11 gennaio 2008 - 11 gennaio 2018: dieci anni con Midda's Chronicles!

Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.


Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!

Scopri subito le Cronache di Midda!

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E siamo a... QUATTROMILA!

Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!

Grazie a tutti!

Sean, 18 giugno 2022

venerdì 9 maggio 2008

120


Lafra, padre di Heska, si offriva come un uomo di statura appena sotto la media ma di corporatura decisamente robusta, resa ancor più evidente nelle braccia formate dal duro lavoro di fabbro che gli concedevano un aspetto tozzo laddove, a tutti gli effetti, egli non era tale. Nonostante l’età non di troppo inferiore a quella dell’alcalde, il tempo sembrava essere stato più generoso con egli, concedendogli di conservare un corpo ed un viso ancora energico, ancora giovane, per quanto i capelli completamente grigi non ne celassero la reale maturità. Un viso squadrato, in un amplio mento prorompente, presentava due grandi occhi verde acqua che sicuramente non avevano evitato di influenzare la colorazione delle iridi della figlia, sopra ad un naso appena schiacciato e ad una ampia bocca facilmente tendente al sorriso: per quanto il di lui lavoro fosse tutt’altro che riposante, nell’impegno quotidiano a plasmare la materia ed i minerali ai propri desideri, alle proprie necessità, egli era in grado di mantenere e trasmettere un senso di quieta docilità di raro pregio. Al timone della piccola imbarcazione a vela diretta verso Kirsnya, egli era vestito con gli abiti normalmente indossati in occasione delle visite al grande porto o, comunque, dei viaggi lontano dalla sua isola: al posto del torso altrimenti nudo, egli infatti presentava una casacca senza maniche di color turchese, in una manifattura non appariscente ma di evidente pregio, coprendo ulteriormente schiena e spalle con un corpetto di cuoio nero, estremamente robusto ed utile a fornire una protezione di base in caso di scontri. Attorno alle gambe, pantaloni ugualmente scuri si concedevano in grezza e spessa stoffa, lavorata con innesti di sottili placche metalliche nella trama del tessuto in modo tale da renderlo solido quasi come una cotta di maglia pur con un intralcio di movimenti minore: una scelta di abbigliamento che, pertanto, cercava di offrire l’immagine di un uomo al tempo stesso placido ma non sottomesso, in linea con il di lui carattere ed utile a dimostrare tale forza interiore al resto del mondo, a chiunque avrebbe potuto o voluto ostacolarlo.
A completare il quadro così presentato era un campionario dei propri migliori pugnali, ordinatamente riposti in una borsa a tracolla, ed una serie di splendide spade al riparo nella compatta stiva della nave: tali armi, sicuramente di gran pregio e lustro per quanto non paragonabili a quella donata alla Figlia di Marr’Mahew, avrebbero offerto una motivazione commerciale alla loro visita al porto, come spesso era stato in passato per l’uomo. I manufatti di Lafra, in effetti, non erano ignoti ai benestanti abitanti ed ai ricchi mercanti di Kirsnya che li acquistavano non solo a scopo di utilizzo ma anche, spesso, come semplici oggetti da collezione, splendidi ornamenti per le proprie abitazioni, forse a vanto di una capacità guerriera non posseduta ma ugualmente sfoggiata. L’arrivo del fabbro di Konyso’M in città non sarebbe stato, pertanto, malvisto o osteggiato, soprattutto laddove ad accompagnarlo era una così ricca mercanzia.

« Non vi è nulla da temere per questo viaggio. » commentò egli rivolgendosi verso la donna « E’ una via che ho già percorso molte volte, una anche con Mab’Luk e mia figlia Heska: non ci metteremo più di tre giorni a giungere a destinazione. »
« Non avere turbamento per me. » rispose ella, con un lieve sorriso « Al mare non offro la mia paura, ma solo il mio rispetto. »
« Forse sei stata anche una marinaia… » ipotizzò il giovane, intromettendosi nel discorso, non avendo del resto molte alternative nello spazio ristretto loro offerto « Non ho mai sentito parlare di figli del mare nati e cresciuti nel continente e solo loro, solo noi, sappiamo reagire come te di fronte alle infinite distese azzurre… »
« I suoi tatuaggi ne sono chiara evidenza. » annuì l’uomo, appoggiando tale ipotesi « Quelle tonalità di colore, che io sappia, sono tipiche di diversi arcipelaghi a sud di Tranith: comunque non mi considero un esperto e non vorrei offrire falsi indizi. »
« Purtroppo non ho possibilità di offrire credito o negare le vostre ipotesi. » intervenne l’oggetto di quella discussione, scuotendo le spalle ed il capo in segno di diniego « E, sinceramente, più passa il tempo e meno mi importa la questione: mi sento completa così come sono in questo momento, con questi abiti, questa spada e questa occupazione. »
« Sei una donna che si accontenta di poco. » sorrise il fabbro, a tali parole.
« Può darsi. » ammise a quel punto « Nella vostra isola, per quanto serena e pacifica, mi sentivo in leggero disagio: ma la presenza di una splendida lama al mio fianco e di una missione da compiere davanti a me mi restituisce energia, vitalità, forza, rendendomi realmente soddisfatta. »

