11 gennaio 2008 - 11 gennaio 2018: dieci anni con Midda's Chronicles!

Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.


Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!

Scopri subito le Cronache di Midda!

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E siamo a... QUATTROMILA!

Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!

Grazie a tutti!

Sean, 18 giugno 2022

sabato 3 maggio 2008

114


Q
uando il capitano Cor-El scese nella stiva della nave si ritrovò ad osservare uno spettacolo disumano, che le strinse il cuore in una cinta di spine: nell’osservare tutti i profughi ammassati quasi uno sopra l’altro, senza spazio per muoversi, senza aria per respirare, in un clima quasi da fornace tanta era l’umana presenza lì addensata, la donna non poté evitare di pensare alle navi trasportanti schiavi, provenienti spesso dalle terre centrali e dirette sempre verso i regni dove il possedere materialmente una vita umana era considerato assolutamente legale. Purtroppo non erano poche tali abominevoli situazioni e per questo non erano pochi neanche coloro che cercavano di arricchirsi in un tale ignobile commercio, conducendo grandi velieri attraverso le acque dei mari per trasportare merce umana laddove sapevano sarebbe stata accolta con piacere, al fine di rimpinguare guardie personali, di avere nuovi operai per i propri cantieri se non, addirittura, schiave per i propri desideri sessuali.
Come gli dei del mare potessero accettare che ciò accadesse, potessero concedere a simili rinnegati di ogni principio civile di attraversare i propri domini non era a lei chiaro e, sinceramente, dopo aver assistito in troppe occasioni a spettacoli così macabri dall’essere nauseanti, molti pilastri della di lei fede erano venuti meno: nei lunghi viaggi che lei ed il suo equipaggio avevano affrontato nei mari, non erano stati purtroppo rari gli incontri con i cadaveri di tutti coloro che, estenuati dal trasporto in condizioni inaccettabili, erano morti prima di giungere alla loro destinazione, venendo poi gettati in mare come cibo per i pesci, senza alcuna onoranza funebre, senza alcun rispetto per le spoglie mortali di quelle povere vittime. Al ricordo di tutto ciò, per il capitano della Har’Krys-Mar fu necessario un lungo istante utile sopprimere un istinto di nausea provato verso se stessa di fronte alla vista della stiva della propria nave, per obbligarsi a ricordare di non star commerciando in vite umane ma, al contrario, di essersi impegnata per la loro salvezza.

« Stiamo per attraccare. » esordì la donna, ad alta voce per farsi udire fino al fondo della stiva.

Immediatamente verso il capitano si voltò ogni viso presente, ad ascoltare le di lei parole, a cercare in quella voce una speranza per il loro immediato futuro. Tutti occhi colmi di speranza nell’osservarla, tutti sguardi colmi di desiderio di libertà ma, al tempo stesso, di protezione da colei che li aveva accolti e li aveva condotti così lontani da casa, in una terra praticamente ignota e, tutti lo sapevano e comprendevano, estremamente diversa dalla loro realtà quotidiana.

« So che le condizioni per alcuno di voi sono state agevoli in questo viaggio per quanto il mio equipaggio ed io ci possiamo essere impegnati… » continuò, con tono fermo, riprendendo rapidamente prima che qualcuno potesse intervenire come già stava accadendo « So anche comunque che nessuno di voi ce ne fa colpa… e di questo vi ringrazio. »
Molte furono le voci di gratitudine che si levarono verso di ella a quelle parole, nel ricambiare i di lei ringraziamenti, nel negarne la necessità: come ella aveva detto, nessuno all’interno della stiva riusciva ad offrire un giudizio negativo verso il capitano, verso quella donna che a rischio della propria vita, della propria nave ed in danno sicuro ai propri commerci aveva deciso di imbarcarli, di salvarli conducendoli lontano come l’alcalde aveva loro richiesto.
Ella cercò comunque di ignorare quelle voci per poter continuare con il proprio discorso, prima di perdersi irrimediabilmente in esso: « Vi prego. Per favore… un attimo ancora. »
Il silenzio le fu così offerto a quella richiesta, nella comprensione che ella non aveva ancora terminato con le proprie parole e che, probabilmente, qualcosa di importante doveva ancora essere loro detto.
« Capisco che il primo desiderio di ognuno di voi probabilmente è quello di poter uscire, a respirare aria pura, a rinfrescarsi con acqua fresca, a mangiare qualcosa di buono… però vi devo chiedere di offrimi ancora la stessa fiducia e lo stesso ascolto che mi avete concesso durante il viaggio. »
Silenzio, nuovamente, di fronte a quel proseguo, un silenzio formato da troppe esclamazioni trattenute, troppe repliche presto soffocate davanti alla di lei richiesta di fiducia che nessuno voleva negarle.
« Le autorità locali non sono, per il momento, informate della vostra presenza a bordo di questa nave. » riprese Cor-El, con assoluta trasparenza verso di loro « Se così fosse stato, probabilmente non ci avrebbero neanche permesso di entrare in porto. Kirsnya, al contrario della vostra meravigliosa comunità, non è famosa per la propria ospitalità. »
« Ci scacceranno? » domandò dal gruppo di donne e bambini dell’isola una voce non meglio identificata.
« Non posso escludere questa possibilità. » ammise il capitano « Ma se anche così fosse ciò andrebbe comunque a nostro vantaggio: è vero che dovremmo riprendere la via del mare, ma lo faremmo solo dopo aver compiuto i necessari rifornimenti… »

