11 gennaio 2008 - 11 gennaio 2018: dieci anni con Midda's Chronicles!

Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.


Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!

Scopri subito le Cronache di Midda!

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E siamo a... QUATTROMILA!

Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!

Grazie a tutti!

Sean, 18 giugno 2022

venerdì 15 marzo 2019

2850


« La prima volta che ebbi a fare capolino all’ingresso della sua proprietà, il sole era ormai precipitato oltre la linea dell'orizzonte. » continuò, ora senza nuove interruzioni da parte della propria sorella, la quale, dal canto proprio, sembrava volersi veramente dedicare semplicemente ad ascoltarla, dedicandole tutta l’attenzione possibile « Solo un’ora prima ero giunta alle porte di ingresso della città e, superate le imponenti mura dodecagonali di Kriarya, devo ammettere che mi ero ritrovata decisamente smarrita a confronto con la vastità di quella capitale kofreyota. Forse risulterò un po’ provinciale in questa mia affermazione, ma, prima di allora, non mi ero mai ritrovata a confronto con qualcosa di così imponente, nella straordinaria magnificenza di quelle alte, altissime torri ognuna rappresentativa del potere di un signore, di un lord locale, e ognuna, in ciò, impegnata a voler apparire la più alta, la più prossima alla sommità del cielo: ciò senza contare quanto, ancora, avessi a dovermi considerare sufficientemente estranea alla geometrica architettura propria di quel di Kofreya e, in realtà, della maggior parte del resto del mondo, abituata, piuttosto, alle forme più fantasiose della mia nativa Tranith, con le sue case, con i suoi edifici, così simili a eterogenei gruppi di funghi spuntati direttamente dalle profondità della terra, aggrappati alle scogliere o alle montagne, in quel che, per uno straniero sarebbe probabilmente apparso qual qualcosa di bizzarro, ma che, per me, avrebbe avuto a doversi altresì riconoscere qual semplicemente la norma. » rievocò, non negando quel lontano senso di estraneità a quella particolare realtà, per così come vissuto all’epoca, in verità non poi troppo dissimile dall’egual senso di estraneità provato nuovamente in molte altre occasioni, ogni qual volta, per scelta o per destino, ella si era ritrovata a doversi confrontare con qualcosa di nuovo, con qualcosa di estraneo, con qualcosa di alieno a quanto, per lei, sino ad allora concepito qual realtà.
« In tutto ciò, dopo aver girovagato un po’ all’interno di quelle vie affollate senza avere una reale consapevolezza nel merito della direzione da intraprendere, e forse senza neppure sapere cosa avere lì realmente a ricercare, quando mi venni a ritrovare a confronto con l’insegna propria di una locanda, non mi volli concedere esitazione alcuna e, con passo convinto, mossi i miei passi in quella direzione, nella necessità di trovare un riparo per la notte, in dubbio fra potermi fidare o meno a soggiornare in una città popolata da ladri e assassini, mercenari e prostitute, e, ciò non di meno, sufficientemente certa di non voler avere a dormire per strada in un tal genere di contesto. » sorrise, divertita dal ricordo della propria ingenuità in quell’epoca lontana, e quell’epoca di molti anni antecedente rispetto al giorno in cui, di quella stessa città, sarebbe poi stata riconosciuta a furor di popolo qual Campionessa « Comparendo, quindi, giovane e sconosciuta all’ingresso di quel locale, non potei ovviare ad attrarre l’attenzione di tutti, nell’interesse che, ineluttabilmente, le mie proporzioni non avrebbero potuto mancare di suscitare in praticamente l’intera popolazione maschile autoctona, nonché in parte di quella femminile… » aggrottò la fronte, a voler ironizzare attorno a tal particolare, e, tuttavia, a non potersi nuovamente negare nostalgia per quel corpo che non le apparteneva più e che, in verità, non le era neppure mai appartenuto « Solo una persona, di sesso maschile, ebbe allora a dimostrare sufficiente riguardo nei miei confronti da non palesare attenzione in tal direzione: colui che, di lì a poco, avrei scoperto essere il giovane proprietario di quella medesima locanda… Be’Sihl Ahvn-Qa, ovviamente. »
« Detto fra noi, e per riservarmi assoluta sincerità, nel non voler rinnegare la realtà dei fatti né, tantomeno, nel non desiderare avere a offrire di me stessa un’immagine più matura di quanto non mi sia mai appartenuta, dal canto mio non avrei avuto a dovermi riconoscere qual abituata a non suscitare palese interesse da parte di coloro i quali si ponevano, per la prima volta, a confronto con me… e, quindi, nel ritrovarmi apparentemente ignorata da quel giovane intento a servire birra ai propri clienti, non potei ovviare a interpretare, tutto ciò, qual una sorta di sfida personale. » sorrise, lasciando emergere, in quel sorriso e in quelle parole, parole cariche di una profonda sicumera a lei abitualmente estranea, una parte di quello spirito sopito che un tempo le era stato proprio… lo spirito della mirabile Midda Bontor « Non dico un’offesa al mio orgoglio, o un’onta da lavare col sangue, ma, comunque, quanto sufficiente a indispettirmi, e a voler, a tutti i costi, avere a ritrovare anche nei suoi occhi interesse per me… o, al più, avere a scoprire un’assolutamente legittima indifferenza verso qualunque donna, più in generale. »
