11 gennaio 2008 - 11 gennaio 2018: dieci anni con Midda's Chronicles!

Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.


Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!

Scopri subito le Cronache di Midda!

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E siamo a... QUATTROMILA!

Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!

Grazie a tutti!

Sean, 18 giugno 2022

venerdì 21 giugno 2019

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Una frase, quella che ebbi un giorno a pronunciare, non tanto rivolta agli addii ai propri cari, e alle partenze sulla scia di antiche regine malvagie, quanto e piuttosto in riferimento allo scenario lì presente. E a quello scenario nel confronto con il quale, allora, difficile sarebbe stato negare l’esistenza di un’affinità fra me e la Midda titolare di quella realtà.
Si immagini, ora, il confine fra due nazioni. E fra due nazioni fra loro tanto simile quanto opposte. Due nazioni contraddistinte da una lingua fondamentalmente identica nella propria pronuncia, salvo per qualche questione di accenti, e pur completamente dissimile nella propria forma scritta. Due nazioni caratterizzate da grandi città con alte, altissime torri, ognuna delle quali preposta a rappresentare il potere, la ricchezza, la forza del suo proprietario, con buona pace di qualunque possibile metafora fallica propria di due culture profondamente patriarcali, e, ciò non di meno l’una caratterizzata da un’architettura volta a preferire forme squadrate, e l’altra forme tonde, entrambe geometricamente perfette e pur, entrambe, forzatamente opposte. E, forse ormai inutile a evidenziarsi, due nazioni in guerra fra loro… benché… insomma: quella fra Kofreya e Y’Shalf, più che una guerra imperitura, avrebbe avuto a dover essere riconosciuta piuttosto qual una faida fra fratelli, e fra due fratelli così vicini fra loro, così simili fra loro, al punto tale da voler spendere più impegno e più energie del dovuto nel cercare di distinguersi, nel tentare di porre una certa distanza, un certo distacco fra loro, in termini tali da non poter essere fraintesi, effettivamente, in quanto tali, in quanto, comunque, figli di una comune madre e di un comune padre.
In un simile contesto, quel confine fra due tali nazioni, fra Kofreya e Y’Shalf, non avrebbe potuto che essere inteso come un ineluttabile territorio di trincea, e un territorio di trincea là dove, volenti o nolenti, intere generazioni di soldati si alternavano al solo scopo di procrastinare una guerra l’origine della quale era stata persino dimenticata, e nel merito del senso della quale neppure mai si erano interrogati. Soldati, certamente, in una buona misura regolari. E soldati, altrettanto certamente, in una misura più amplia mercenari. In una differenza, in verità, fondamentalmente inesistenti, laddove, in un tale contesto, in un simile scenario, fondamentalmente impossibile sarebbe stato discriminare, allora, gli uni e gli altri, mossi, tanto i secondi, quanto i primi, più dall’idea della paga loro promessa, ancor prima che da un qualche patriottico sentimento.
In quella stessa trincea, più di vent’anni prima, aveva combattuto anche la mia corrispettiva. E difficile sarebbe stato, in tal senso, inquadrare il ruolo nel quale ella aveva lì affrontato un tale scenario, giacché, benché certamente non qual soldato regolare, ella lì neppure si era presentata, sostanzialmente, qual mercenaria: in effetti, forse, il termine più idoneo sarebbe stato quella di volontaria, e di volontaria in tal senso, mossa da un desio di ricerca e di formazione. Lì, Midda Bontor, si era infatti sospinta in gioventù, in un’epoca antecedente a quella che sarebbe poi stata enfaticamente ricordata da molte canzoni, allo scopo di meglio comprendere la guerra, e di meglio fraternizzare con essa, probabilmente consapevole di quanto, per poter essere una guerriera, non avrebbe potuto trascendere da tale prova, da tale rito di passaggio, e da tale rito di passaggio utile a metterla a confronto con gli aspetti più concreti, più reali, e più disgustosi propri del concetto stesso di guerra. E quale occasione migliore per poter capire l’orrore proprio di quella scelta di vita, per poter assuefarsi all’assordante suono della disperazione e al nauseante odore della morte, se non quello di precipitarsi lì, immergendosi, con tutta se stessa, in quella realtà…?!
