Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.
Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!
Scopri subito le Cronache di Midda!
www.middaschronicles.com
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E siamo a... QUATTROMILA!
Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!
Grazie a tutti!
Sean, 18 giugno 2022
Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!
Grazie a tutti!
Sean, 18 giugno 2022
mercoledì 19 giugno 2019
2946
Avventura
057 - Un bagliore di speranza
Il mio nome è Madailéin Mont-d'Orb. A dieci anni sono stata vittima di un terribile incidente d’auto in compagnia a mia madre Deirdre e a mia sorella Nóirín. Ma se io ne uscii praticamente illesa, mia sorella e mia madre non ebbero a poter condividere una tale benevolenza da parte della sorte: la prima, infatti, ebbe a ritrovarsi bloccata in un letto d’ospedale, con la spina dorsale lesionata e ben poche speranze di poter riuscire a muovere qualcosa di più della testa per il resto della sua vita; alla seconda venne direttamente negato il resto della propria vita.
L’essere l’unica superstite illesa di una tanto drammatica tragedia non può ovviare a lasciare dei segni profondi nel cuore e nell’animo di una persona. E, così, anche io non mancai di ritrovarmi spiacevolmente segnata da tutto ciò, avendo a crescere con un mai ammesso senso di colpa, e quel senso di colpa proprio di chi, purtroppo, non è in grado di spiegarsi il perché della propria semplice esistenza in vita.
Crebbi, e crebbi proponendomi il preciso scopo di compiere tutto il possibile per aiutare mio padre Jules e, soprattutto, mia sorella, senza, ciò non di meno, aver a sacrificare l’immeritato dono riservatomi dalla sorte, e quel dono che non avrei dovuto sprecare nel non voler offendere la memoria di mia madre. Affrontai la mia adolescenza, affrontai le scuole e gli esami, e affrontai persino l’università, cercando di portare a termine tutto nel minor tempo possibile con il massimo del risultato auspicabile. E quando, alla fine, iniziai a lavorare, ebbi a concentrarmi solo e unicamente sul mio lavoro, poco curandomi di altro, ivi comprese le relazioni umane...
… e di questo ebbi a pagarne il prezzo. Ed ebbi a pagarne il prezzo nel momento in cui, purtroppo, in un mondo come il nostro, ancora troppo valore viene riconosciuto all’apparenza ancor prima che alla sostanza, e alla capacità di vendersi ancor prima che a quella di fare. Così, benché io, senza false modestie, sapessi fare bene il mio lavoro, il mio disinteresse ad apparire e a giostrare con le persone a me circostanti, non ebbe a ripagarmi, vedendo in me soltanto accumularsi sfiducia verso le mie stesse capacità, verso le mie stesse possibilità, e, soprattutto, verso me stessa, permettendo, in tal senso, alla maliziosa cattiveria di altre persone di avere a definire il mio stesso “io”.
Questo, per lo meno, fino al giorno in cui, rientrando a casa dall’ennesima, frustrante giornata lavorativa, non ebbi a ritrovarmi a confronto con la versione migliore di me stessa. Parole con le quali, “la versione migliore di me stessa”, non voglio ora sottintendere qualche apprezzamento metaforico o figurato su chi, poi, ebbe a essere per me un mentore, una maestra, e un esempio di vita da abbracciare, quanto e piuttosto, obiettivamente, la versione migliore di me stessa, per così come, allora, proveniente da un mondo parallelo, da una realtà alternativa alla mia, e da una realtà in cui il mio nome non avrebbe avuto a essere Madailéin, ma, piuttosto, Midda: Midda Namile Bontor, per la precisione, le lettere del quale, per un’evidente ironia della sorte, formano il mio stesso nome, ove opportunatamente anagrammate.
Sia chiaro: prima di quel giorno non avevo mai creduto all’esistenza di un multiverso, di realtà alternative, di mondi paralleli. E, in effetti, neppure in quello stesso giorno ebbi, non nell’immediato, quantomeno, occasione di credevi. Ciò non di meno, le prove che Midda riuscì ad addurre alla mia attenzione, oltre alla nostra somiglianza, con la sola eccezione di qualche anno in più da parte sua e un braccio destro mai perduto da parte mia, ebbero alfine a convincermi. E a convincermi della verità non soltanto nel merito dell’esistenza del multiverso, quanto e soprattutto dell’esistenza dello spirito di un’antica regina che, rimesso incautamente in libertà dalla medesima Midda, e sconfitto nel loro universo natale, aveva iniziato a vagare attraverso il multiverso nella sola e unica volontà di raggiungere altre versioni della propria antagonista, magari più indifese, come avrei potuto essere io, per ucciderle… e ucciderle, probabilmente, al solo scopo di riservarsi, in tal modo, un qualche senso di vendicativo appagamento.
