11 gennaio 2008 - 11 gennaio 2018: dieci anni con Midda's Chronicles!

Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.


Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!

Scopri subito le Cronache di Midda!

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E siamo a... QUATTROMILA!

Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!

Grazie a tutti!

Sean, 18 giugno 2022

giovedì 27 giugno 2019

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Come credo di aver già illustrato adeguatamente nel definirci un gruppo di cinque idioti intenti a restare lì a zonzo durante la notte, non soltanto contraddistinti dal rischio di essere esposti agli assalti dei gula, quanto e piuttosto desiderosi di averli, addirittura, a studiare nel proprio ambiente naturale, il nostro intento, in quel momento, in quelle chiacchiere e in quei giuochi, sarebbe stato quindi quello di ingannare la stanchezza e la tensione conseguente a una lunga giornata di battaglie, per riuscire ad attendere in termini quanto più sereni possibili l’arrivo dei nostri obiettivi, o, eventualmente, dei nostri potenziali carnefici.
Quanto, tuttavia, probabilmente ancor non ho avuto occasione di esprimere, e di esprimere in maniera esplicita, a margine di tutto ciò, è la ragione per la quale, appunto, in quel frangente, in quel momento, ci stavamo comportando da cinque idioti straordinariamente desiderosi di morire. Perché se già, implicitamente, dovrebbe essere passata l’idea di quanto, allora, fossimo lì presenti qual animati da puro e semplice spirito mercenario, e quello stesso spirito mercenario che già, per una vita intera, aveva contraddistinto una buona parte delle scelte e delle avventure della mia corrispettiva, della vera Figlia di Marr’Mahew; esplicitamente non credo di aver ancora espresso la ragione alla base del nostro interesse in quel luogo, e a confronto con quel particolare genere di avversari.
E, in ascolto ai più classici canoni della narrazione, per quanto non mi voglia fregiare di particolari abilità da romanziera o simili, per meglio comprendere la ragione della presenza di noi cinque idioti in quel luogo, ancor più che raccontarla mi riserverò l’occasione di mostrarla, e di mostrarla nel riportare un dialogo occorso soltanto poche settimane prima, in quel di Kriarya, la città del peccato del regno di Kofreya, nonché mia nuova residenza…

« Maddie… » mi aveva salutato lord Brote, uno dei principali signori di Kriarya, là dove con “lord” o con “signore” si avrebbe avuto a intendere un concetto estremamente simile a quello di un capofamiglia mafioso del mio Paese natale, in una città allor dominata non tanto da un qualche corrotto sistema politico, quanto e piuttosto da un solido sistema criminale, e da un solido sistema criminale qual unica reale possibilità di aver a gestire, a controllare, una popolazione costituita, per lo più, da ladri e assassini, mercenari e prostitute « … grazie per essere venuta da me con così poco preavviso. »

Brote, a tutti gli effetti, ha a doversi riconoscere qual un bell’uomo. Malgrado la propria età non più giovanile, avendo superato quietamente il mezzo secolo di vita e correndo, probabilmente, ormai verso il decennio successivo, egli si offre qual ancor contraddistinto da un animo estremamente giovanile, e un corpo che, nel proprio palese vigore, poco o nulla avrebbe avuto a invidiare a molti guerrieri più giovani di lui. Un tempo guerriero e mercenario, poi lì insidiatosi come lord di Kriarya e asceso rapidamente a una posizione di prestigio anche e soprattutto in grazia alla lungimirante fiducia che egli era stato in grado di offrire a una giovane Midda Bontor, prima ancora che ella divenisse la leggenda vivente che, successivamente, era diventata; Brote conserva ancora intatto tutto il piglio del combattente di quel passato ormai lontano anche e ancora al tempo presente.
Ad aiutarlo, probabilmente, a sentir meno il peso degli anni, ha a doversi riconoscere, oltre al proprio ruolo pubblico che mai avrebbe potuto perdonare qualunque evidenza di debolezza, anche il proprio ruolo privato, e quel ruolo di genitore, di padre vedovo, che lo sta vedendo impegnato a crescere un bambino di circa nove-dieci anni d’età: il figlio della sua defunta moglie Nass’Hya Al-Sehliot, principessa y’shalfica, un tempo promessa sposa al sultano d’Y’Shalf e, tuttavia, sol in nome dell’amore, fuggita dal proprio Paese, fuggita dalla propria casa e dal proprio ricco destino, per attraversare accompagnata e protetta da Midda Bontor il confine fra le due nazioni, sino a giungere a poter coronare, in tal modo, il suo sogno d’amore. Un sogno d’amore, tuttavia e purtroppo, solo dopo pochi anni infranto sulla punta della spada di Nissa Bontor, la sorella gemella della mia corrispettiva, la quale, a margine di una trentennale faida fra loro, decise di vestire i panni della Figlia di Marr’Mahew soltanto per poter giungere ai suoi amici, alla sua famiglia, e lì, violentemente, colpire con tutta la propria rabbia, con tutta la propria furia, strappando la povera Nass’Hya all’amore di suo marito e all’affetto di un figlio che di lei, in ciò, null’altro avrebbe potuto vantare di conoscere se non il nome, null’altro avendo occasione di ricordare, ancor infante quando tutto ciò era avvenuto.
Anche in questo, la storia di Brote, e della sua famiglia, non potrebbe ovviare a riconoscersi strettamente legata a quella di Midda e della propria, in termini tali per cui, quasi, egli potrebbe riconoscersi qual un suo parente, un fratello, o forse un cugino, di quella donna con cui tanto aveva avuto occasione di condividere, nella buona e nella cattiva sorte. E anche in questo, necessariamente, Brote non aveva potuto ovviare a concedermi una certa simpatia, lasciandomi entrare nelle sue grazie, per il solo, e tutt’altro che semplice fatto della mia stessa natura, e della mia natura di “Midda”. Simpatia, grazie, le sue, che, a tempo debito, non avevano mancato di tradursi, ovviamente, nell’opportunità di vedermi offerte interessanti occasioni di impiego mercenario, ereditando, in ciò, in tutto e per tutto il ruolo della mia controparte locale, benché, a differenza sua, la mia storia, e con essa la mia fama, avrebbe avuto ancor a dover essere costruita, e costruita in grazia alle vittorie che, allor, avrei saputo riportare.

