Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.
Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!
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E siamo a... QUATTROMILA!
Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!
Grazie a tutti!
Sean, 18 giugno 2022
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Sean, 18 giugno 2022
domenica 4 maggio 2008
115
Avventura
004 - Alla deriva
Una settimana era ormai trascorsa dalla vittoria sui pirati e l’alcalde di Konyso’M poteva ormai trarre le conclusioni in merito alla propria scelta strategica, in cui tutti i propri concittadini lo avevano seguito senza offrire ripensamento, senza accennare protesta, pronti di fronte alla morte con la stessa forza con cui avevano da sempre affrontato la vita. Essi avevano dimostrato di essere uomini più di qualsiasi altro guerriero nato e cresciuto nel continente, forgiato da una vita dura ed ingrata, addestrato alla paranoia ed alla diffidenza verso il prossimo: rispettosi della vita degli altri e delle proprie, i figli dell’isola avevano saputo offrire impavidamente il proprio petto alle spade avversarie, non con incoscienza ma con totale controllo sul proprio destino, sulle proprie azioni. Chiunque sarebbe stato in grado di lasciarsi vivere, chiunque sarebbe dovuto prima o poi morire: in pochi però erano capaci di vivere realmente ed, ancor meno, erano coloro pronti a saper morire. A nessuno fra i centotrenta uomini le cui celebrazioni funebri avevano colmato quegli ultimi giorni sarebbe mai potuto essere rimproverato di non essere stati in grado di vivere ed, ancora meno, di non essere stato capace di morire.
Tale pensiero, comunque, non fu in grado di rendere più semplice l’accettazione di quelle morti prima di tutto per Hayton stesso. L’idea di aver compiuto una valutazione errata non gli concedeva pace: restare a combattere invece che fuggire era stata veramente la scelta migliore? Ammesso ma non concesso che le navi avessero potuto trasportare altre duecento anime in fuga dai pirati, ammesso ma non concesso che i predoni dei mari non avrebbero inseguito le stesse condannandoli ugualmente a morte, come poteva essere certo di non aver sopravvalutato le loro possibilità di vittoria? Egli non voleva privare d’onore o di valore i propri concittadini, sia caduti nell’insana battaglia sia sopravvissuti ad essa, ma non poteva evitare di pensare di averli condotti come era stato solito fare in passato con i propri equipaggi. Ma laddove i marinai si sceglievano fra gente conscia dell’arte della guerra oltre che di quella del mare, coloro che lì erano stati da lui mandati a morire avevano da sempre vissuto in un contesto idilliaco, lontano da ogni malizia del resto del mondo, protetti da ogni male di esso. Gettarli, come egli aveva fatto, incontro alla morte non avrebbe mai potuto vederli vittoriosi ed, infatti, non vi sarebbe stato successo se non fosse stato per la Figlia di Marr’Mahew, come ormai era stata soprannominata la sconosciuta guerriera loro giunta dal mare.
Di ella l’anziano ex-capitano non era ancora stato in grado di saper molto e, del resto, fino a quando non fossero partiti per il continente alla ricerca delle loro famiglie probabilmente nessuno avrebbe avuto modo di svelare quel piccolo mistero.
« Ben alzata… »
Tali erano state le prime parole che l’alcalde aveva rivolto alla loro ospite, dopo il di lei risveglio risalente a cinque giorni prima, ospite in una casa ormai privata della coppia di padre e figlio che in essa prima risiedevano.
Lasciando il letto e le lenzuola che la coprivano, per quanto ancora intontita dal risveglio, ella era scattata immediatamente in una posizione difensiva, non offrendo considerazione alla nudità del proprio corpo di fronte ad egli e rivelando, altresì, una decisa predisposizione al combattimento: « Chi sei? » aveva domandato a denti stretti, mentre le nere pupille si restringevano nelle azzurre iridi di ghiaccio tanto da quasi scomparire in esse.
« Il mio nome è Hayton Kipons, alcalde legittimamente eletto di Konyso’M, nell’arcipelago di Lodes’Mia. » si era presentato, con assoluta calma e senza imbarazzi davanti al corpo pur ammirevole della donna, ormai troppo vecchio per pensare di arrossire per certe cose.
« E dove sono? » aveva replicato a quel punto la donna, spaziando rapidamente con lo sguardo attorno a sé, a controllare l’ambiente senza abbandonare la posizione di guardia.