« Posso immaginare… » ridacchiò Rín, divertita da quelle parole e, invero, incuriosita dall’aura di maggiore confidenza in se stessa e nelle proprie possibilità che, in quel momento, sembrava avvolgerla, così come poche volte, o forse mai, aveva avuto occasione di cogliere in lei da dopo il suo risveglio.
« Ignorando chiunque altro nel locale, avanzai quindi in direzione del bancone, dietro al quale, in quel mentre, egli si era spostato, nella necessità di rifornirsi con altre birre a soddisfare nuove richieste da parte dei suoi ospiti. » continuò Maddie, in quel viaggio nel indietro nel tempo « O per lo meno tale sarebbe stato il mio intento, se non mi fossi ritrovata inaspettatamente bloccata nel mio incedere da una stretta, e da una prepotente stretta che ebbe a bloccarmi il polso sinistro, strattonandomi con forza all’indietro, in direzione di un bruto fra i tanti lì seduti ai tavoli. »
« Non seppi mai cosa fosse passato per la testa di quel tizio, se egli avesse dovuto esser allora riconosciuto qual troppo ubriaco per comprendere quello che stava compiendo oppure se tale avesse a dover esser considerato il suo consueto metodo di approccio con una donna. Perché, invero, quel tizio non ebbe neppure la possibilità di aprire bocca in mia direzione, nel momento in cui, sfruttando l’impulso da lui stesso imposto a mio discapito, e amplificandolo in grazia alle mie stesse energie, mossi allora la mia destra, e la mia destra in nero metallo dai rossi riflessi, a impattare violentemente su quel volto: non in misura tale da ucciderlo sul colpo, così come avrei anche potuto fare, sia chiaro, ma, comunque, in termini sufficienti da privarlo di ogni consapevolezza nel merito di se stesso e del mondo a lui circostante, nel mentre in cui un abbondante esplosione di sangue ebbe a eruttare dal suo setto nasale infranto e dalla sua bocca, nella perdita di almeno un paio di incisivi. » sancì, mimando in tal narrazione il gesto da lei compiuto e trasognando quanto la sua attuale protesi, quella protesi sì straordinaria e pur straordinariamente fragile se paragonata a quanto l’aveva sempre accompagnata, potesse essere allora pari alle altre da lei possedute, se non all’ultima, fantascientifica, quantomeno alla prima, protagonista di quella stessa così rievocata memoria « Fu in tal modo che, per un istante, imposi il silenzio all’interno dell’intera locanda, nella sorpresa con la quale i più ebbero ad accogliere il mio gesto. E fu in tal modo che, un attimo dopo, ebbi a scoprire quanto poco fosse sufficiente, in quel di Kriarya, per generare una rissa… e, soprattutto, a scoprire quanto, in verità, tutto quello avesse a piacermi, in una straordinaria possibilità di allenamento, per me, e di dimostrazione delle mie capacità guerriere, per il resto del mondo. »
« Povero Be’Sihl… non vi eravate neppur presentati, e già gli stavi mettendo a soqquadro l’intera locanda! » sospirò la gemella, scuotendo il capo e coprendosi, per un istante, gli occhi con le mani, in un segno di quieto imbarazzo per il comportamento della propria amata sorella, in quello che, sì, non avrebbe dovuto dimenticare essere semplicemente la narrazione di una fantasia e pur, ciò no di meno, in quello che, in quel frangente, si stava concedendo occasione di ascoltare quasi fosse la cronaca di eventi realmente occorsi, per avvicinarsi meglio a Maddie e, in ciò, poter meglio comprendere quanto avesse ad agitarsi nel suo cuore in quel momento, in quella particolare situazione che ella aveva voluto condividere con lei.
« Già. » ridacchiò la prima, stringendosi fra le spalle a minimizzare, tuttavia, la propria colpa in tal senso, quasi, in fondo, egli non avrebbe potuto attendersi nulla di diverso da parte sua « Comunque sia, non dovette dispiacergli troppo, giacché, quando un’ora più tardi mi ritrovai a essere la sola oltre a lui ancora in piedi all’interno della locanda, egli ebbe a muoversi fino a me con un ampio vassoio in mano, recando meco una brocca di vino rosso e un generoso piatto di carne grigliata, con l’intento di volgermi una semplice domanda:  ̶  Se mi posso permettere l’interrogativo, mia signora, per quanto tempo desideri restare in città…? Lo domando unicamente allo scopo di valutare quale stanza aver a poterti offrire per il tuo soggiorno nella mia umile dimora…  ̶  »
«  ̶  Non sono la signora di nessuno, mio buon locandiere…  ̶  mi riservai, allora, occasione di replicare  ̶  Mi chiamo Midda… Midda Bontor. Ed è mia intenzione restare in città sino a quando non avrò trovato un mecenate che voglia incaricarmi di una missione degna d’esser compiuta.  ̶  »

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