11 gennaio 2008 - 11 gennaio 2018: dieci anni con Midda's Chronicles!

Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.


Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!

Scopri subito le Cronache di Midda!

www.middaschronicles.com
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E siamo a... QUATTROMILA!

Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!

Grazie a tutti!

Sean, 18 giugno 2022

lunedì 25 marzo 2019

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« Chi sei tu, veramente…?! » domando Maddie, osservando sempre più confusa Basel, e tentando, inutilmente, di dare un senso a tutto quello, per quanto nulla di tutto quello avrebbe potuto vantare un qualsivoglia raziocinio.
« Tu lo sai… ed è il motivo per cui mi stavi cercando. » replicò l’uomo, scuotendo appena il capo a escludere la volontà di offrire egli stesso una risposta a quell’interrogativo retorico, laddove la verità avrebbe avuto a doversi riconoscere allora qual già nota alla propria interlocutrice, per quanto ella, ancora, non avesse avuto la forza necessaria ad ammetterlo « Rispondimi, te ne prego… perché mi stavi cercando?! »

Basel aveva ragione. Ella già conosceva la risposta a quell’interrogativo. E tale risposta la stava così terrorizzando da rendere impossibile, per lei, esprimerla.
Un terrore, il suo, non tanto motivato da quanto quella diversa interpretazione della realtà avrebbe potuto significare per se stessa, per il proprio passato e per il proprio futuro, quanto e piuttosto per ciò che avrebbe necessariamente comportato per tutti coloro a lei più cari, da lei più amati, a partire da sua sorella Rín, passando per suo padre Jules e, invero, anche per la sua amica Jacqueline. Se, infatti, in quel mondo tutti loro vivevano serenamente le proprie esistenze, nell’altra realtà, laddove avesse accettato di abbracciarla, di considerarla reale, rispondendo, allora, a quell’interrogativo con l’unica risposta possibile, ella avrebbe avuto a doversi ritrovare a confronto con la responsabilità propria per l’uccisione di sua sorella Nissa, il prezzo del cui sangue, ne era certa, presto o tardi avrebbe avuto a dover pagare; con la non indifferente possibilità della morte di suo padre, in un’età per lui già decisamente avanzata nel confronto con le aspettative di vita proprie del suo mondo; e, anche, con la scomparsa di Carsa Anloch, la corrispettiva di Jacqueline, sua amica, sua confidente, e nell’altra realtà sacrificatasi per proteggerla dalla violenza della blasfema unione fra Nissa e la regina Anmel Mal Toise.
A questo… a tutto questo ella avrebbe avuto a dover rinunciare se solo avesse accettato l’assurda idea che quello non avesse a doversi considerare realmente il suo mondo, veramente la sua realtà: un sacrificio, il suo, a cui sarebbe corrisposto anche il ritorno alla sua vecchia vita, a quella vita sempre vissuta, per propria libera scelta, sul filo del rasoio, in giostra con la morte, dovendo rendere lode agli dei tutti per ogni nuovo e inatteso giorno di vita concessole, in quella che, forse, con il tempo, stava iniziando a diventare qualcosa di troppo grande da affrontare per lei, e per lei sola. Laddove infatti, nella propria corrente realtà, nel mondo di Maddie, e in quella nazione in particolare, avere quarant’anni e più avrebbe avuto a doversi quasi riconoscere qual l’inizio della propria esistenza, allorché la fine, non soltanto in conseguenza di aspettative di vita sempre maggiori, ma anche, e soprattutto, in un progressivo aumento dell’età media della popolazione; nel mondo di Maddie, avere quarant’anni, soprattutto per un combattente, per un guerriero mercenario, avrebbe avuto a doversi considerare un traguardo semplicemente straordinario, il raggiungimento del quale avrebbe avuto a dover essere riconosciuto qual la più importante riprova del suo valore, della sua pericolosità. Ma un uomo, o una donna, di quarant’anni, ella non avrebbe potuto ignorarlo, non avrebbe mai potuto vantare la stessa forza, la stessa agilità, la stessa velocità di un uomo, o di una donna, di venti: certo, l’esperienza avrebbe giuocato il suo ruolo, e un ruolo sempre maggiore, sempre più importante, nel definire la propria superiorità in battaglia… ma presto o tardi, ella ne era cosciente, avrebbe incontrato un ragazzino, una ragazzina, in cerca di una facile occasione di notorietà, che l’avrebbe affrontata e vinta.
Per quale dannata ragione, quindi, ella avrebbe mai dovuto realmente accettare di rinunciare a quella realtà, e a una realtà nella quale, comunque, stava vivendo serenamente la propria quotidianità, avendo un uomo che l’amava, avendo una famiglia, e avendo la prospettiva di potersi spegnere, serenamente, un giorno nel proprio letto, allorché essere sgozzata dal primo assassino di passaggio o ritrovarsi divorata da una qualche bestia mitologica?!

