suoi pericoli. Avrei dato un braccio per poter evitare simile condizione, per poter restare indietro, ma il pensiero di rimanere da sola nell'atrio, in verità, mi avrebbe offerto chiare ed ancor peggiori prerogative rispetto a quelle altresì impostemi, quali conseguenze dell'abbandono delle mie compagne e della sola che, in quel momento, avrebbe potuto offrirci una qualche protezione. Un finto coraggio di convenienza quello che mi animò in quei passi, del quale nessuno mi avrebbe potuto comunque rimproverare.

« Questa sarebbe l'occasione giusta per concederci un'arma… »

Simile richiesta, appena sussurrata, venne formulata, come avrete inteso, dalla principessa.
Ella, pur cercando di celare il proprio disagio dietro un'espressione fredda, controllata, contenuta, da esperta giocatrice quale avevo scoperto essere, eccellente nel chaturaji, in quelle stesse parole non poté evitare di tradire però tutta la propria umana natura, agitata emozione, dimostrando di riversare in uno stato d'animo non eccessivamente diverso da quello che dominava tutte le mie membra. Se non avesse avuto timore anch'ella, se non fosse stata l'angoscia di fronte all'ignoto ad aizzarne i sensi, non avrebbe mai sentito l'esigenza di stringere un'arma fra le proprie mani, considerando come fino a quel giorno, a quel momento, pur essendoci spinte in situazioni tutt'altro che prive di pericoli, a lei era sempre stata sufficiente la presenza della nostra compagna per placare ogni proprio dubbio.

« Questa sarebbe sicuramente l'occasione sbagliata per concedervi un'arma. » negò, in risposta, la Figlia di Marr'Mahew, scuotendo appena il capo senza voltarsi nella direzione dell'interlocutrice per non concedersi la minima imprudenza.
« Chiederti "perché" potrebbe cambiare qualcosa? » insistette l'altra, non ritenendosi soddisfatta da quel divieto, imposto su di noi in maniera tanto secca.
« Innanzitutto, prive quali siete di qualsiasi addestramento, rischiereste di fare male a voi stesse nel tentare di utilizzare una lama, anche dove ve ne fosse bisogno. » spiegò con pazienza l'altra, offrendo riprova con il proprio raziocinio di come alcuna paura fosse dominante su di lei, al contrario rispetto a noi « In secondo luogo, turbate quali siete in questo momento, rischiereste ancor peggio di farvi del male l'una all'altra, o a me stessa, nel reagire di fronte ad un presunto pericolo. E' sufficiente? »
« Io non ho paura… » commentò stizzita Nass'Hya.

Ora non so dirvi se quanto avvenne fu in conseguenza di quelle stesse parole, dell'audacia da lei impropriamente dimostrata, o se fu semplicemente in virtù di qualche grottesca ironia divina. Ciò che posso dirvi e, altresì, come quei pochi e semplici suoni, appena articolati, si ritrovarono ad essere violentemente interrotti da un alto grido, prodotto dalla stessa principessa.
Premettendo come io non fossi rivolta verso di lei con la mia attenzione, con la mia angoscia, nel concedermi esclusivamente nei confronti del corridoio aperto davanti a noi e chiuso attorno a noi, quando con un comprensibile balzo mi voltai in direzione della donna, quanto vidi mi colmò il cuore di terrore, non avendo colto simile reazione da parte sua neanche nella sera in cui i vostri uomini, bramosi delle nostre vite, invasero l'harem prendendoci in ostaggio. Colei che aveva mantenuto assoluta calma, totale padronanza sui propri sensi, pur minacciata dalle sciabole di noti terroristi e pur, successivamente, destinata a divenire pasto per una jinn vampira come tutti noi allora presenti, dopo quel grido si presentò completamente sbiancata in volto, pallida come una statua intagliata nell'avorio più puro: sgranati, i suoi occhi puntavano il vuoto innanzi a noi; la bocca, ancora aperta, spalancata, sembrava voler proseguire in un grido che subito si era esaurito, quasi non fosse sufficiente ad esprimere pienamente l'emozione vissuta; ed i capelli, che gli dei possano proteggermi da tale memoria, sembrarono essersi rizzati alla radice, sollevatisi perpendicolari alla stessa cute. Mai prima di allora avevo avuto occasione di cogliere tanto orrore in lei e, in verità, mai prima di allora avevo avuto modo di rilevare simile raccapriccio in alcun'altra persona, quasi fosse stata posta innanzi a qualcosa di ben peggiore rispetto anche alla morte stessa.

« Nass'Hya… » tentai di esclamare, ritrovandomi altresì solo a rantolare, soffocata dalle emozioni riflesse di tale spettacolo.
« Ferma! » mi ordinò la mercenaria, con tono marziale, tale da imporsi sopra a qualsiasi volontà nel momento del bisogno.

Ed immobile permasi, dimenticandomi persino di respirare, forse addirittura vedendo bloccato il mio stesso battito cardiaco in conseguenza di quel comando, in ubbidienza ai desideri dell'unica persona in cui, in quel momento, ogni fiducia avrebbe potuto essere riposta, ogni speranza avrebbe potuto essere investita.
Midda mostrò così muscoli frementi sotto la pelle testa, laddove visibile come sulle spalle e sul braccio sinistro, coperto solo dai propri stessi tatuaggi, nel mantenere una posizione di guardia, nello spingere ogni proprio senso, ogni propria percezione innanzi a noi, attorno a noi, per poter rilevare qualsiasi pericolo, qualsiasi avversario potenzialmente celato in quell'andito apparentemente deserto.
Furono quelli, ritengo, alcuni fra gli istanti più lunghi che ebbi occasione di vivere nella mia esistenza, avvertendo distortamente ogni palpito del cuore sotto a quella chiara epidermide vicino a me, scandito con lentezza estenuante, quasi fosse il passaggio fra giorno e notte. L'immobilità tesa della donna guerriero, da un lato, e lo statuario sgomento espresso dall'aristocratica, dall'altro, mi concupirono con violenza, possedendomi e impedendomi qualsiasi possibilità di riflessione, di pensiero, di emozione.
Almeno fino a quando la nostra protettrice non decise di interrompere il silenzio da lei imposto, con poche e chiare parole, scandite senza possibilità di incomprensione.

« Cosa hai visto?! » domandò, rivolgendosi evidentemente nei confronti della principessa.
Quest'ultima, però, restò ancora in stato catatonico, perduta nel proprio mondo, forse rifiutando un qualche contatto con il nostro, con quella realtà che tanto l'aveva terrorizzata.
« Nass'Hya! » richiamò, con voce chiara, squillante, decisa la donna, facendo ricorso a tutto il proprio carisma per cercare di superare quella reazione, quell'emozione imperante.
Ancora nessuna risposta le venne offerta.
« Nass'Hya! » insistette, non urlando e, pur, lasciando rimbombare la propria voce quasi l'avesse fatto a squarciagola « Che cosa hai veduto? »
Solo in quel momento, le labbra della giovane si mossero lentamente, tremanti, obbligate a tale sforzo in conseguenza della perentoria richiesta imposta loro, in totale contrapposizione, evidentemente, con i propri desideri, con le proprie volontà: « Era là… »
« Cosa era là? » incalzò Midda, a denti stretti, senza spostare il proprio sguardo, senza disimpegnare la battaglia psicologica iniziata nei confronti del nulla innanzi a sé.
« … morte… » sussurrò la principessa, con un alito di voce « La morte… »

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