11 gennaio 2008 - 11 gennaio 2018: dieci anni con Midda's Chronicles!

Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.


Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!

Scopri subito le Cronache di Midda!

www.middaschronicles.com
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E siamo a... QUATTROMILA!

Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!

Grazie a tutti!

Sean, 18 giugno 2022

domenica 24 marzo 2019

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Distratta da quei pensieri, distratta da quella riflessione nel merito della natura di quel sogno, chinando lo guardo a osservare il proprio corpo Maddie non poté ovviare a storcere le labbra verso il basso nel riconoscersi, proprio malgrado, ancora nelle proprie vere vesti. Laddove, infatti, quello aveva a doversi considerare un sogno, e un sogno così ricollegato alla propria fittizia vita come Midda Bontor, ella non avrebbe potuto ovviare a sperare di poter riconquistare le proprie sembianze originali, la tonicità del proprio corpo da donna guerriero, la pienezza della femminilità delle proprie forme: purtroppo tutto era rimasto uguale, e al suo sguardo, quanto allora ebbe ad apparire, fu miseramente il proprio vero corpo, con tutti i propri difetti, con tutti i propri limiti, con tutta la propria debolezza…

« Uff… » sbuffò, ormai scesa a patti con la natura onirica di quel momento e, in tal senso, divenuta immune al senso di inquietudine precedente, decisa, per il tempo che ancora le sarebbe stato concesso, a esplorare le possibilità di quel momento di sogno lucido, per così come troppo raramente ci si sarebbe potuti riservare opportunità « … perché neppure in un sogno posso assomigliare a Midda?! »
« Non ti distrarre… per carità divina. » gemette l’uomo, levando lo sguardo al cielo e portandosi le mani al volto, in un segno di evidente frustrazione da parte sua « Ci sei quasi… ti manca così poco per risvegliarti. » le confermò egli, in una frase a dir poco ironica da parte di un sogno, e di un sogno che ella aveva smascherato in quanto tale e che, razionalmente, non avrebbe dovuto voler ricercare il suo risveglio, non laddove, in ciò, avrebbe fondamentalmente smesso di esistere « Rispondimi, Midda… perché mi stavi cercando? »
« Non ti ricordavo così rompiscatole… sai? » replicò ella, scuotendo appena il capo e inarcando un sopracciglio a osservare con aria critica il proprio interlocutore « In effetti, forse, non sto facendo proprio un grande affare a cercarti… » soggiunse poi, domandandosi quanto quel sogno stesse distorcendo la realtà dei fatti e quanto, altresì, le stesse offrendo una qualche interessante profezia sul proprio possibile futuro con Basel « … non so che idea tu ti sia fatto di me, mio caro, ma sappi che anche se non sono Midda, non amo essere trattata con prepotenza o arroganza. » puntualizzò, non potendo ovviare, poi, a riservarsi un risatina divertita, nel confronto con il pensiero di star argomentando in tal maniera con un sogno.
« Ma tu sei Midda! » protestò Be’Sihl, strofinandosi il volto con le mani, a tentare di scaricare l’evidente nervosismo proprio di quel momento.

Un momento, quello nel quale egli era allora giunto, che, a dispetto di quanto mai ella avrebbe potuto intendere, aveva avuto occasione di conquistare dopo troppi mesi di distacco da lei, troppi mesi di lontananza fisica e psicologica dalla donna amata: mesi nel corso dei quali lo shar’tiagho era stato costretto ad abbracciare scelte, a compiere azioni la responsabilità delle quali avrebbe gravato sul suo cuore per il resto della propria esistenza, compromettendosi tuttavia più che volentieri per la donna amata.
In quei mesi Be’Sihl aveva viaggiato. Aveva combattuto. Aveva torturato e aveva ucciso, e aveva torturato e aveva ucciso in modi che, in passato, non avrebbe neppure immaginato di poter concepire. E lo aveva fatto nella sola volontà, nella sola speranza di poter riuscire a ricongiungersi a lei, sebbene, invero, in modi, in dinamiche diverse da quelle per loro lì attuali. Accidenti… per lei era arrivato persino a morire! E, per quanto ancora ella non lo sapesse, non potendo aver avuto alcuna occasione per scoprirlo, egli era stato resuscitato dalla morte in sola grazia alle nanotecnologie alla base della famigerata Sezione I, nel riconoscergli, in tal senso, una nuova occasione di vita subordinata al prezzo che, tuttavia, a lui sarebbe stato richiesto al momento della propria morte, e il prezzo proprio dell’impossibilità, allora, a morire realmente, trasformandosi nel corrispettivo tecnologico degli zombie del loro mondo d’origine.
In tutto ciò, essere posto a confronto, allora, a una così breve distanza dal raggiungimento del proprio obiettivo, e, in ciò, del risveglio di Midda, e, ciò non di meno, non essere ancora in grado di conquistarlo, e non essere in grado di conquistarlo perché ella stessa, vittima della trappola mentale nella quale l’aveva precipitata Desmair, non si stava dimostrando in grado di accettare la verità della propria stessa natura, non avrebbe potuto ovviare innervosirlo, e innervosirlo non tanto contro di lei, quanto contro quel destino avverso che, palesemente, non stava volendo dimostrare per lui alcuna pietà.