« Non posso risponderti… » scosse il capo ella, storcendo le labbra verso il basso, a escludere quella possibilità, a negare quanto da lui richiestole.

E se pur, in un primo istante, egli non sembrò voler insistere ulteriormente verso di lei, arrivando persino a chinare il capo in segno di quieta rassegnazione nel confronto con l’evidenza della realtà così offertagli, dopo un interminabile momento di silenzio, l’uomo rialzò lo sguardo verso di lei, per cercare, con i propri occhi quasi arancioni quelli color ghiaccio di lei, e, in quel contatto diretto, in quella ricercata comunione fra anime, per esprimere un nuovo interrogativo, e un nuovo interrogativo che, in maniera perfettamente azzeccata avrebbe lì circoscritto il problema.

« Non puoi… o non vuoi? » domandò, con tono quieto, privo di accuse  a suo discapito e, altresì, contraddistinto da una quieta necessità di comprendere, e di comprendere quanto stesse allora accadendo nell’intimo della sua mente.

Maddie era consapevole di non volere. Era consapevole di non avere desiderio di rinunciare alla felicità che in quel mondo le stava venendo offerta, per quanto forse fittizia. Ed era consapevole di quanto, probabilmente, Midda, fosse stata lì presente accanto a lei, le avrebbe rivolto un deciso manrovescio per cercare di obbligarla a riprendersi, a riprendere coscienza di sé, di chi essa realmente fosse, e di coloro i quali, così facendo, stava necessariamente tradendo in nome di una egoistico e infantile desiderio di ignavia, qual, in fondo, il suo avrebbe avuto a dover essere considerato.
Ma, pur essendo consapevole di ciò, ella non ebbe neppure a riservarsi coraggio sufficiente per difendere tale propria posizione, limitandosi, tristemente, a scuotere il capo e a palesare, in tal senso, tutta la propria più intimamente conscia colpevolezza, tutto il senso di colpa che pur, sul suo animo, allor gravava, nell’irrequieta certezza di quanto torto, così facendo, avrebbe imposto a tante… a troppe persone. A partire, innanzitutto, dal proprio attuale interlocutore.
Un interlocutore l’ira del quale, in conseguenza a tutto ciò, ella avrebbe avuto a temere. E un interlocutore l’ira del quale, tuttavia, non ebbe in alcun modo a palesarsi innanzi a lei, in una tanto quieta, quanto rassegnata accettazione di quanto, lì, avrebbe avuto a doversi riconoscer qual una sua scelta…

« Così sia. » annuì egli, con un profondo sospiro « Se questo è ciò che hai deciso per il tuo futuro, io resterò qui con te. Perché, francamente, non mi è mai interessato ove il nostro viaggio avrebbe potuto condurci, quanto e piuttosto il poterlo affrontare accanto a te, vivendo giorno dopo giorno al tuo fianco. » sancì, in un proclama che in altro modo non avrebbe potuto essere descritto se non d’amore, e che, tuttavia, in quel momento, non ebbe a scioglierle il cuore, così come probabilmente ella stessa avrebbe potuto sperare avvenisse, quanto e piuttosto a stringerlo in una morsa, e in una morsa di rimorso e colpa persino maggiore rispetto a quanto, già, sino a quel momento, non avesse avuto occasione di provare « E se tu desideri vivere il resto della tua esistenza in questa maniera, io non mi sottrarrò… »

Maddie avrebbe voluto tacere. Probabilmente, giunta a quel punto, avrebbe voluto scappare di lì, e scappare urlando e piangendo, in una reazione certamente infantile e pur, quantomeno, umana. Maddie avrebbe voluto tacere. E tacere allora per chiudere, in tal maniera, e definitivamente, ogni nuovo discorso a tal riguardo, ogni nuova disquisizione a tal proposito, sotterrando ogni dubbio, ogni paura, ogni perplessità, sotto il peso del proprio egoismo, e di quell’egoismo nel nome del quale, in quel dialogo, ella stava permettendo al lato peggiore di sé di avere la meglio, di prevalere non soltanto nell’immediato, ma in tutta la propria vita, presente e futura, e, con essa, anche sulla vita di quell’uomo, e di quell’uomo che, innanzi a lei, stava in tal maniera declamando il proprio amore per lei, e un amore così assoluto tale per cui alcun fato avrebbe potuto riservarsi interesse per lui.
Maddie avrebbe voluto tacere…

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