« Mio signore… » avevo quindi replicato, accennando appena un inchino del capo, non potendo ovviare, in quel contesto medievaleggiante, a ritrovarmi vittima di una certa impostazione mentale probabilmente conseguente a qualche pomeriggio di troppo al cinema, e di un’impostazione mentale che, allora, non avrebbe potuto ovviare, al mio interlocutore, di riconoscermi, al di là di ogni possibile fraintendimento, qual una persona diversa dalla “sua” Midda, e da quella Midda che, tutt’al più, tali parole avrebbe potuto scandire soltanto con malcelata ironia « Siete entrato in possesso di qualche novità sulla regina Anmel…?! » avevo poi domandato speranzosamente, a lui e alla sua rete di contatti essendomi affidata nella speranza di comprendere ove la “mia” Anmel potesse essere finita in quel vasto mondo, e, soprattutto, nella speranza di comprendere cosa potesse star architettando, prima che, ineluttabilmente, avesse a diventare troppo tardi per tutti noi.
« Purtroppo no, mia cara. Purtroppo no. » aveva scosso egli il capo, non potendo poi negarsi un fugace momento di divertito silenzio nel confronto con quelle mie parole, non tanto per il loro contenuto, quanto e piuttosto per la loro forma, e quella forma così ossequiosa alla quale, continuavo a dimenticarmi, egli non avrebbe avuto a doversi considerare abituato… e, non di certo, da un volto qual il mio « Dovresti stare più attenta, Maddie. Se continuerai a rivolgerti in questa maniera al sottoscritto, finirò per abituarmici. E il giorno in cui Midda avrà a fare ritorno, tutto ciò potrebbe finire per creare problemi fra noi… » aveva ridacchiato, con tono necessariamente scherzoso nello scandire quelle parole e, ciò non di meno, tornando a sottolineare un argomento ricorsivo nei nostri confronti, troppo abituata, nel mio mondo, a dover attribuire un certo rispetto ai miei datori di lavoro per non ritrovarmi, anche lì, anche in quel momento, a farlo, ovviamente in termini adeguatamente riadattati al contesto locale.
« Avete… hai ragione. » non avevo potuto ovviare ad annuire, sforzandomi di rivolgergli toni più informali, e, in tal senso, di riportare quel dialogo a dinamiche riconoscibili qual più consuete, almeno nel rapporto con la Figlia di Marr’Mahew della quale, mio malgrado o mia fortuna, io possedevo in quel frangente il volto « E grazie per ricordarmelo pazientemente ogni volta. » avevo aggiunto, quasi in imbarazzo nel riconoscere quanto, quella correzione, quel consiglio, non avrebbero avuto a doversi fraintendere qual inediti fra noi, quanto e piuttosto, ormai, persino abitudinari.
« Non ti preoccupare, mia cara… non ti preoccupare. » aveva nuovamente scosso il capo egli, a banalizzare l’importanza del suo impegno in tal senso « Fino a quando non conoscerai Midda, non potrai realmente comprendere quanto, al di là della vostra somiglianza fisica, i vostri caratteri siano estremamente diversi... e per quanto, anche, tu possa vestirti come lei, e agire come lei, arrivando agli stessi traguardi e agli stessi risultati, qualcosa, nel profondo del tuo cuore, del tuo animo, non potrà mai rinnegare il tuo passato, le tue origini, e, soprattutto, questa tua innata gentilezza a confronto con la quale, non me ne si voglia, la nostra Midda, figlia di questo mondo, non potrebbe che dirsi semplicemente aliena. »

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