11 gennaio 2008 - 11 gennaio 2018: dieci anni con Midda's Chronicles!

Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.


Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!

Scopri subito le Cronache di Midda!

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E siamo a... QUATTROMILA!

Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!

Grazie a tutti!

Sean, 18 giugno 2022

lunedì 24 giugno 2019

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Al di là di simili gratuite recriminazioni, tuttavia, difficile sarebbe stato per me potermi ergere a giudice della mia controparte, soprattutto a confronto con l’evidenza di quanto, da parte mia, non avessi poi agito in termini migliori… anzi! Con manifesta stolidità, anche io avevo lasciato il mio “Ebano”, per inseguire la mia missione, e, in ciò, per concedere un senso alla mia vita e a quella vita che sino a quel momento, malgrado il suo amore, malgrado la sua tenerezza, malgrado la sua straordinaria virilità, non aveva ancora avuto occasione di sentirsi realmente vissuta, non in tutta la propria pienezza, non così come l’inebriante gusto proprio dell’adrenalina nelle mie vene, e di quell’adrenalina conseguente alla sfida propria a situazioni e ad antagonisti sempre più forti, sempre più pericolosi, non avrebbe potuto ovviare a impormi.
Al di là di tale parentesi, la giovane figlia dei regni desertici centrali, tale più che altro per il proprio sangue, ancor prima che per una reale confidenza con quei lontani territori nordici, non avrebbe potuto vedersi attribuire alcun torto nella propria affermazione: il retaggio di loro padre, del prode Ebano, rifulgeva in ogni singola azione di quei due giovani, i quali, lì come in ogni altra avventura da noi sino a quel momento vissuta insieme, non avrebbero potuto ovviare a dimostrarsi assolutamente a proprio agio, e più che degni, in ciò, di quel riferimento alla passata gloria del loro genitore. Anzi… dal mio personale punto di vista, nell’ammirazione che non avrei potuto ovviare a provare a confronto con l’eleganza di quei loro gesti mortali, francamente H’Anel e M’Eu avrebbero anche potuto fregiarsi di lodi ancor maggiori, qual, per l’appunto, quella propria del nome che, talvolta, per puro fraintendimento, mi veniva attribuito: Figlia di Marr’Mahew, dea della guerra. Un nome, per così come ho già sottolineato, nel merito del quale non avrei potuto vantare alcun credito, essendo stato conquistato dalla Midda titolare di questa dimensione, e in relazione al quale, quindi, non desideravo minimamente poter essere associata.
Ciò non di meno, la fama propria di Midda Bontor, in queste terre pari a una vera e propria leggenda vivente, non avrebbe potuto ovviare a precederla e a precederla anche fra coloro i quali, altresì, non avrebbero avuto a poter vantare alcuna reale confidenza nei suoi riguardi, né, tantomeno, di averla effettivamente mai conosciuta, o, anche e soltanto, incontrata, seppur di sfuggita. In ciò, quindi, il mio aspetto necessariamente assimilabile a quello proprio del mito, e la mia complicità con le persone e, ancor più, le situazioni proprie della vera Figlia di Marr’Mahew, non avrebbero potuto ovviare ad alimentare spiacevoli equivoci in tal senso. Spiacevoli non soltanto perché atti a suggerire un qualche mio interesse di indebito approprio di crediti della mia controparte, quanto e piuttosto perché in fin troppi giovani mercenari, nel desiderio di farsi un nome, e di legare la propria fama all’idea propria di colui o colei che aveva sconfitto e ucciso la Figlia di Marr’Mahew, l’Ucciditrice di Dei, la Campionessa di Kriarya, non avrebbero mancato di pormi alla prova, di sfidarmi e, in ciò, di attentare alla mia esistenza, costringendomi, mio malgrado, a calarmi ancor più nelle vesti di colei da cui, altresì, avrei anche gradito poter prendere le distanze, non essendo mio interesse poter essere scambiata per lei o, peggio, ad appropriarmi della sua vita.