Ella comprendeva bene di non star offrendo loro alcuna rosea prospettiva in tali parole: l’idea di affrontare nuovamente in quelle stesse condizioni un ulteriore viaggio non avrebbe recato sollievo a nessuno e, soprattutto i più giovani e le più anziane, avrebbero sicuramente iniziato a risentire fisicamente di quella situazione se già così non era stato. Ma ella non se la sentiva, in cuor proprio, di promettere ciò che non avrebbe saputo offrire, di invocare speranze che non avrebbe potuto poi permettere loro di raggiungere: ritenne, al contrario, una scelta migliore quella di far presumere loro le possibilità peggiori, ovviamente cercando di non accentuarle in modo eccessivo nella loro negatività, per permettere poi di gioire ad ogni minima possibilità di agio sarebbe potuta essere loro al contrario offerta, ammesso che tale sarebbe stata.

« Oltre alla vostra pazienza ed alla vostra collaborazione nell’attendere qui a bordo ho necessità di ottenere un censimento completo di ognuno dei presenti, nell’indicazione del nome, del cognome e dell’età. » continuò dopo un istante di silenzio la donna, nel frattempo del quale il di lei secondo in comando era comparso al suo fianco con carta ed inchiostro, pronto al compito richiestogli « In particolare sarà necessario che ci possiate indicare con chiarezza se avete amici o parenti in questa città e, se sì, i rispettivi nomi ed indirizzi. »
« Questi dati mi saranno necessari per cercare di far comprendere alla capitaneria dell’assoluta sincerità delle nostre azioni. » spiegò ella, concludendo finalmente il lungo, ma necessario, discorso « Ho maturato una certa credibilità in questo porto e se riusciremo a far comprendere quanto speriamo possa essere temporanea la vostra presenza in città, è possibile che ci accettino senza forti opposizioni. »

Senza dissensi, senza repliche di protesta o negazione, tutti i presenti si organizzarono per fornire con ordine i dati richiesti all’uomo accanto a lei, dimostrando ancora una volta, in quella quieta accettazione il proprio carattere ammirevole: sicuramente altri, al posto di quelle donne e di quei bambini, non le avrebbero concesso ascolto, si sarebbero lamentati per il viaggio subito ed avrebbero preteso di poter sbarcare immediatamente, ponendo sia se stessi che la nave ed il suo equipaggio in gravi problemi. Al contrario, nella serenità che erano riusciti ad imporsi spontaneamente, nel mantenimento di un controllo assoluto anche dove sarebbe stato comprensibile un crollo di nervi, essi dettero prova della propria forza interiore ed esteriore.
Ed osservandoli Cor-El si sentì estremamente fiera, come poche volte le era accaduto di essere: quella gente meritava ogni impegno da parte sua per offrire loro un posto in cui riposare, in cui essere accolti come ospiti più che come profughi, in attesa che le tragiche circostanze della loro fuga dall’isola si fossero evidenziate come concluse, concedendo così loro la possibilità di un ritorno alle proprie case.

3 commenti:

Anonimo ha detto...

Cor-El è una grande, animata da un senso di giustizia raro quanto prezioso.

Come attitudine ad aiutare il prossimo, mi ricorda un'altra persona che ha come nome un xxx-El... è in suo onore che hai scelto il nome, o è una pura casualità?


Certo è che per i sopravvissuti sarà sempre più dura trovare i familiari :(

Anonimo ha detto...

Senza offesa, ma forse il post meno credibile... Cioè, questi, in quelle condizioni accettano cosi? Bho...

Cioè, si, quel capitano( bello notare che non sono stato l'unico a pensare a quel personaggio, come anche Coubert...) ha un senso dell'altruismo particolare nella sua rarità( trovala una cosi per strada...), però, i passeggeri... bho...

Sean MacMalcom ha detto...