Grazie a Midda riuscii a sopravvivere al primo attentato alla mia esistenza, così come anche al secondo e ad alcuni altri. Grazie a Midda, in più, ebbi finalmente occasione di comprendere qual genere di donna avrei potuto diventare… e, soprattutto, avrei voluto diventare. E grazie a Midda, ancora, ebbi finalmente occasione di diventare, anche io, la versione migliore di me stessa.
Ogni scelta ha comunque un prezzo. Così, quasi una moderna Eva incapace a ignorare la propria nudità una volta mangiato il frutto dell’albero proibito, e per questo, alfine, punita per la propria trasgressione con l’esilio dal Paradiso Terrestre, allo stesso modo io non soltanto non potei restare la stessa donna di prima ma, a mia volta, mi ritrovai a dover affrontare le conseguenze del mio gesto, della mia crescita. Conseguenze che, per iniziare, mi videro privata della mia mentore, nel momento in cui un orrido morbo mutagene ebbe a trasformarla in un mostro animato dal solo interesse di farmi del male, e di farmi del male anche passando attraverso la mia famiglia; e conseguenze che, in un secondo momento, quando quell’antico spirito vendicativo, Anmel Mal Toise, decise di abbandonare anche la mia dimensione per proseguire oltre la propria ricerca di morte, mi costrinsero a prendere il ruolo di colei che quella nuova vita mi aveva donato, non desiderando avere sulla coscienza la morte di altre mie possibilmente inconsapevoli versioni alternative.
Così lasciai la mia famiglia, lasciai il mio mondo e la mia realtà, e sulle ali della fenice iniziai a viaggiare attraverso diversi universi, ritrovandomi a confronto, ogni volta, con situazioni inedite, con mondi inesplorati, a volte anche sufficientemente prossimi al mio, altre così estranei da esso da risultare semplicemente paradossali nella propria semplice esistenza. Per più di due anni saltellai di universo in universo, di mondo in mondo, fermandomi a volte per pochi giorni, altre volte per qualche settimana, in un paio di occasioni persino per più di un mese, per proteggere la Maddie, o la Midda lì autoctona dalle insidie della regina Anmel, così come, prima di me, anche la mia maestra aveva compiuto in altri mondi, in altre realtà, ultima fra le quali la mia. E in tanti viaggi, in tanti mondi, in tante avventure, non potei ovviare a crescere, a maturare sempre di più, migliorandomi come donna e come guerriera, in un cammino apparentemente iperbolico, nel confronto con il quale soltanto la morte avrebbe potuto essere per me occasione di arresto, motivo di conclusione di tale cammino, e di un cammino nel quale, finalmente, avrei avuto a riconoscermi, a sentirmi pienamente realizzata, come mai in tutta la mia vita ero riuscita a essere… un cammino nel quale, forse e persino, i tragici eventi della mia infanzia avrebbero trovato una propria possibilità di spiegazione, volendo interpretare tutto ciò qual un semplice preludio a quella nuova vita, e una nuova vita alla quale, forse, non sarei stata così bramosa di dedicarmi se la mia vita precedente non mi avesse ritrovata contraddistinta da tanta frustrazione, da tanta insoddisfazione, da un tale senso di colpa.
E se, in tanta ritrovata pace, in tanta riscoperta soddisfazione e un tale senso di libertà, nulla avrei potuto immaginare, allora, per il mio futuro se non di continuare a saltare, di mondo in mondo, alla ricerca di nuove sfide, e di nuove me stessa da salvare; in alcuna maniera mi sarebbe potuto essere concesso di preventivare quanto, altresì e alfine, mi sarei ritrovata a vivere in maniera apparentemente definitiva in un altro, solo mondo, e in un altro e solo mondo, paradossalmente, privato della propria versione nativa di me stessa, della propria Midda Namile Bontor, qual, in tale realtà, ella aveva a chiamarsi. Perché, ormai, sono trascorsi quasi tre anni da quando ebbi a giungere in questo universo, e ancora alcuna apparente occasione di ripartire mi sta venendo qui concessa, non avendo ancora avuto la possibilità di chiudere, in questo mondo, un nuovo capitolo della mia continua disfida con Anmel.
E quindi…?! E quindi, come si suol dire, non ho mancato di fare di necessità virtù. E avendo a dover vivere in questo mondo, non ho mancato di vivere in questo mondo e di vivere in questo mondo nel quale giunsi, diversamente da ogni viaggio precedente, in maniera quanto mai priva di discrezione, nell’avere a comparire, per l’imperscrutabile volontà propria della fenice, non in un contesto isolato, non lontana da possibili sguardi estranei, quanto e piuttosto innanzi alla più completa schiera di amici e un tempo alleati della mia corrispettiva locale, ai loro occhi materializzandomi in un turbinio infuocato… e completamente nuda.
« Questo è veramente imbarazzante… » non avevo potuto ovviare ad ammettere, con un sorriso tirato innanzi a una tanto affollata platea, e da una platea composta da un’eterogenea schiera di volti, alcuni fra i quali inediti, altri altresì già conosciuti, e conosciuti, quantomeno, in loro versioni alternative.
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