Tutto ciò, tale consapevolezza nel merito delle emozioni proprie della mia controparte autoctona, non mi erano state concesse in grazia a un’illuminazione divina, quanto e piuttosto, in maniera forse banale, forse prosaica, dalla lettura di alcuni vecchi diari, vecchie lettere, vecchie riflessioni, che ella stessa aveva scritto in quegli anni e poi conservato con più cura di quanto chiunque avrebbe mai potuto attribuirgliene, fra i propri effetti personali. Effetti personali ai quali, i suoi amici… i miei amici, mi avevano voluto concedere accesso, allo scopo di meglio entrare in sintonia con lei, e, soprattutto, con il suo mondo. Per questa ragione, per esempio, avevo preso a dimorare in quel di Kriarya, la stessa città da lei eletta a propria residenza, e a dimorare in quella stessa locanda da lei posseduta in comproprietà al proprio compagno, e a quell’uomo che, il giorno in cui ella era partita per le stelle, aveva voluto accompagnarla, seppur consapevole di quanto, probabilmente tale viaggio sarebbe risultato qual un viaggio di sola andata, in una scelta indubbiamente ammirevole, e francamente inedita nel confronto con la mia personale esperienza della storia propria di altre Maddie e di altre Midda, nonché, non a caso, anche nel confronto con la mia stessa storia personale, e quella storia personale che, prima di intraprendere il mio peregrinaggio attraverso le dimensioni, mi aveva veduto, non senza necessarie remore, concludere un neonato e splendido rapporto sentimentale.
In quella locanda, quindi, avevo avuto possibilità di accedere, alfine, anche ai suoi effetti personali, e a quegli effetti che, per lo più, avrebbero avuto a doversi riconoscere custoditi all’interno di un cassapanca posta ai piedi del suo letto: una cassapanca nella quale, accanto una serie di abiti invero ben privi di particolare fantasia a livello estetico; e a pochi oggetti che qualcuno avrebbe potuto elencare alla voce cianfrusaglie ma che, ove così accuratamente custoditi, avrebbero avuto probabilmente a riconoscersi più quali non dissimili a reliquie proprie del suo passato; avrebbero avuto a dover essere elencati anche un blocco di fogli di pergamena scritti a caratteri regolari e stretti, e ordinatamente conservati all’interno di alcuni stracci, lì preposti al ruolo di inesistente rilegatura. E, per quanto, scendere a confronto con la grafia della mia controparte, e, soprattutto, l’alfabeto sillabico proprio di quelle terre, non avrebbe avuto a dover essere considerato un affare semplice, con il passare dei giorni, delle settimane, dei mesi, a poco a poco riuscii a iniziare a interpretare quelle parole, quelle frasi, e a concedermi una fortunata occasione di entrare a contatto con quella donna che, ipoteticamente, avrei dovuto considerarmi giunta sino a lì per salvare, e che, tuttavia, lì non era presente, e, per quanto avevo avuto occasione di scoprire, certamente non avrebbe necessitato del mio aiuto per essere salvata…
Lasciando tuttavia sfumare questa fugace digressione, sul perché e sul per come fossi stata in grado di riservarmi un’occasione di empatia con la mia controparte locale ancor prima di avere occasione di conoscerla, e di conoscerla fugacemente in una comune esperienza nel tempo del sogno, nel giorno in cui anche io ebbi a sospingere i miei passi sino al belligerante confine fra Kofreya e Y’Shalf, non potei ovviare a trovare diretta occasione di confronto con quanto testimoniato da Midda Bontor, e di trovare tale diretta occasione di confronto in termini persino più marcati di quanto, chiunque, non avrebbe potuto attendersi fosse possibile: un modo come un altro per dire, in buona sostanza, che in oltre vent’anni ben poco o nulla lì avrebbe avuto a doversi riconoscere qual mutato.
Ma se la mia corrispettiva locale lì si era sospinta nella volontà di scendere a patti con la guerra, e con i suoi aspetti meno gradevoli, cosa mai avrebbe potuto allora sospingere i miei passi in quell’eguale direzione? E i miei passi, in quel momento, accompagnati da coloro i quali, più di chiunque altro avrebbero potuto vantare una certa fraternità d’arme con lei, nell’essere stati, al suo fianco, per più tempo rispetto a chiunque altro?!
Perché, in quel giorno, quelle mie parole non avrebbero avuto a dover essere pronunciate alla volta di due improvvisati interlocutori, quanto e piuttosto di due antichi compagni di ventura della stessa Midda Bontor: due uomini che, in quel particolare momento, in quel particolare contesto, avrebbero avuto a dover essere riconosciuti praticamente qual antitesi vivente a quanto rappresentato dal controverso e folle rapporto fra Kofreya e Y’Shalf, in quanto fra loro completamente diversi, in tutto e per tutto, e, ciò non di meno, fra loro assolutamente vicini, accomunati da un vincolo emotivo più forte di qualunque legame di sangue, e tale da farli essere fratelli, l’uno per l’altro, anche nel momento in cui, pur, nulla avrebbe potuto evidenziare tale affinità fra essi.

« Non credo di aver compreso… » commentò il biondo Be’Wahr, socchiudendo appena gli occhi a confronto con la mia affermazione, nel cercare di valutarla nel proprio significato.
« Rischierei di apparire ripetitivo dicendo che ciò non mi sorprende assolutamente…?! » ironizzò il moro Howe, scuotendo appena il capo « Il giorno che mai dovesse accadere il contrario, probabilmente, sarà il giorno in cui avrà a sopraggiungere la fine stessa dell’intero Creato… » rincarò la dose, con un sorriso sornione a discapito dell’amato fratello.

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