11 gennaio 2008 - 11 gennaio 2018: dieci anni con Midda's Chronicles!

Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.


Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!

Scopri subito le Cronache di Midda!

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E siamo a... QUATTROMILA!

Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!

Grazie a tutti!

Sean, 18 giugno 2022

mercoledì 14 maggio 2008

125


L
a Figlia di Marr’Mahew, come avevano imparato a chiamarla Lafra e Mab’Luk, o Midda Bontor, come altresì la indicavano le guardie di Kirsnya, venne condotta verso le prigioni cittadine, scortata senza eccessiva enfasi dallo stesso gruppo che ella aveva sbaragliato poco prima. Nessuna particolare attenzione pubblica venne richiamata verso quel trasferimento data l’evidenza della sconfitta morale, oltre che fisica, che tale atto comunque incarnava: non erano infatti state le guardie ad arrestare la mercenaria, per crimini che rifiutava di riconoscere come propri, ma era stata ella stessa ad aver deciso per quel destino, vincendo in conseguenza sotto ogni punto di vista di fronte ai propri carcerieri.
Il giovane osservò in silenzio quegli eventi, ritrovandosi nuovamente spiazzato, incerto su come poter considerare quella donna straordinaria e misteriosa, capace di offrire la vita e donare la morte a proprio piacimento, con destrezza e controllo assoluto, non inferiore a quello che ella stessa riusciva a porre nell’accarezzare le corde di uno strumento complicato quale lo zither. Solo quand’ella scomparve alla sua vista, ancora qual era egli dentro la barca da dove non aveva avuto occasione di muoversi, riprese coscienza e parola, volgendosi verso il padre.

« Ammetti i miei limiti. » commentò con un lieve imbarazzo « Non comprendo cosa sia accaduto… ma soprattutto perché. »

L’anziano fabbro dell’isola di Konyso’M offrì un sorriso di tenerezza verso il compagno a quella reazione, così genuina, quasi simile a quella di un bambino che posto di fronte alle cose anche più elementari sarebbe stato capace di offrire sincero stupore, iniziando a domandare il perché essa fosse accaduta, il come fosse successa, per poi perdersi e far perdere l’eventuale interlocutore in un fiume di questioni a catena, dove ogni risposta sarebbe stata base utile per una nuova curiosità, per l’ennesimo dubbio a cui cercare senza tregua alcuna spiegazione. Raccogliendo il fodero abbandonato della spada della Figlia di Marr’Mahew, egli ringuainò la di essa lama con cura, con sincero rispetto per la propria opera quasi temesse di poterla rovinare, per quanto sapesse che non sarebbe mai potuto accadere e per quanto la stessa, pochi istanti prima, aveva fornito nuova ed entusiasmante dimostrazione della propria forza.

« Ella ha compiuto ciò che ha giudicato essere la scelta migliore per condurre a termine la propria missione. » spiegò, quindi, rivolgendosi al figlio.
« Come è possibile che voglia concludere l’incarico che ha accettato nel momento in cui si è offerta remissiva di fronte al proprio arresto? » si oppose a quel punto Mab’Luk, contrastando la motivazione addottagli « Ti ha addirittura restituito la spada che aveva chiesto a compenso per il proprio operato. »
« Sbagli. » sorrise l’uomo, scuotendo il capo prima di chinarsi ad iniziare a raccogliere tutte le proprie mercanzie, per prepararsi a sbarcare « Prima sei stato estremamente affrettato nel giudicarla colpevole ed ora lo sei stato altrettanto nel giudicarla sciocca. »
« Leggi nel mio animo, padre? » domandò a quel punto il promesso sposo, stupito per quell’affermazione.
« Se così non fosse non ti amerei come un figlio. » annuì, semplicemente, porgendogli un fascio di spade arrotolate con cura in una pesante e ruvido panno di stoffa grezza « I tuoi occhi hanno tradito pocanzi le emozioni che provavi allo stesso modo in cui le hanno svelate nei giorni passati: non lasciare che i sensi di colpa per ciò che hai vissuto permettano di mal giudicare quella donna. »

Silenzio venne offerto da parte del giovane, ad un’affermazione tanto esplicita e tanto diretta nei suoi confronti: un senso di nudità completa lo pervase, lasciandolo in imbarazzo nello scoprire che le sensazioni vissute verso la Figlia di Marr’Mahew erano risultate così evidenti agli occhi del padre della sua promessa, rivelando ad egli un tradimento psicologico del quale il quasi sposo non poteva evitare di accusarsi.

