11 gennaio 2008 - 11 gennaio 2018: dieci anni con Midda's Chronicles!

Midda Bontor: donna guerriero per vocazione, mercenaria per professione.
In una realtà dove l'abilità nell'uso di un'arma può segnare la differenza fra la vita e la morte
e dove il valore di una persona si misura sul numero dei propri avversari uccisi,
ella vaga cercando sempre nuove sfide per offrire un senso alla propria esistenza.


Dall'11 gennaio 2008, ogni giorno un nuovo episodio,
un nuovo tassello ad ampliare il mosaico di un sempre più vasto universo fantastico...
... in ogni propria accezione!

Scopri subito le Cronache di Midda!

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E siamo a... QUATTROMILA!

Cioè... tecnicamente saremmo anche a molti di più (4.240) nel considerare anche le tre avventure del ciclo Reimaging Midda e tutti gli speciali. Ma conteggiamo solo i numeri della "serie regolare" e, ciò nonostante, arrivamento all'incredibile traguardo di QUATTROMILA pubblicazioni quotidiane!

Grazie a tutti!

Sean, 18 giugno 2022

sabato 10 maggio 2008

121


U
n infante prese a gattonare.

Un bambino cominciò a parlare.
Un giovane rapido galoppava.
Un uomo tardi a casa tornava.
Un vecchio la sua vita in canzone
propose richiamando l'attenzione.

Eroe io partii per liberare
terra che fui costretto a lasciare
per i desii d'un sovrano pravo
un triste giorno con il cielo biavo.
Allor cercai una giusta conclusione
con del re la feroce uccisione.

Ma l'anarchia non puote regnare
una nazione senza re non sa stare.
Fui così legato ad una gangava
che al sire trono mi destinava,
senza voler dalla liberazione
mi ritrovai ivi all'usurpazione.

Mab’Luk e Lafra iniziarono così ad ascoltare con rapimento la voce della donna impegnata in quella ballata mai udita prima. La di lei tonalità non era esattamente ciò che si sarebbe potuta definire dolce, pur non essendo assolutamente sgradevole: essa, però, era capace di dimostrare un’energia, una forza vitale eccezionale, partendo da note basse ed intense per arrivare a far vibrare l’aria attorno a sé, nell’enfasi di quel canto. Le dita, poi, correvano con maestria lungo la ricca offerta di corde, pizzicandole, accarezzandole, facendole vibrare ritmicamente a scandire un ritmo allegro, costante, coinvolgente: pensare che quella stessa mano, con la medesima maestria, era in grado di arpeggiare una spada nelle gole degli avversari sembrava impossibile, terribile ed estasiante allo stesso tempo.
La Figlia di Marr’Mahew continuò a lungo nel narrare le vicende di quell’antico mercenario, senza nome, conquistatore di un regno forse appartenente a passati tanto remoti dall’essere ormai dimenticati o forse semplice frutto della fantasia dell’autore originale di quella ballata. Fu un canto inteso, che presentò agli occhi della mente dei due spettatori uno scenario complesso, ricco di battaglie epiche e di colpi di scena, che videro infine il sovrano lasciare la nazione da lui non cercata per ritornare ad essere libero, girando come bardo nel mondo a raccontare le proprie vicende non diversamente da come la donna stava ora facendo con i propri compagni di viaggio.

Il passato tu non puoi controllare,
i suoi errori devi accettare.
Del futuro non puoi essere schiavo,
delle vie del fato resti ignavo.
Al presente non offrir avversione,
vivi senza cercar approvazione.

Questo il consiglio che posso dare
molto semplice da realizzare.
La tua vita non far esser più grava:
se diranno "Non capisci una fava",
a lor non badar fuggi la tensione.
Vola libero nella tua missione.

Un lungo istante di silenzio, nella notte placida ed oscura, seguì la conclusione di quella ballata: la quiete appena interrotta dal rumore delle onde e del vento parve ancor più totale rispetto a prima, abissale quasi, nell’assenza della musica e del canto che fino a quel momento avevano colmato le immense distese marine. La donna, con incertezza, si staccò dallo strumento per tornare ad offrirlo verso Mab’Luk, mentre questi ed il fabbro dovettero costringersi a scuotersi per ritornare in sé.

« Decisamente sai suonare… e cantare. » commentò Lafra, aggrottando la fronte e sorridendo, cercando di riprendere il controllo della navigazione perso nell’ascoltarla.
« S-sì. » tentennò il giovane, accettando di nuovo in consegna lo zither per riporlo poi con cura al suo posto, non avendo la minima intenzione di provare a sfiorare quelle corde, quasi fosse un sacrilegio farlo a seguito di una dimostrazione tale di bravura « Ma… come ne sei stata capace? »
La mercenaria a quella domanda abbozzò un sorriso, stringendosi poi nelle spalle e scuotendo il capo, con aria smarrita: « Non ne ho idea. » disse semplicemente « Le parole ed i gesti mi sono tornati in mente quando hai offerto lo strumento. »
« Al di là di come tu ci sia riuscita, spero proprio che nei prossimi due giorni avrai ancora modo di offrici diletto con la tua arte, che evidentemente sai esprimere anche in impegni non violenti al contrario di quanto hai fatto credere fino ad oggi. » commentò il fabbro, tagliando il discorso per evitare di porre in disagio la compagna di ventura « Credo che ora sia meglio iniziare ad organizzarsi per la notte: i turni sono inevitabili dato che non ci è concesso alcun approdo prima di raggiungere il continente. »

Così il piccolo gruppo divise le ore di oscurità che li avrebbero attesi in tre frazioni, tali da permettere ad ognuno di loro di riposare pur non abbandonando la piccola imbarcazione ai capricci del mare, che altresì li avrebbero potuti far risvegliare in tutt’altra destinazione se non, peggio, farli smarrire irrimediabilmente nelle distese inesplorate dei domini divini in cui alcun mortale si sarebbe mai dovuto spingere. A far loro da guida erano le stelle che, alte e luminose nel cielo, segnavano percorsi chiari ed inequivocabili meglio di qualsiasi mappa, superiori a qualsiasi umana possibilità di rappresentare territori e percorsi: seguendo le indicazioni offerte da quelle luci, forse poste lì dagli dei del cielo proprio a non abbandonare coloro che ad essi rivolgevano le proprie preghiere, i marinai di ogni continente potevano navigare con ferma decisione, sicurezza nella rotta desiderata, nel percorso da seguire.
Lafra, candidandosi a proseguire nel ruolo che aveva ricoperto fino a quel momento almeno per la prima parte di quella notte, osservò pertanto il figlio e la donna avvolgersi in pesanti coperte e disporsi su fianchi contrapposti della nave ad offrire equilibrio alla stessa ed a ritrovare in tal modo supporto e protezione nelle sponde laterali in legno. E dopo aver offerto loro una benaugurate buonanotte, il vecchio fabbro iniziò così a canticchiare fra labbra socchiuse il motivo della ballata offerta loro poco prima, a mantenersi in tal modo sveglio e vigile nel compito che lo avrebbe atteso ancora per qualche ora.

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