« Dietro di te! » mi avvisò M’Eu, intervenendo con tempismo perfetto per concedermi la possibilità di proiettarmi a terra e, subito dopo, di rialzarmi roteando rapidamente con il mio intero corpo e, soprattutto, con le due scuri con le quali, allor, mi stavo impegnando a combattere quella battaglia, e quelle due scuri che proiettai, allora, in pieno petto a un giovane vestito con i colori propri della Confraternita del Tramonto, il quale, non mi fossi mossa per tempo, avrebbe affondato la propria spada nella mia schiena, trapassandomi da parte a parte.
« … ancora?! » mi lamentai con necessario fastidio, sgranando gli occhi nel riconoscere quanto, il mio attentatore, non avesse lì a doversi considerare un membro dell’esercito y’shalfico, quanto e piuttosto un supposto alleato kofreyota, e un alleato kofreyota che, evidentemente, si doveva esser lasciato guidare, in tal senso, dall’avidità, e da quell’avidità volta a costringerlo a cercar, per l’appunto, un confronto con la Figlia di Marr’Mahew, allorché impegnarsi nel compito per il quale stava allor venendo pagato, ossia l’opposizione al nemico invasore « Ma vi sembro, per caso, una figlia di Y’Shalf?! » protestai, scuotendo il capo « Non posso sembrarvi una figlia di Y’Shalf per il semplice fatto che, se fossi una figlia di Y’Shalf, non sarei certamente qui a combattere, nel ritrovarmi, piuttosto, rinchiusa in qualche harem, con uno scomodo burqa in testa! » argomentai, in direzione della mia ultima vittima, nel mentre in cui, con un duplice movimento di polsi, ebbi a disincastrare le mie armi dal suo petto, lasciando sprizzare da esso due violenti getti di sangue e lasciando quel corpo morto libero di afflosciarsi al suolo, vittima non tanto della mia controffensiva, quanto e piuttosto della sua stupidità « Senza contare che, a causa del vostro stupido maschilismo, non è che le donne abbondino in questo campo di battaglia! » soggiunsi, a puntualizzare quanto, allora, avrebbe dovuto essere sufficientemente semplice ricordare che le uniche due donne visibili nel raggio di mezzo miglio fossero schierate con Kofreya.

Sono perfettamente consapevole del fatto che se mio padre e mia sorella, o anche il mio amato Eliud, mi avessero vista in quel momento, probabilmente avrebbero fatto fatica a riconoscermi. Perché in luogo alla giovane timida di un tempo, a quella donna insicura e impacciata che ero sempre stata, al punto tale dal ritrovarmi a frequentare in maniera regolare una terapista, in quel contesto, in quello scenario di guerra, circondata dalla morte, calpestando corpi e budella sparse, e, soprattutto, mostrandomi in buona parte ricoperta da sangue e da altri generi di sgradevoli fluidi corporei, mi stavo ergendo con assoluta sicurezza, in compagnia dei miei nuovi amici, dei miei nuovi alleati, di quella piccola squadra nella quale, ormai, avrei avuto a dovermi riconoscere perfettamente integrata e che, da mesi, era divenuta per me quanto di più prossimo a una famiglia, se non, appunto, la mia nuova famiglia.
In ciò, della Madailéin Mont-d'Orb di un tempo, ben poco avrebbe avuto a dover essere lì riconosciuto qual ancora presente, sostituito, in effetti, da qualcosa probabilmente di ben più prossimo a quella Midda Namile Bontor con la quale stavo continuamente venendo confusa, stavo insistentemente venendo scambiata. O, più probabilmente, e come mi piace pensare, la vecchia Maddie, insoddisfatta di sé e della propria vita, si era finalmente evoluta nella propria versione definitiva, e in quella versione che, in altri universi, altre se stesse avevano già avuto occasione di raggiungere per in tempi diversi. Come per la mia mentore, o come per la titolare di quel piano di realtà…

« Grazie, M’Eu! » sorrisi, grata al giovane figlio di Ebano « Te ne devo una! » riconobbi il mio debito nei suoi riguardi, laddove, senza quell’avviso, molto probabilmente in quel momento avrei sgradevolmente concluso la mia avventura.
« Scaliamola dalla lista dei miei debiti e andiamo in pareggio… » suggerì egli, ridacchiando e scuotendo appena il capo, a escludere la necessità, o l’interesse, di un qualche credito nei miei riguardi.

Quella, ormai, era quindi divenuta la mia vita. E una vita nella quale mi sarei potuta ritrovare quietamente impegnata a dialogare con i miei amici nel cuore di una battaglia, schivando assalti, a volte da parte di avversari, altre persino di supposti alleati, nel mentre in cui, quasi con estraneazione psicologica falciavo vite attorno a me, e le falciavo non per un qualche reale interesse in tal senso, ma, semplicemente, per la necessità di sopravvivere a quella battaglia, e a quella battaglia dalla quale non avrei potuto trovare occasione di domani senza agire in tal maniera, senza accettare di mettermi in giuoco e di mettermici con tutta me stessa, e con forse immorale indifferenza nei confronti di così tanti omicidi dei quali, in tutto ciò, mi stavo macchiando.
E sol quando, alfine, il sole ebbe a precipitare alle nostre spalle, verso occidente, entrambi gli schieramenti, ormai decimati, ebbero a preferire ritirarsi, ognuno verso il rispettivo fronte, non avendo interesse a combattere di notte e, soprattutto, non avendo interesse a esaurire completamente le proprie risorse, in quella che, in fondo, null’altro avrebbe avuto a dover essere riconosciuta se non un’altra, consueta giornata, come tante, su quel fronte di guerra. Una giornata come un’infinità vi erano lì state negli anni, nei decenni precedenti, e così come ancora, non avrebbero mancato di continuare a essere per gli anni, e i decenni successivi, in una guerra forse priva di una reale ragione d’origine e, ciò non di meno, altrettanto priva di una qualche reale speranza di conclusione.

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