« Mab’Luk, figlio mio. » riprese però l’uomo, distraendolo dai pensieri in cui stava già precipitando incontrollatamente « Non agitarti: non vi è stato nulla di male in ciò che è accaduto, anche perché so che alla fine il tuo cuore ha compiuto una scelta, confermando colei a cui già era votato, la quale per un istante era stata scordata nell’enfasi di una passione. Tu non hai tradito Heska. »
« Ora sei tu a sbagliarti, Lafra. » chinò il viso il giovane « Io non ho tradito tua figlia solo perché non me ne è stata concessa l’occasione… »
« Così tu preferisci credere, per alimentare il tuo senso di colpa. » scosse il capo il fabbro, nel rispondergli « Io, invece, sono convinto che se anche tu avessi avuto l’occasione, avresti saputo riconoscere l’errore che stavi per compiere e lo avresti evitato. »
Mab’Luk alzò appena lo sguardo verso di lui, osservandolo con aria interrogativa, non comprendendo le giustificazioni che l’uomo stava cercando di offrire in sua difesa laddove egli stesso non desiderava alcuna scusante per le proprie colpe.
« Sei ancora giovane… e, per certi versi, inesperto verso la vita, sicuramente con la complicità della protezione offerta dalla nostra quieta isola. » sorrise Lafra, continuando il discorso con tono tranquillo « Nella tua vita, forse, incontrerai decine, centinaia di donne: la maggior parte probabilmente non attireranno alcun interesse da parte tua ma altre, invece, rapiranno il tuo sguardo e la tua mente, facendoti immaginare cose delle quali un istante dopo proverai immensa vergogna, riportando la tua attenzione a colei che sarà presto tua moglie. »
« E’ normale. E’ umano e comprensibile provare determinate emozioni, ma ciò non significa che chi le prova tradisca colei che ama. » spiegò l’anziano fabbro, appoggiandosi un istante al bordo della piccola nave « Tu hai fatto una scelta ed il fato ti chiederà di rinnovare continuamente tale voto, mettendoti alla prova in innumerevoli occasioni, per offrirti la possibilità di comprendere realmente l’immensità del sentimento che anima il tuo cuore nel riconfermare ogni volta il tuo amore a colei a cui ti sei promesso. »
« Tu… dici? » intervenne dopo un attimo di silenzio Mab’Luk.
« Sì. » ribadì con un sorriso sornione l’uomo « E se un giorno noterai distrazione nello sguardo di tua moglie, ricordati di questi momenti, rimembra ogni tua fantasia per cui ora tanto ti colpevolizzi, e sii indulgente con ella. La gelosia, quella vera, quella malvagia, quella egoistica e possessiva, non può favorire l’amore: non deve esservi mai imposizione in un sentimento autentico ma, ogni volta, una nuova scoperta delle stesse emozioni che vi hanno unito la prima volta. »

Il giovane ascoltò con sincero interesse quelle parole, quelle raccomandazioni, quei consigli che gli stavano venendo concessi dall’unico padre che gli fosse rimasto: rivolgendo tutta la propria attenzione a tale discorso, egli si rese malinconicamente conto di non essere mai riuscito a parlare in maniera così intensa e spontanea, così completa e libera con il reale genitore ormai perduto. In tale acquisita consapevolezza, un sentimento di smisurato affetto esplose verso Lafra, già amato come familiare ma che solo in quel momento, solo in quella situazione così terribile e paradossale, aveva iniziato a sentire realmente vicino, a riconoscere, a tutti gli effetti, come parte della propria vita e del futuro che non vedeva l’ora di poter costruire insieme alla sua amata. E senza rendersene quasi conto, senza vergogne o falsi e forzati maschilismi, egli lasciò ricadere il fagotto di spade a terra, per gettarsi ad abbracciare e stringere in lacrime l’anziano fabbro, il padre della sua promessa sposa.

« Io amo Heska. » sussurrò in lacrime, quasi aggrappandosi ad egli.
« Lo so. Non l’ho mai dubitato. » lo rassicurò l’altro, ricambiando quel segno di sincero affetto filiale.

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