« Ovviamente a Konyso’M. » aveva risposto egli, andando a sedersi tranquillo su una sedia in vimini lì vicino « Spero che non ti dispiaccia se mi metto comodo… ma sai, l’età… » aveva scherzato, cercando di stemperare il clima troppo teso lì presente.
Ella non aveva però reagito con accondiscendenza a quel tentativo, limitandosi a chiedere ancora: « Sono prigioniera? »
« Ti sembra di esserlo? » aveva quindi domandato a propria volta l’uomo, aggrottando la fronte rugosa « No. Non sei prigioniera e per quello che può valere ti assicuro che nessuno su questa isola potrebbe mai farti del male… »
A quel punto la donna aveva svelato una leggera incertezza nel proprio sguardo, seguita da un rilascio della posizione di guardia, per fare ritorno poi verso il letto da cui si era alzata, prendendo il lenzuolo da esso per avvolgerlo attorno al proprio corpo: « Siamo amanti? »
Innegabile, anche per l’anziano ex-comandante, fu a quel punto un attimo di imbarazzo e smarrimento, subito superato: « Con una ventina d’anni in meno sulle spalle, l’idea sicuramente mi avrebbe allettato. » aveva risposto « Perché mi domandi questo? »
« Mi sono ritrovata ad essere nuda in un letto davanti a te… » aveva inarcato un sopracciglio ella, nell’osservarlo « Ed escludendo di essere tua prigioniera ho provato con un’altra possibilità. »
« Scusa… vuoi dirmi che non… »
« Non ricordo nulla. » aveva tagliato corto ella, arrivando con fermezza al punto « Sì. Non ricordo perché sono qui, non ricordo perché ho questa armatura nera attorno al braccio, non ricordo perché ho tante cicatrici in corpo… e non ricordo chi tu sia o chi sia io stessa. »
Quella rivelazione, per quanto spiazzante, non aveva trovato incredulità in Hayton: nello sguardo della donna egli aveva letto la verità di tali parole, nel di lei assoluto smarrimento. Chiunque ella fosse, il naufragio che l’aveva veduta protagonista le doveva aver lasciato più danni di quanti non fossero stati immediatamente apparenti, nella perdita temporanea di una parte della di lei memoria: era già stato di fronte a simili casi, in passato, considerati spesso punizioni da parte degli dei per chi troppo audacemente si era spinto nei loro confini, nell’osservare ciò che non avrebbe mai dovuto esser visto da occhi mortali. Ed in tali sventurate occasioni, solo il tempo aveva offerto rimedio, restituendo alle vittime il loro passato e con esso il loro presente ed una speranza per il futuro.
« Comprendo. » aveva annuito a quel punto l’alcalde « Chiunque tu sia hai fatto molto per noi. E di questo non possiamo che esserti grati: considerati pertanto nostra gradita ospite, per tutto il tempo che ti sarà necessario a decidere in quale strada rivolgere la tua vita. »
Nei giorni seguenti la memoria della Figlia di Marr’Mahew non era comunque migliorata, contrariamente alla di lei condizione fisica che l’aveva presto vista lasciare il letto e girare per l’isola, con una comprensibile irrequietezza. Dietro consiglio dell’alcalde, a cui non si era opposta quasi anticipandolo, ella aveva rivestito gli abiti con cui era stata ritrovata, opportunamente rammendati e ripuliti, nella speranza che il vedere la propria immagine così composta l’avrebbe potuta aiutare nel recuperare i ricordi perduti. Ed a sette giorni dagli eventi che l’avevano vista salvare circa settanta uomini da fine certa, uccidendone altrettanti, ella era impegnata, di fronte agli occhi di tutta l’isola e di quelli dell’anziano ex-capitano immerso nei propri pensieri, in una serie di esercizi dei quali non riusciva a ritrovare l’origine nella propria mente ma che sapeva esserle propri, appartenere alla vita che non le era permesso di rammentare.
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2 commenti:
Ma povera Midda!
Comunque devo cambiare il giudizio sull'alcalde. E' stupido.
Cioè, è vecchio e vicino alla morte. Allora dica a Midda "si, sei la mia amante" e goditela finchè non le torna la memoria. Tanto, morire presto per morire presto, almeno ti diverti prima.
LOL!!! :)))))
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