« … dannazione! » imprecò, liberando il viso dalla presenza delle proprie mani solo per avere occasione di inspirare profondamente aria nei propri polmoni, a cercare di imporsi un momento di lucidità « E allora proviamo in questo modo! » annunciò, più in una sorta di incitazione psicologica verso se stesso che nell’intento di un qualche avviso verso di lei, votando in favore di una diversa risoluzione, forse azzardata e, tuttavia, quantomeno giustificata dalla disperazione del momento.

Così, in maniera del tutto inattesa, imprevista e imprevedibile, giacché sino a quel momento egli si era persino astenuto dal cercare un qualsivoglia effimero contatto fisico con lei, ebbe allora a riservarsi un improvviso slancio fisico verso di lei, e uno slancio fisico che lo condusse, pertanto, a stringerla a sé e a premere con dolce fermezza le proprie labbra contro quelle di lei, alla ricerca dell’occasione di un appassionato bacio.
E se facile, e assolutamente giustificato, sarebbe stato, lì, per lei respingerlo, non avendo egli a poter vantare alcuna confidenza con lei, alcun pregresso rapporto utile a giustificare quel gesto, ciò non avvenne. Ed ella, al contrario, si chiuse con dolce naturalezza, con spontaneità, contro di lui, offrendosi quasi tutto ciò avesse a doversi considerare la cosa più naturale del mondo, ovvia nella propria occorrenza qual il mero battito del proprio cuore o il cadenzato movimento del proprio petto a ogni respiro.
Un bacio, quello che egli ebbe a cercare e che ella ebbe a offrire, che non mancò di riservarsi al contempo straordinaria dolcezza e incredibile passione, e che, nell’incontro delle loro labbra, ebbe a concretizzare due sentimenti, due emozioni, di due persone tanto diverse da aver forse a essere considerate reciprocamente antitetiche, agli antipodi di mondi fra loro addirittura separati, e che pur, per il tempo di quella comunione fisica, mentale, spirituale ed emotiva, ebbero a divenire un'unica, meravigliosa, entità. Un bacio, quello che egli ebbe a cercare e che ella ebbe a offrire, che, da parte di Be’Sihl, avrebbe avuto a dover essere lì riconosciuto qual funzionale al desiderio di riuscire a scuotere emotivamente la propria interlocutrice in termini sufficienti a permetterle di riprendere coscienza di sé, di ritrovare la propria vera natura e, con essa, di infrangere i terrificanti confini di quell’allucinazione nella quale era stata rinchiusa, quella prigione mentale dalla quale altrimenti non avrebbe mai potuto trovare occasione di salvezza; e, tuttavia, un bacio che, a margine di ciò, non avrebbe potuto essere comunque giudicato meno che desiderato, nel considerare quanto a lungo era stato da lui atteso, e quanto, in quegli ultimi mesi, tanto aveva dovuto compiere per potersi riconquistare la speranza propria di quella possibilità, e di quella possibilità di ritrovare la donna da lui così disperatamente amata. Un bacio, quello che egli ebbe a cercare e che ella ebbe a offrire, che, da parte di Maddie, avrebbe avuto a dover essere lì riconosciuto, almeno nelle proprie ragioni, nella propria arrendevolezza e complicità, qual il quieto abbandono a quella che, ancora, avrebbe avuto a doversi giudicare qual la fantasia propria di un sogno, e che pur, nel mentre di quel dolce crescendo, di quella appassionata reciproca ricerca di sé nell’altro, ebbe ad assumere lentamente, ma inesorabilmente, un ben diverso valore, e il valore proprio di qualcosa di autentico, qualcosa di importante, qualcosa di noto e pur forse dimenticato, o qualcosa di mai dimenticato e a cui, pur, in quegli ultimi mesi, in quegli ultimi anni, ella aveva rinunciato, e aveva rinunciato nell’impossibilità a ritrovare, non appartenendo, tutto ciò, al suo mondo, alla sua realtà, alla sua quotidianità: qualcosa che, allora e improvvisamente, ebbe a sorprenderla e, persino, a spaventarla, facendola ritrarre, pur in parte a malincuore, da lui, e spingendolo via da sé, nella necessità di comprendere cosa diamine stesse accadendo.

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