Quando il sole giunse a sfiorare l’orizzonte, il gruppo si organizzò per consumare una frugale cena, accendendo due lampade ad olio al fine offrire un minimo contrasto all’oscurità in cui presto si sarebbero ritrovati: pane fresco, di grandi dimensioni e privo di sale, venne tagliato in fette che si proposero come veri e propri piatti sui quali appoggiare verdure, bollite prima dell’inizio del viaggio, carne e pesce, affumicati da tempo, il tutto inondato poi nelle loro gole da acqua e da un vino rosso delicato ma gustoso, leggermente dolce nel proprio sapore. Un pasto completo nelle esigenze nutrizionali dei loro organismi che non poté non soddisfare anche i palati del piccolo equipaggio, rinfrancandoli dopo una lunga giornata trascorsa sotto al sole ed in esposizioni ai venti, condizioni tali che, per quanto apprezzate, non potevano alla lunga evitare di offrire una vera e propria stanchezza fisica.
Nel riporre gli avanzi di quella cena, all’attenzione di Mab’Luk fu lo sguardo della Figlia di Marr’Mahew, soffermatosi nell’osservare qualcosa contenuto nella piccola stiva della nave, dimostrando in tal senso un certo interesse che solo verso la spada era stato da ella prima d’allora presentato.

« Conosci lo zither? » domandò incuriosito, rivolgendosi alla stessa ed imbracciando lo strumento lì riposto al fine di occupare i tempi morti nei lunghi viaggi, similmente a quello che stavano compiendo « Sai suonarlo? »
« Io… » espresse dubbio ella, nell’osservare la grande cassa armonica e la lunga serie di corde disposte sopra di essa « Non lo so sinceramente. Non ricordo… »
« Perché non provi? » propose allora il giovane, offrendo l’oggetto verso la donna con delicatezza, per non correre il rischio di rovinarlo in un beccheggio improvviso « Potrebbe aiutarti a ritrovare qualche memoria o, per lo meno, potrebbe farci trascorrere una serata interessante nell’ascoltarti. »

Senza eccessiva convinzione la mercenaria accolse lo strumento musicale offertole, appoggiandone la cassa armonica sulle proprie cosce per reggerla fra il petto e la mano destra, mantenendosi così la mancina libera di suonarlo: in quella posizione, ella lo osservò per qualche minuto, studiandone le forme in parte squadrate ed in parte curvilinee, nel legno scuro e lucido solo appena incrostato dalla salsedine, seguendone con lo sguardo le numerose corde, così abbondanti e fitte da sembrare quasi impossibile il solo pensare di potersi avvicinare ad esso.
Mab’Luk aveva appreso proprio da Heska l’arte della musica su quello stesso zither, trascorrendo lunghi pomeriggi abbracciato a quel legno ed a sua volta circondato dalle braccia dall’amata, nello scoprire come condurre le proprie mani a non smarrirsi nella semplice complessità dello strumento: non era semplice imparare a suonarlo, ma esso sapeva offrire grandi soddisfazioni nel momento in cui tale studio riusciva a concludersi con successo. Nella richiesta fatta verso la Figlia di Marr’Mahew, il giovane era stato sincero e volenteroso, anche se una parte in lui aveva fortemente dubitato in merito ad una reale capacità nella donna, altresì superba nel combattere ed uccidere senza pietà come ella aveva dimostrato di essere, a poter effettivamente dar vita ad un componimento armonico su quelle corde.
In quella stessa sera, egli dovette però ricredersi su tale, affrettato, giudizio.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Le doti di Midda sono infinite :o

Sean MacMalcom ha detto...

Beh, dai! :D
Aveva già dimostrato di saper cantare!! :D
Okay... ammetto che era stato nella vasca da bagno e per questo non affidabilissima come prova... :P :P :P