@Coubert:

Come gli altri nomi di personaggi e di navi, anche quello di Cor-El deriva dal nome di una persona vera, in questo caso una mia amica.
Non nego, però, che avendo la possibilità di usarlo come "Corel", ho preferito invece la forma "Cor-El" per rendere omaggio alla famiglia degli El... :))

@Palakin:

Assolutamente nessuna offesa. :)
I giudizi sono come le mutande: ognuno ha i propri! :D

In merito al tuo giudizio, posso dire che personalmente cerco di scrivere contestualizzando ogni situazione ad un ambiente preciso, anche per non avere un intero pianeta stereotipato ad un unico modello di riferimento.
Come ho cercato di sottolineare in tutti i primi episodi di questa avventura, la vita nell'isola di Konyso'M è estremamente diversa da quella del continente, quasi aliena alla "vita vera" (se così vogliamo definirla), portando i suoi abitanti a peccare forse in maniera eccessiva di buonismo. Ovviamente ciò non significa che essi siano stupidi: semplicemente non sono abituati ad una particolare mentalità. Ora come ora, in una città come Kriarya non sopravviverebbero per più di pochi minuti... in una situazione non diversa da Camne, del resto.
Irreale? Io dico di no.
Un esempio concreto? Italia-Germania... e non intendo la partita. Fra l'Italia e la Germania esistono mentalità così differenti da far sembrare assurda una agli occhi dell'altra. Quando lo scorso anno sono stato in Germania per lavoro, mi sono ritrovato ad osservare una città dove le auto offrivano precedenza ai pedoni anche restando ad aspettare 5 minuti che il pedone finisse di mandare un SMS e si accorgesse di star bloccando il traffico; dove in città esiste un limite di 30 km/h e nessuno osa andare più forte di tale limite, vedendo in conseguenza tranquillamente le biciclette muoversi più rapidamente delle auto (non a caso praticamente tutti si muovevano in bicicletta); dove le biciclette venivano lasciate appoggiate tranquillamente ed in massa ai lampioni o ai muri delle strade senza il minimo timore che potessero non ritrovarsi lì il giorno dopo; dove alle finestre delle case non esistevano tendaggi e tutto ciò che avveniva all'interno delle stesse era tranquillamente offerto all'esterno; dove nessun negozio, dopo l'orario di chiusura delle 18.00, abbassava una saracinesca in metallo ed anche le gioiellerie restavano illuminate a giorno senza timore di furti; etc.. etc.. etc.. Sono rimasto lì per una settimana soltanto, ma giuro che mi è sembrato di essere in un mondo alieno, abituato alla realtà quasi antitetica rappresentata dall'Italia. Ed a quanto mi hanno raccontato in Islanda è ancora più netta l'alienazione che io ho avvertito. Ovviamente quello era una singola città del nord della Germania e, forse, non faceva testo in confronto ad altri luoghi sempre nella stessa, ma questo già dimostra come una situazione simile a quella qui presentata non possa essere assurda. Assurda forse dal punto di vista di un italiano, certo! Ma non di qualsiasi persona nel mondo... basti solo pensare alle nostre "file d'attesa" in confronto a quelle del resto del mondo. :P
Oltre a ciò, permettimi di considerare che noi ragioniamo in termini di globalizzazione, dove il mondo è una realtà troppo stretta per tutti noi e dove una scoreggia fatta in Giappone ci può giungere in tempo reale qui in Italia. Ragioniamo con uno sguardo che si vuole credere disilluso ed esperto sul mondo (anche se credo che questa sia solo un'illusione fornitaci dai media e che in realtà la nostra ignoranza sia forse maggiore oggi che in passato), ma nel mondo di Midda le notizie viaggiano nella maggior parte sotto forma di ballate, si trasmettono di bocca in bocca con enfatizzazione delle medesime a dismisura (basti pensare a come l'avventura di Midda nella palude di Grykoo sia stata poi distorta). In una realtà isolare (ed isolata) come è quella di Konyso'M, le notizie dal resto del continente arrivano in maniera tutt'altro che repentina, non permettendo la maturazione di una consapevolezza di pericolo quale invece sarebbe utile che esistesse. Ti ricordo che stiamo parlando di gente che accetta di farsi derubare dai pirati (tassare, come dicono loro) per non avere rogne... figurati se per loro un censimento compiuto da colei che li ha salvati dal ripetersi dell'unica grande tragedia di cui hanno memoria è da considerarsi con sospetto! :))

Comunque ripeto: i giudizi sono come le mutande. :D
Non pretendo che ti debba sempre piacere quello che scrivo! :D Altrimenti poi sai che noia... :))